Dal 27 agosto2018 è entrato formalmente in applicazione il decreto che obbliga a indicare in etichetta l’origine della materia prima per i prodotti derivati del pomodoro. Stiamo parlando di pelati, polpe, concentrati, conserve, oltre a salse e sughi composti almeno per il 50% da derivati. Il decreto interministeriale numero 47 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 26 febbraio 2018, definito “sperimentale” (fino al 31 dicembre 2020) è tuttavia illegittimo, per contrasto con il diritto europeo.
Gli allora ministri firmatari – Maurizio Martina e Carlo Calenda – infatti hanno deliberatamente omesso la preventiva notifica alla Commissione europea. Notifica che è invece doverosa e rappresenta la conditio sine qua non per applicare qualsivoglia norma tecnica emanata dagli Stati membri (1).
Le autorità amministrative e giudiziarie, secondo consolidata giurisprudenza Ue, hanno quindi il dovere di non applicare tale normativa. Così come gli altri decreti sull’origine di pasta, riso, latte e il decreto legislativo 145/17 sulla sede dello stabilimento. Proprio perché tali provvedimenti sono in sostanziale contrasto con il diritto europeo.
È quindi doveroso chiarire che l’indicazione in etichetta dell’origine dei pomodori utilizzati nelle conserve rimane facoltativa, e non è obbligatoria come molti insistono nel raccontare. Perché il decreto ministeriale sull’indicazione dell’origine in etichetta del pomodoro è fuorilegge e non può venire applicato nei confronti di chi decida di non fornire le indicazioni previste.
Nella realtà però gran parte delle aziende che operano nel settore, da anni indicano volontariamente in etichetta l’origine del pomodoro su ogni conserva realizzata in Italia. I motivi sono due: valorizzare il nostro prodotto, considerato uno dei migliori in Europa, e contrastare la falsa opinione molto diffusa sull’impiego di concentrato di pomodoro cinese nelle nostre conserve.
La vera questione da affrontare ha invece ben altra ampiezza, poiché riguarda l’opportunità di introdurre in tutta Europa l’obbligo di etichettatura d’origine delle materie prime su una larga serie di prodotti alimentari. L’origine non serve ai soli ‘rossi’, ma alla generalità delle materie prime su:
alimenti mono-ingrediente come cereali, legumi e succhi,
prodotti dotati di un ingrediente primario, che rappresenta cioè il 50% o più del totale,
cibi che contengono carne, latte e loro derivati.
L’etichettatura d’origine dovrebbe venire imposta a livello europeo – e non nazionale – su tutti i prodotti sopra citati. Sulla base del regolamento 1169/11 e delle aspettative dei consumatori. E venire estesa ad alcuni cibi serviti dalle collettività, come la carne nei ristoranti.
La Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker rimane tuttavia ancorata agli interessi di Big Food, in direzione diametralmente opposta (2). E si ostina a non andare incontro alle richieste di trasparenza in etichetta, più volte espresse dal Parlamento europeo con apposite risoluzioni (3).
La notizia sull’entrata in vigore e l’obbligo di applicazione del decreto ministeriale sull’origine del pomodoro permane sul sito del MiPAAFT, è stata ripresa sul sito dell’attuale ministro Gian Marco Centinaio, come pure dalle agenzie di stampa (Ansa e Agi), da Coldiretti e dal Sole 24 Ore, e anche il Corriere della Sera l’ha riportato nel mese di giugno, oltre a varie autorevoli riviste di settore. Nessuno ha avuto cura di eseguire un preventivo controllo per verificare la notifica a Bruxelles (4).
(4) La verifica di preventiva notifica a Bruxelles delle norme tecniche nazionali, a dire il vero, è piuttosto semplice, se la Commissione europea mantiene regolarmente aggiornato il registro pubblico delle notifiche ricevute dagli Stati membri, e dello stato delle relative procedure
Come sostenuto in altre sedi dall’avvocato Dario Dongo, i decreti di origine sono illegittimi, indipendentemente dal fatto che si possa essere d’accordo con il contenuto e le finalità.
federico
11 Settembre 2018 14:24
Sarebbe sufficiente che tutte le aziende del che trasformano pomodoro in Italia stilassero un codice di autoregolamentazione ( oppure si consorziassero) mettendo tra le clausole l’ obbligo di indicazione di origine.
Tutte le aziende indicano da anni in etichetta l’origine del pomodoro volontariamente
ezio
12 Settembre 2018 12:35
I nostri Martina e Calenda non essendo degli sprovveduti, ma “forse” astuti ministri che volevano un risultato politico nonostante le resistenze europee, hanno deliberatamente architettato questa forzatura alla volontarietà dei produttori italiani.
