tartina salmone affumicato su tagliere con erbe aromatiche, lime e cipolla e ciotola di sale grosso

La listeriosi non è tra le infezioni alimentari più comuni, superata di gran lunga da Salmonella Campylobacter. Ma è sicuramente tra quelle che possono avere le conseguenze più gravi, talvolta anche mortali, soprattutto per le persone anziane e immunocompromesse, e può causare anche complicazioni in gravidanza. Ora un nuovo studio collaborativo condotto dagli esperti di Efsa, Ecdc e Anses ha scoperto che certi ceppi di Listeria monocytogenes sono particolarmente diffusi nella catena alimentare umana in Europa, soprattutto nel  pesce crudo e affumicato in testa.

Lo studio, chiamato “European Listeria Typing Exercise” (ELiTE, Esercizio europeo di tipizzazione della Listeria) e basato sull’approccio On Health, aveva l’obiettivo di caratterizzare a livello molecolare e investigare la diffusione di vari ceppi del batterio nella popolazione e nel cibo durante un periodo di due anni (2010/2011). A questo scopo, i ricercatori hanno analizzato 993 campioni di Listeria, di cui 580 di origine umana e 413 prelevati da alimenti, e provenienti rispettivamente da 13 e 23 stati membri. Nell’indagine sono stati solo i cibi pronti più a rischio di contaminazione da Listeria: pesce crudo e affumicato (88%), formaggi freschi (2%) e prodotti confezionati a base di carne (10%).

ricotta latticini formaggio piatto
Uno studio collaborativo di Efsa, Ecdc e Anses ha rilevato una particolare diffusione di alcuni ceppi di Listeria nella catena alimentare europea

Utilizzando una tecnica che consente di identificare specifici ceppi batterici, i ricercatori hanno isolato 78 gruppi (cluster) all’interno dei quali i batteri sono molto simili da un punto di vista genetico e che molto probabilmente hanno un’origine comune. Se campioni prelevati da persone e alimenti vengono raggruppati nello stesso cluster  c’è una probabilità molto elevata che le infezioni siano di origine alimentare

In questi gruppi “misti” (nello studio ne sono stati individuati 21), la stragrande maggioranza dei campioni prelevati dal cibo, poco meno del 90%, proveniva da prodotti a base di pesce, come il salmone affumicato. Una percentuale importante che però, va ricordato, rispecchia quella dei campioni isolati dal pesce inclusi nello studio (88%). La quantità di Listeria rilevata in questi alimenti era generalmente bassa, ma in alcuni casi (48) superava il limite di 100 cfu/g. Considerando anche prodotti pronti a base di carne e formaggi freschi, il totale degli alimenti oltre i limiti sale a 55.

È interessante notare che il cluster più grande raggruppa 30 campioni di origine umana e ben 56 alimentari, provenienti da 15 Paesi diversi, e tutti riconducibili a un unico ceppo di Listeria. Ciò significa che questo particolare sierotipo ha un alto grado di diffusione nella catena alimentare europea. E considerando che stiamo parlando di un batterio in grado di persistere per molto tempo lungo le filiere, è molto probabile che in futuro si verificheranno dei focolai multi-stato causati proprio da questo ceppo, secondo gli scienziati.

© Riproduzione riservata Foto: stock.adobe.com

[sostieni]