Ho letto gli articoli  sulla nuova legge che obbligherà i produttori ad indicare sull’etichetta  degli alimenti l’origine delle materie prime e il luogo di produzione.

Ho già espresso le perplessità su una legge che non segue i ritmi e i progetti dell’Unione europea, ma che cerca di cavalcare i desiderata dei consumatori, illudendoli. I motivi sono molteplici.

Le leggi sulle etichette si discutono e si elaborano a Bruxelles insieme agli altri paesi, e questo aspetto non può essere dimenticato.  Non si può lasciare credere che l’Unione europea sia contraria all’origine, visto che da anni le norme comunitarie prevedono l’obbligo di riportare questa indicazione su: carne bovina, miele, uova, pesce, olio vergine ed extra vergine e ortofrutticoli freschi.

Bruxelles sta inoltre decidendo di estendere l’indicazione dell’origine alla carne di maiale, al latte e ai latticini, anche se ci vorranno  ancora 12-24 mesi prima di trasformare il progetto in direttiva.

Nell’Unione europea ci sono le stesse leggi sugli alimenti e sulle etichette e  ci  sono regole uguali sugli additivi e anche le norme igienico-sanitarie sono molto simili. Risulta quindi impensabile permettere all’Italia di adottare provvedimenti che impongono regole non condivise.

Per questi motivi la legge italiana approvata in Parlamento (corretta in linea di principio) non sarà mai applicata, perché queste decisioni devono essere assunte a livello europeo da tutti i Paesi, altrimenti scatterebbe un vero e proprio caos alle frontiere limitando la circolazione delle merci.

Gli addetti ai lavori sanno che la nuova legge  sarà molto probabilmente bocciata, e servirà solo a stimolare gli altri Paesi ad accelerare il processo verso l’approvazione dei progetti in discussione. Pechè allora non dirlo chiaramdente? Non bisogna  illudere i consumatori promettendo etichette nuove ed esaustive come scritto su quasi tutti i giornali.

Negli articoli che ho letto si porta come esempio il successo italiano relativo alla proposta di indicare l’origine sulle bottiglie di per l’olio extra vergine di oliva.  Chi conosce il tema sa che il risultato è stato a dir poco deludente.

Il grande successo vuol dire che adesso sulle bottiglie si può scrivere “100% olio  italiano“, una dicitura talmente generica da essere considerata quasi inutile, visto che non attesta nessuna qualità ( è un pò come scrivere su una bottiglia di vino “100%  vino italiano”).

Anche le altre diciture considerate un successo  sono troppo generiche.  Il consumatore che legge sull’etichetta  “olio ottenuto da miscela di oli d’oliva comunitari” , capisce  che l’olio proviene da Italia, Spagna  e  Grecia.

Le diciture “miscele di oli d’oliva non comunitari” e “miscela di oli d’oliva comunitari e non comunitari”  attestano invece che l’olio proviene da olive coltivate in Marocco, Tunisia o da tutti i Paesi.

Queste indicazioni servono poco perché, tranne gli oli Dop e Igp, tutti gli altri sono miscele ottenute da olive coltivate  in varie località. La qualità del prodotto è correlata all’abilità di saper acquistare materia prima di buon livello e di saperla miscelare, non di usare solo olio italiano o solo olio spagnolo o solo olio greco. Che senso ha usare solo olio italiano  quando il raccolto è andato male e la qualità è mediocre?   Il vero modo per scegliere l’olio è quello di assaggiarlo come si fa con il vino,  poi guardare l’origine, ma è un dettaglio.

Un altro elemento considerato negli articoli una conquista della nuova legge è il divieto di proporre sulle etichette fotografie di paesaggi italiani, quando i prodotti sono confezionati all’estero. Questa è un’altra bufala perché utilizzare fotografie  per ingannare gli acquirenti è vietato dalla legge 283 del 1962, tanto che anche l’Antitrust in base a questo principio ha censurato decine di aziende.

Per concludere l’indicazione dell’origine dei prodotti sull’etichetta  è un obiettivo che sarà esteso a livello europeo ad altri alimenti, ma serve  ancora del tempo. Si deve inoltre  procedere per singole filiere, e non come propone l’Italia per tutti i prodotti. L’iniziativa italiana non avrà successo, verrà bocciata ed è assurdo  spacciarla come una grande vittoria per i consumatori.

Roberto La Pira 

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