Proprio quando il Ministro delle Politiche Agricole si e’ dichiarato pronto a tradurre in pratica la nuova legge sull’indicazione di origine dei prodotti alimentari, e’ giunta nella sua cassetta delle lettere un “invito a non procedere“, da Bruxelles. Mittenti, i Commissari europeo per la Salute e Tutela del Consumatore John Dalli e per l’Agricoltura Dacian Ciolos, i quali hanno firmato una lettera dai toni garbati e diplomatici, ma di contenuto chiaro:
1) si rammenta che lo scorso anno la Commissione europea aveva già intimato all’Italia di sospendere l’esame del disegno di legge in cui si prevedeva l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine dei prodotti alimentari
2) in barba alle prescrizioni comunitarie, il Parlamento italiano ha approvato il disegno di legge in questione
3) nel frattanto, è proseguito il dibattito europeo sulla proposta di regolamento UE per l’informazione al consumatore relativa ai prodotti alimentari. Prima lettura al Parlamento europeo il 16.6.10, accordo politico al Consiglio il 7.12.10, in vista dell’adozione della posizione comune degli Stati membri il 14.2.11, e del successivo dibattito in Assemblea. Tale proposta comprende, tra l’altro, nuove regole per quanto attiene all’indicazione dell’origine dei prodotti (che si prevede obbligatoria, ad esempio, per tutte le carni fresche e il latte fresco)
 

4) L’Italia non puo’ permettersi di adottare in questa materia regole ulteriori rispetto a quelle comuni.

Su queste pagine abbiamo già da tempo provato a spiegare che l’etichettatura degli alimenti è materia di esclusiva competenza comunitaria, e che le Istituzioni europee stanno tra l’altro procedendo alla revisione di questa disciplina.
Non siamo stati i soli: lo stesso Presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento europeo Paolo De Castro, aveva ribadito come l’iniziativa legislativa nazionale dovesse fare i conti con il sistema europeo delle regole.
Ma tutto ciò non è bastato: abbiamo dovuto assistere all’ennesimo teatrino della politica di provincia, che ha approvato all’unanimità una legge nazionale in palese contrasto con i principi europei. I cittadini italiani sono stati illusi dai politici nazionali e dalla stampa compiacente, con una serie di falsità:

1) la possibilità di trovare in breve tempo l’origine degli ingredienti sulle etichette di tutti i prodotti alimenti, grazie a una legge che si sa non potra’ venire attuata
2) la velleità di questa legge di garantire i consumatori italiani una maggiore sicurezza degli alimenti in commercio, sul falso presupposto secondo cui le materie prime agricole italiane sarebbero più sicure rispetto a quelle di diversa provenienza.
Già nel 2004 la Commissione europea aveva diffidato il nostro paese dall’applicare la “legge Alemanno” che prevedeva l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine delle materie prime dei prodotti alimentari.

Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui le regole dell’Europa vengono  violate in modo plateale e non è certo un bello spettacolo. Si impari a giocare in Europa, a non illudere i cittadini con notizie non vere, magari anche a smetterla di raccontare che “è tutto oro quel che in Italia luccica”. Indicare l’origine in etichetta si è sempre fatto su base volontaria. Il legislatore italiano ha anche introdotto l’indicazione obbligatoria, in accordo con l’Europa, per la passata di pomodoro, le carni avicole e il latte fresco. Ma non si puo’ estendere gli obblighi a tutti i prodotti, bisogna prima verificare caso per caso i vantaggi e i costi che cio’ comporta. Tenendo a mente che l’Italia non e’ autosufficiente per quantita’ e qualita’ delle materie prime, e che la capacita’ di spesa dei consumatori e’ in continua diminuzione.

Dario Dongo

 

Per approfondire

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