L’inchiesta pubblicata dal mensile Il Salvagente, sul numero di febbraio 2020, punta il dito su 21 campioni di latte fresco inviati in laboratorio, che hanno evidenziato in oltre la metà dei casi la presenza di residui di antinfiammatori e antibiotici autorizzati Le quantità rilevate erano tutte ben al di sotto dei limiti di legge (*). Il titolo dell’inchiesta proposto sul sito “Antibiotici e farmaci nel latte italiano: analisi choc del Salvagente” non lascia spazio a dubbi, e ha creato un certo allarmismo tra i consumatori, come si è visto dal numero di lanci in rete e dai giornali che hanno ripreso la notizia. Recentemente anche un servizio di Striscia la notizia sui fogli di alluminio usati in cucina segnalava rischi esagerati di cessione di particelle al cibo. Nel campo alimentare il maestro dell’allarmismo resta comunque Giovanni Floris, che nell’edizione 2016 del programma DiMartedì, proponeva ogni settimana servizi sui prodotti pericolosi. I filmati mostravano la presenza di batteri, oppure di qualche componente tossico in grado di provocare diarrea, mal di pancia, allergie, tumore… con una narrazione allarmistica ingiustificata. Il servizio, per contro, non proponeva mai una seria valutazione del rischio indicando le probabilità di contrarre una malattia.
Per capirci meglio: si può dire in un servizio che le maniglie degli autobus di Roma e Milano ospitano decine di milioni di batteri, anche patogeni, e che le persone si contaminano appoggiandosi. Tutto ciò però non vuol dire che quando la gente torna a casa finisce a letto. In queste inchieste si fa spesso una correlazione tra la presenza di batteri o di contaminanti e malattie, problemi sanitari … dimenticando di fare una seria valutazione del rischio. Purtroppo sparare un titolo o proporre filmati sensazionalistici per catturare lettori è una brutta abitudine (nel mondo virtuale si chiama “clickbait”). Il sistema funziona. Per tornare alle inchieste del Salvagente e di Striscia la notizia, gli antibiotici e antinfiammatori nel latte ci sono e anche alcuni nanogrammi di alluminio si trovano nel cibo che ne viene a contatto, ma questo non rappresenta un pericolo per la salute.
La legge prevede limiti che vengano rispettati e anche l’Efsa (Autorità per la sicurezza alimentare europea) fissa valori da non superare. La definizione di limiti è giustificata perché lo zero assoluto non esiste. Oggi con gli strumenti usati nei laboratori, trovare tracce di farmaci, di contaminanti, di batteri e quant’altro in quantità ridicole rispetto a quelli previsti nel cibo analizzato è molto facile. Questo però non rappresenta un pericolo per la salute. Detto ciò va ribadito che i limiti devono essere aggiornati, tant’è che Efsa prevede una revisione ogni cinque anni, ma devono anche essere considerati come valori che attestano legalità.
Quando si parla di residui chimici o di farmaci, di batteri e bisogna sempre fare una valutazione del rischio, altrimenti si raccontano storie allarmistiche, che agli occhi di un esperto si sgonfiano come bolle di sapone. Nell’articolo sul latte viene detto che i valori riscontrati sono nei limiti, ma questo concetto diventa secondario di fronte a un titolo accattivante e una narrazione colpevolizzante. Anche nei servizi tv spesso si precisa che i valori sono al di sotto dei limiti di legge, ma le immagini e la presentazione accusatoria contano molto di più.
Le inchieste sui prodotti alimentari e i test devono continuare e segnalare i problemi, compreso la presenza di sostanze sgradite presenti al di sotto dei limiti di legge. Ma il giornalismo serio deve affiancare ai numeri una valutazione del rischio. Così si fa informazione vera. Purtroppo una seria valutazione è complessa e richiede attenzione, ma è quello che va detto alla gente altrimenti si creano inutili e irrazionali allarmismi.
(*) L’uso di antibiotici negli allevamenti viene fatto solo dietro prescrizione veterinaria registrata su apposita banca dati ed è regolamentato da una normativa che fissa dosi e durata dei trattamenti.
