mais con diossina

Per aggiornamenti sulla situazione  leggi la nota del 23 giugno.

Leggi anche aggiornamento del 24 giugno 2014 clicca qui.

Dopo la nota pubblicata ieri in cui si dava notizia dell’arrivo in Italia dall’Ucraina di un carico di mais ad uso zootecnico contaminato dalla diossina, il Ministero della salute  ha pubblicato un comunicato  in cui conferma la notizia. Il testo dice che questo mais viene normalmente miscelato con altri componenti in una percentuale variabile, a seconda della specie animale a cui è destinato, per la produzione dei mangimi completi.

Secondo il Ministero l’11 giugno 2014 sono state attivate tutte le procedure per rintracciare e bloccare il lotto contaminato ed è stata inviata una comunicazione al Sistema di allerta rapido europeo Rasff.

 

Un altro provvedimento importante deciso dal Ministero è stato il blocco cautelativo di alimenti provenienti da animali che hanno consumato mangime contenente mais ucraino. Purtroppo non vengono forniti elementi più precisi importanti per i consumatori e non si quantifica l’entità della contaminazione. Attraverso la tracciabilità del mais si dovrebbe sapere dove è stato venduto e se è stato consumato dagli animali. Sulla base di queste informazioni si potrebbe stabilire una mappa eventuale del cibo contaminato in commercio è ritirarlo immediatamente dal commercio. Si tratta di un’eventualità plausibile visto che il carico è arrivato un mese fa, e in questo periodo è stato sicuramente consumato dagli animali.  È inoltre assolutamente necessario fare un’analisi del rischio e informare correttamente i cittadini sugli eventuali pericoli e sui cibi da non consumare.

 Roberto La Pira

Ecco l’articolo di ieri

maisUna nave Ucraina ha scaricato in Italia una grossa partita di mais contaminato da diossina, destinata ad essere utilizzata come mangime per animali. Le analisi sono state effettuate su campioni prelevati il 15 maggio 2014, ma solo oggi è scattata l’allerta. Il  lotto di mais contaminato è arrivato anche in Grecia e in Montenegro. I valori rilevati oscillano da 2,92 a 3,19 picogrammi di equivalente tossico (TEQ toxicity equivalence).

 

Secondo fonti accreditate, il lotto è sfuggito ai controlli e ora, a distanza di un mese, si teme che il mais sia arrivato in molti allevamenti. La questione è delicata perché la diossina (meglio sarebbe dire le diossine) è un inquinante pericoloso e sarà necessario ricostruire l’intera filiera di distribuzione per individuare dove è finita la partita di mais. In questi casi è importante fare un’analisi del rischio per valutare se la diossina ingerita dagli animali è riuscita a contaminare il cibo e in che quantità. Non è detto che si siano superati i livelli di soglia stabiliti dall’UE. Sino ad ora il Ministero della salute non ha diffuso comunicati.

 

La questione è delicata ma va detto che l’allerta diossina purtroppo è abbastanza frequente in Europa. Il Bollettino RASFF riporta ben 241 segnalazioni negli ultimi 15 anni, con quantità di diossine superiore ai limiti consentiti. In genere si tratta di segnalazioni sui mangimi per animali e in minor misura cibi destinati all’alimentazione umana.

 

© Riproduzione riservata

Foto: iStockphoto.com

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ezio
ezio
25 Giugno 2014 09:38

Il sistema di allerta non dovrebbe essere quell’organizzazione che blocca sul nascere i rischi della catena alimentare?
Perché non si è bloccato il mais contaminato con il sistema dell’allerta, per essere costretti oggi a bloccare la commercializzazione degli animali che l’hanno consumato?
L’impatto esteso del rischio, le spese lievitate di gestione del problema, i costi di smaltimento ed i danni degli allevatori e la catena alimentare chi li sostiene? Chi ha spedito il mais?
E’ l’ennesima prova che da noi si preferisce gestire le emergenze piuttosto che prevenire le cause, con enormi aggravi di spesa e dei rischi connessi.

giovanni
giovanni
Reply to  ezio
26 Giugno 2014 10:36

Non è facile prevenire in questo come in tantissimi altri casi, anche perché le merci che giungono quotidianamente nel territorio nazionale sono al di sopra di ogni legittima previsione e, a quanto pare, non è sufficiente fare dei controlli a campione. Della prevenzione si fa sempre un gran parlare, parlare….parlare. Di tutto quello che si previene non si sa, invece, delle cause e degli effetti di questo si, prima di tutto tanta statistica, tanti rischi per la salute pubblica dei consumatori e tante spese.

ezio
ezio
27 Giugno 2014 10:19

Per farla semplice e non generalizzare, come si fa sempre quando non si vuole affrontare il problema:
– se i campioni sono stati prelevati il 15 Maggio e l’allerta è scattata solo 40 giorni dopo, non dovrebbe essere complicato risalire a chi ha bloccato un iter che doveva concludersi con un risultato positivo o negativo, al massimo in una settimana;
– se i controlli si fanno in questo modo sono quasi inutili perché tardivi, costosissimi e invasisi per tutto il sistema e la prevenzione rimane un chiacchera statistica.