Due focolai di influenza aviaria sono stati individuati nell’arco di 15 giorni in provincia di Ferrara. Responsabile dell’epidemia è il virus A ceppo H7N7 è stato identificato sia dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Forlì sia dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe). Tra i vari ceppi che caratterizzano l’influenza aviaria questo è considerato ad alta patogenicità.
Il primo focolaio è stato individuato il 29 aprile scorso in un allevamento biologico di galline ovaiole, dopo che il veterinario aziendale aveva notato un aumento inusuale della mortalità e un calo della produzione di uova. Come misure di contenimento è stata disposto immediatamente l’abbattimento dei 17.000 capi e si è costituita subito una zona di protezione e una di sorveglianza, rispettivamente di 3 km e 10 km, per individuare nuovi possibili focolai negli allevamenti della zona. All’interno del perimetro delineat0 il 13 maggio è stato individuato un secondo focolaio nell’allevamento industriale di tacchini da carne della società commerciale Vicentina srl, che fa parte della Filiera Amadori. Anche in questo caso la segnalazione è partita dal veterinario aziendale, che ha notato un aumento della mortalità all’interno del capannone. Anche in questo caso si è proceduto all’abbattimento di circa 50.000 tacchini presenti e per gli allevamenti limitrofi considerati “a contatto” è stato posto il vincolo sanitario, che prevede limitazioni alla movimentazione degli animali. E’ stato disposto l’abbattimento degli animali di un terzo allevamento, per motivi preventivi.
Secondo le analisi effettuate dall’IZSVe, classificato come centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria, il virus è stato trasmesso da uccelli selvatici infetti giunti nel primo allevamento. Come emerso da indagini filogenetiche ed epidemiologiche, il ceppo di H7N7 incriminato sarebbe correlato a quelli africani e asiatici isolati in uccelli selvatici. L’analisi filogenetica ha mostrato una corrispondenza del 98% tra i ceppi dei due focolai lasciando così capire che si tratta dello stesso tipo di virus. I veterinari invece escludono una relazione con un focolaio di H7N7 a bassa patogenicità verificatosi il 15 aprile scorso sempre in provincia di Ferrara.
Quando si parla di ceppi ad alta e bassa patogenicità si fa riferimento alla gravità dei sintomi mostrati dagli animali. I ceppi a bassa patogenicità (LPAI) colpiscono gli uccelli senza sintomi apparenti o con una sintomatologia lievissima. Al contrario i ceppi ad alta patogenicità (HPAI), come quello che ha colpito i due allevamenti ferraresi, provocano sintomi gravi a carico del sistema respiratorio, di quello digerente e nervoso e possono provocare la morte. Gli allevamenti più sensibili al virus sono quelli dei tacchini.
Il rischio per le persone rimane comunque molto basso, anche se è vero che la trasmissione del virus dai volatili all’uomo è possibile. Le persone più a rischio sono gli operatori del settore avicolo, che possono scongiurare la trasmissione utilizzando correttamente i dispositivi di protezione. In ogni caso nel caso di un contagio a carico dei lavoratori che operano negli allevamenti, il rischio di un’epidemia è bassissimo. Il ceppo isolato non è in grado di trasmettersi da persona a persona. Va inoltre ricordato che non è possibile contrarre la malattia consumando carne di pollo o tacchino oppure uova.
Sulla vicenda è intervenuto ieri il Ministero della Salute con un provvedimento firmato da Silvio Borrello che ha disposto un accurato monitoraggio straordinario di tutti gli allevamenti industriali di tacchini da carne delle Regioni Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte per identificare eventuali focolai di infezione. Il piano prevede di effettuare in tutti gli allevamenti di tacchini da carne, entro 3 settimane controlli virologici con prelievo di 10 tamponi tracheali per ogni capannone fino ad un massimo di 60 campioni per allevamento. Per la zona interessata dall’epidemia i controlli sugli allevamenti verranno ripetuti ogni 15 giorni.
In Italia l’influenza aviaria fa molta paura perché quando scoppiò nel 2005 l’epidemia di influenza A H5N1 il Ministero della Salute e i media gestirono le notizie provenienti dall’Asia in modo allarmistico. L’allarmismo ha generato il panico tra i consumatori non supportato da alcun dato scientifico ed epidemiologico. La vicenda si chiuse dopo diversi mesi con un bilancio incredibile: in Italia, infatti, non morì neanche un pollo per l’influenza. In compenso il settore avicolo fu sconvolto perché molti consumatori avevano smesso di mangiare carne di pollo e tacchino.
Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
70.000 povere bestie sacrificate per il nulla, rendiamoci conto.
Va detto che esistono ancora PROFESSIONISTI RESPONSABILI: il veterinario aziendale ha per primo segnalato la cosa!!!!
Vuol dire che in quell’azienda fanno i controlli e intervengono con immediatezza.
Saranno anche polli da allevamento , poco genuini, ma il comportamento di quei professionisti e dell’azienda è corretto e va sottolineato secondo me. Siamo sempre qui a criticare le aziende che omettono nascondono e fanno anche di peggio, almeno stavolta l’autocontrollo ha funzionato.
Ho fin il dubbio che un piccolo produttore o un contadino che ha polli altamente genuini che razzolano dell’aia non avrebbe potuto accorgersi di un simile focolaio ( per il numero esiguo di capi).
Per favore, qualcuno mi spieghi come fa un uccello selvatico a venire in contatto con i tacchini di un allevamento industriale, che stanno in capannoni completamente chiusi…
Questa cosa dei migratori mi sembra tanto una “caccia all’untore”…
http://semialvento.forumfree.it/?t=8008813
Il primo contagio è avvenuto in un allevamento bio dove gli animali vivono anche all’aperto . Premesso ciò il dilagare del virus avvine poi in tanti modi attraverso macchine agricole, persone che si spostano da un allevamento all’altro …
Non è ora di cominciare a mangiare meno e meglio, a costo adeguato?
Non è una ovvietà!
Fabio, sono completamente d’accordo con te!
Gent. Sig. La Pira, non metto in dubbio che le galline dell’allevamento bio abbiano la possibilità di uscire all’aperto (fortunatamente per loro) e quindi di venire esposte a contagi… premesso che non ce le vedo molto a far “bisboccia” con gli uccelli selvatici…
Quel che mi dà fastidio è l’attenzione a mio parere eccessiva che viene data a questo aspetto (il possibile contagio dai selvatici), perché poi la gente potrebbe venire tentata di considerare buona cosa l’eliminazione dei selvatici!
Come i pescatori del nord Atlantico, che dopo aver esaurito i merluzzi decidono di far strage di foche perché mangiano il pesce…
Io non ho nulla contro gli uccelli selvatici. L’ipotesi è stata riportata dagli esperti di influenza aviaria italiani che hanno un grande esperienza in merito. La storia dei merluzzi è fuori luogo
Non esiste un allevameno etico e quindi biologico. Queste epidemie avvengono solo ed esclusivamente a causa delle “costipazioni” forzate ed innaturali degli Animali.
Concordo con Fabio: anche senza diventare vegani, smettiamo di consumare tutta questa carne, che proviene da animali sfruttati, sofferenti, costretti a ipernutrirsi per crescere velocemente in pochi centimetri e finire nelle nostre pentole (vedi l’immagine dei tacchini ammucchiati…).
Concordo anche con Roberto C. e con Carla.
Gent. Sig. La Pira, nulla di personale nei suoi confronti, leggo sempre con molto interesse i vostri articoli, e so benissimo che si è limitato giustamente a riportare quanto affermato dagli esperti.
Tuttavia, non me ne voglia, il mio timore che questi pareri degli esperti (affermazioni o ipotesi?) possano generare sentimenti negativi nei confronti dei selvatici rimane.
Non so se si è preso il tempo di leggere l’articolo che avevo linkato. Risale all’epoca della prima epidemia di aviaria, e dimostra a che punto si era arrivati… O forse conosceva già la questione.
L’esempio dei merluzzi forse non era perfettamente calzante, tuttavia mi è venuto in mente (ma ne ho anche altri), per dire che la tendenza naturale dell’uomo sembra essere quella di cercare “capri espiatori” alle situazioni che invece sono di sua esclusiva responsabilità.
non so se le mie sono ipotesi visionarie ed irrealizzabili, ma non sarebbe possibile immaginare un modo per organizzare un monitoraggio di queste patologie virali a livello internazionale, seguendo magari le traiettorie di animali migranti, e cercare di prevenire questi contagi, eventualmente studiando dei vaccini ad hoc?