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Secondo me non sono i cattivi (i piromani) a spargere notizie catastrofiche sui danni della antibioticoresistenza bensì sono le fonti ufficiali mediche ( i pompieri) a spargere notizie sui milioni di morti presunti nel 2050 causate dal problema suddetto.
Se il problema è causato dal super sfruttamento degli animali negli allevamenti e nelle stalle odierne non vedo perchè debba essere stigmatizzata la denuncia di questo malcostume , pur ritenuto necessario e insostituibile dall’industria alimentare, vogliamo acriticamente difendere il sistema o cercare di migliorarlo?
Dato che sono citati due casi , latte e alluminio , e sull’alluminio si susseguono articoli a raffica , anche in questo caso mi faccio domande e di nuovo non capisco il perchè si voglia minimizzare la questione, i lettori non sono poi così suggestionabili come si vuol far credere in alcune circostanze, ormai tutti abbiamo capito che il diavolo sta nei dettagli e leggiamo sempre tutte le righe di un documento e se crediamo istintivamente più a una denuncia che a una smentita io penso sia dovuto al fatto che di parole accattivanti (e false dalla pubblicità commerciale) ne abbiamo piene le scatole.
Capisco che siate favorevoli a un organismo superiore di esperti magari a livello EU , come quello suggerito in un articolo di qualche mese fa , che valuti i problemi ” denunciati” ( ripeto denunciati da chi non ha importanza) , ne faccia una disamina approfondita e a reti unificate dica al popolo se deve preoccuparsi oppure se poter tranquillamente consumare tanto ci penserà il sistema a rimediarsi autonomamente dietro consiglio e regolamenti degli enti regolatori.
E’ dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che nonostante le raccomandazioni amichevoli e le promesse il sistema molto spesso non si autoripara ma deve essere lo stesso popolo di consumatori ad andare nella giusta direzione della riduzione delle sostanze nocive ( prevenzione primaria).
Il mondo produttivo e industriale seguirà dopo le indicazioni dei consumatori consapevoli perchè a loro interessano i ricavi e non gli scrupoli.
Infine torno ad un punto per me cruciale ;una volta che è dimostrata la scientifica onestà di una ricerca , che sia commissionata da un produttore o da un critico , i risultati debbono essere parimenti considerati.
Secondo me non ha colto il punto della questione (o magari l’ha solo lasciata da parte), che peraltro è scritto anche nell’articolo: il prodotto con antibiotico nei limiti è LEGALE. Nel mondo alimentare funziona così: difficile pensare esistano prodotti “sterili”, esistono prodotti che contengono “nei limiti”. Farci sopra il ricamo allarmistico, è una balla. Avrei compreso Il Salvagente (che compro ogni mese, come sono abbonato alle riviste di Altroconsumo) se avesse trovato antibiotico sopra i limiti.
Lo sà vero che l’acqua potabile non è priva di inquinanti, ma solo con inquinanti nei limiti che sono stati studiati e valutati come non dannosi.
Io e lei ogni volta che respiriamo veniamo in contatto con migliaia di batteri nell’aria.
Per scrivere questo commento ho digitato su un cellulare che ci dicono è pieno di batteri. Ma non lo disinfetto di continuo. E domani dovrei andare al lavoro, come sempre
Leggo sempre con interesse i vostri articoli, raramente posto commenti, ma questo articolo così debunking non me lo aspettavo. Meglio un sano allarmismo che un “me ne frego, ho letto che non c’è da preoccuparsi”. Si, attendiamo risposte esaustive e complete, ma non diciamo che è tutto ok nel mentre.
Allarmismo sano! Preferisco l’informazione
L’allarmismo è una pessima cosa perché distoglie l’attenzione dai problemi reali: se ti gridano in un orecchio ATTENTO ALLA TEGOLA! guardi in alto, e magari finisci sotto al tram.
E inoltre gridare di continuo AL LUPO! AL LUPO! fa prendere sottogamba il fondato allarme quando arriva un vero lupo.
