Con sei miliardi di esemplari consumati ogni anno nel mondo, la carne di pollo è di gran lunga la più amata. L’incremento del consumo favorisce la crescita delle infezioni negli allevamenti industriali e, in particolare, quella da Campylobacter, batterio la cui presenza è segnalata quasi ovunque (secondo alcune stime in non meno di sette allevamenti su dieci). Questo batterio è molto aggressivo, causa tossinfezioni a volte gravi ed esistono pochi strumenti realmente efficaci e innocui per l’uomo. Uno studio condotto dagli zoologi dell’Università di Oxford e pubblicato sui Proceedings of the Royal Society B, propone una soluzione che potrebbe rivelarsi molto utile. Secondo l’autrice, Frances Colles “I sistemi usati finora ricorrono ai prelievi e a controlli a campione, ma è evidente che questo non basta. Abbiamo osservato il comportamento degli animali infettati, e notato che è differente da quello dei polli sani. Per questo abbiamo deciso di verificare se un sistema di analisi delle immagini dei movimenti nei diversi momenti della giornata e del ciclo vitale potesse essere efficace per individuare gli animali malati”. Quando un pollo o una gallina sono colpiti da un’infezione da Campylobacter tende a muoversi di meno e a fare movimenti poco regolari.
Per verificare l’ipotesi, la zoologa ha analizzato le immagini rilevate in 31 allevamenti industriali, elaborate tramite un software messo a punto a questo scopo, e ha raccolto le feci dei polli sotto osservazione, per verificare la presenza del batterio a diverse età: 21, 28 e 35 giorni. Frances Colles ha così dimostrato che il metodo ottico, oltre a non essere invasivo e nemmeno costoso, consente di individuare gli animali malati già a dieci giorni di vita, cioè in uno stadio molto precoce rispetto ai sistemi tradizionali di monitoraggio delle infezioni.
Non si può dire se le alterazioni del movimento siano dovute al Campylobacter o se gli animali si muovano male perché stanno in un ambiente poco sano, dove è anche più facile contrarre infezioni. La corrispondenza sembra esserci e il sistema potrebbe funzionare, permettendo così anche a polli e galline di godere di un maggiore benessere e di vivere una vita più sana.
Anche i polli di fattoria hanno i loro problemi per quanto riguarda parassiti e batteri, anche se si tratta di ospiti meno pericolosi rispetto a quelli presenti negli allevamenti industriali. Uno studio pubblicato negli stessi giorni sul Journal of Medical Etomology dai ricercatori dell’Università della California di Riverside, fornisce un quadro abbastanza insolito della situazione campestre, che toglie molta poesia all’immagine della sana vita di campagna. Analizzando cento animali di 21 fattorie del Sud della California, gli autori hanno scoperto che più dell’80% aveva una delle sei diverse specie di pidocchi, che il 20% ospitava vari tipi di moscerini e molti avevano degli acari.
Probabilmente ciò accade per il contatto con il terreno. I ricercatori hanno però precisato che non si tratta di insetti pericolosi per l’uomo, a meno che non diventino veicoli di altre infezioni. Tuttavia, sarebbe bene prevenire i contatti e adottare, misure per ridurre la carica di parassiti attraverso il controllo sistematico e l’isolamento, ricorrendo solo in casi estremi agli insetticidi. Il dato più stupefacente è la scarsa consapevolezza degli allevatori che ignorano il problema tanto che quasi nessuno adotta misure preventive.
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Giornalista scientifica