Mauro
“Apprezziamo il lavoro fatto dai professori e dai ricercatori dell’Università Federico II che pone sotto i riflettori un tema fondamentale come l’antibiotico resistenza, siamo disponibili a condividere con loro il lavoro fatto a beneficio di altri e a lavorare in sinergia per andare ancora oltre”.Cosi parlò il signor Calzolari della Granarolo.
E non ci sarebbe bisogno di andare oltre se non esistesse un problemino.
“L’assunzione costante di piccole dosi di antibiotico con gli alimenti determina una pressione selettiva sulla normale flora batterica intestinale a vantaggio dei batteri resistenti agli antibiotici che diventano più rappresentati; questa informazione genetica viene trasferita ad altri batteri anche patogeni” (Questa frase si ricava dalla teoria canonica della antibiotico resistenza)”.
Si tratta di dosi a norma con i limiti di legge,l’unico rischio è per i neonati e i bambini, i quali potrebbero incorrere nel rischio di assuefazione da medicinali e di formazione di batteri resistenti agli antibiotici( vi sentite rassicurati?) che inevitabilmente (?) vengono utilizzati durante la vita lavorativa degli animali e che con il nuovo sistema di analisi non sfuggiranno più al controllo.
Andando oltre la teatralità dei titoli giornalistici di cui tutti usufruiscono l’obiettivo di questo studio non era quello di gettare fango sulle case produttrici ,dato che viene scritto nero su bianco la legalità della situazione, bensì cercare di trovare una soluzione per garantire la massima prevenzione anche attraverso una completa informazione (che spero diventerà una consuetudine a cadenze regolari).
Resta a questo punto paradossalmente da spiegare come possano esistere dei prodotti che non recano queste deboli tracce di medicinali, se è bravura o fortuna le cose cambiano.
Però non prendiamoci in giro , andando appunto in giro con lo spruzzino per uccidere i batteri ad uno ad uno in ogni cosa che tocchiamo; nel nostro corpo , di chiunque, c’è un numero di batteri 10 volte superiore al numero delle cellule ed è attraverso la loro esistenza equilibrata e il loro lavoro che la vita umana esiste in questa forma.
A ognuno il suo compito per il bene della società, ma pensare è un dovere di tutti.
“Detto ciò va ribadito che i limiti devono essere aggiornati, tant’è che Efsa prevede una revisione ogni cinque anni”, giusto. Ma come la mettiamo se fra 5 anni quello che oggi lei dice essere innocuo, magari verrà ridefinito non innocuo?
Nel dubbio meglio cercare la contaminazione zero, il più possibile….è successo molte volte che prodotti “innocui” improvvisamente siano diventati non innocui per un innalzamento dei limiti. E nel frattempo qualcuno ci ha rimesso in salute.
La contaminazione “zero”, è difficile da raggiungere perché se una volta si cercavano i milligrammi adesso si cercano i nanogrammi e in futuro chissà.
Si, per zero intendevo dire che se posso evitare i prodotti industriali e scegliere prodotti artigianali di qualità (verificata e appurata), tanto meglio…senza guardare alla storia dei limiti, che solitamente sono sempre stabiliti per permettere all’industria di “tirare la corda” il più possibile…
Guardi che sui limiti il problema è molto più sui prodotti artigianali… Ha presente il Lardo di Colonnata? E molti altri. Fosse per le norme igieniche, non potrebbero produrlo, infatti la UE ha dovuto fare norme in deroga per certi prodotti. Il pecorino coi bachi.
Se invece parliamo di valori nutrizionali è roba diversa. Non a caso molti alimenti industriali vanno incontro a trattamenti (come la pastorizzazione, tipico il latte UHT) che inevitabilmente ne danneggiano le proprietà nutrizionali. Ma il loro scopo è evidentemente in senso battericida. Su quel piano quindi mi fido più dell’industriale
Osvaldo, io invece mi fido di più degli artigiani abili e capaci (ed evito quelli incapaci e quelli che si sono inventati artigiani dall’oggi al domani), e in tutta la mia vita non ho mai avuto problemi di infezioni batteriche, e ho sempre mangiato un gran bene.
Basta sapere dove acquistare e conoscere le persone.
Un conto è mettere a punto metodi di analisi sempre più sofisticati per cercare tracce di contaminanti e quindi lavorare in modo preventivo
Un conto è utilizzare questi metodi, per lo più nell’immediato inapplicabili, per mettere alla gogna i nostri prodotti.
In questo caso si doveva pubblicare su riviste specializzate il metodo di analisi (ad esempio su Journal of Liquid Chromatography), per poi servirsene come addetti ai lavori in maniera da agire in prevenzione ovvero, attraverso protocolli di benessere animale, biosicurezza, registrazione elettronica dei trattamenti e uso consapevole e minimale dei farmaci.
Ma questa procedura da poca gloria e visibilità mediatica
Perdonatemi se pubblico l’ennesima citazione , tra l’altro da una fonte a volte imprecisa
https://it.wikipedia.org/wiki/Resistenza_agli_antibioticiCenni storici
” Nel 1952 è stato isolato un ceppo di Shigella multi-resistente (tetracicline, streptomicina e sulfamidici) isolati ceppi multi-resistenti fino a 5 antibiotici. Nel 1959 la resistenza multipla era trasferibile da Shigella ad E. coli per trasmissione genica.
Negli anni, l’antibiotico-resistenza è diventata sempre più importante, soprattutto per quanto riguarda ceppi batterici la cui sensibilità a certi farmaci sembrava indiscussa (ad esempio Salmonella e cloramfenicolo); una delle principali cause di questa tendenza è un uso improprio degli antibiotici.”
Ecco , da 68 anni il problema è noto ma come spesso avviene nelle situazioni complesse una decisione tira l’altra , qualche attore corre qualche rischio o azzarda qualche azione i cui effetti si vedranno solo nel futuro , qualche compromesso sempre pronto ad entrare in campo ed ecco servita la frittata.
Oggi tutti possono GIUSTAMENTE professare la propria onestà perchè appunto è il sistema nel suo complesso a dover rivedere una situazione che stà diventando sempre più insostenibile , è vero che alcune voci suonano inappropriate perchè alla giusta denuncia aggiungono contemporaneamente il proprio interesse diciamo editoriale, ma non chiedeteci di abbassare l’attenzione…… rileggendo articoli di dieci anni fa si ritrovano gli stessi argomenti diversi solo per inferiori numeri di danneggiati, se ne dovrebbe parlare anzi di più magari nelle associazioni e negli ambienti che posso incidere nelle decisioni.
Non sono qui a negare che tante iniziative siano state adottate nella giusta direzione ma sembra non sia ancora abbastanza per invertire le tendenze.
E poi mi rimane sempre la curiosità di sapere come mai ci sono prodotti che comunque superano anche questi esami così raffinati.
Ovviamente ai figli non piace essere accusati di qualcosa commessa dai padri , ma non dimenticate IL PROBLEMA che da tempo le autorità sanitarie denunciano arrivando ora a minacciare milioni di morti nei prossimi decenni, non dimenticate l’uso e l’abuso di antibiotici nei recente passato non solo per la salute ma anche per l’ingrasso degli animali.
Tutto fatto per difendere gli allevamenti intensivi e lo sfruttamento degli animali da latte, che secondo me dovrebbero essere messi in discussione unitamente ad altri aspetti come mette in evidenza anche il signor Fierro.
Ora sono incontestabili i vostri numeri e , a parte il moralismo , avete ragione su tutta la linea ma vorrei che qualcuno fosse in grado di rassicurarmi che il problema sarà sufficientemente contenuto e rimediato con i comportamenti attuali e come cittadino qualsiasi non pagherò un prezzo troppo alto per le sbadataggini di qualche ignoto , anche se non sono un consumatore di latte da decenni.
Spero vivamente sia vero che le ombre stanno svanendo.