I produttori che hanno compreso l’utilità ed i vantaggi dell’indicazione dell’origine delle materie prime nelle loro etichette, l’hanno accettata ed applicata senza obiezioni, perché fa trasparenza ed aggiunge un plus ai loro prodotti, quelli che non l’hanno ancora compreso, o che non possono vantare un’origine nostrana, sono contrari e si oppongono appellandosi alle normative europee.
In definitiva come ci indica chiaramente l’Avv. Dongo, non essendo un obbligo propriamente “obbligatorio” ma solo volontario, i produttori contrari al decreto italiano potranno rifiutarsi d’indicare l’origine dei loro prodotti, rinunciando ai vantaggi commerciali del made in Italy verace e soprattutto se disposti ad appellarsi alla giustizia comunitaria in caso di vertenza istituzionale per l’inosservanza dei decreti ministeriali entrati in vigore.
Personalmente ritengo che la condizione di applicazione “sperimentale” ai decreti dia ragione legale al governo italiano e fino a nuove decisioni della Commissione Europea.
Vorrei solo sottolineare che per quanto attiene le conserve di pomodoro ( passata, pelati….) l’origine italiana della materia prima in etichetta è presente da anni come scelta volontaria dei produttori
Vedo con piacere che l’articolo è stato cambiato rispetto alla versione originale, comunque sulla “passata di pomodoro” l’indicazione è obbligatoria ai sensi del Decreto 17 febbraio 2006 “Passata di pomodoro. Origine del pomodoro fresco.” pubblicato sulla GU n. 57 del 09-03-2006, tuttora in vigore e regolarmente, a suo tempo, notificato ed approvato da Bruxelles.
antonio
20 Settembre 2018 16:22
Personalmente credo che un consumatore attento,aldilà delle normative o decreti ministeriali piu o meno mendaci,dovrebbe semplicemente lasciare sullo scaffale tutti gli alimenti carenti di informazioni util: provenienza,ingredeinti e quanto utile a capire in manera inequivocabile cosa porta in tavola.
Un consumatore attento dovrebbe considerare che comprando made in Italy fà bene a se stesso,al Paese e all’ambiente.
mariesa44
20 Settembre 2018 19:13
Ma guarda che ministri astuti. Se tanto dà tanto…che cosa aspettarci dalla concorrenza?!
Come sostenuto in altre sedi dall’avvocato Dario Dongo, i decreti di origine sono illegittimi, indipendentemente dal fatto che si possa essere d’accordo con il contenuto e le finalità.
Sarebbe sufficiente che tutte le aziende del che trasformano pomodoro in Italia stilassero un codice di autoregolamentazione ( oppure si consorziassero) mettendo tra le clausole l’ obbligo di indicazione di origine.
Tutte le aziende indicano da anni in etichetta l’origine del pomodoro volontariamente
I nostri Martina e Calenda non essendo degli sprovveduti, ma “forse” astuti ministri che volevano un risultato politico nonostante le resistenze europee, hanno deliberatamente architettato questa forzatura alla volontarietà dei produttori italiani.
I produttori che hanno compreso l’utilità ed i vantaggi dell’indicazione dell’origine delle materie prime nelle loro etichette, l’hanno accettata ed applicata senza obiezioni, perché fa trasparenza ed aggiunge un plus ai loro prodotti, quelli che non l’hanno ancora compreso, o che non possono vantare un’origine nostrana, sono contrari e si oppongono appellandosi alle normative europee.
In definitiva come ci indica chiaramente l’Avv. Dongo, non essendo un obbligo propriamente “obbligatorio” ma solo volontario, i produttori contrari al decreto italiano potranno rifiutarsi d’indicare l’origine dei loro prodotti, rinunciando ai vantaggi commerciali del made in Italy verace e soprattutto se disposti ad appellarsi alla giustizia comunitaria in caso di vertenza istituzionale per l’inosservanza dei decreti ministeriali entrati in vigore.
Personalmente ritengo che la condizione di applicazione “sperimentale” ai decreti dia ragione legale al governo italiano e fino a nuove decisioni della Commissione Europea.
Vorrei solo sottolineare che per quanto attiene le conserve di pomodoro ( passata, pelati….) l’origine italiana della materia prima in etichetta è presente da anni come scelta volontaria dei produttori
Vedo con piacere che l’articolo è stato cambiato rispetto alla versione originale, comunque sulla “passata di pomodoro” l’indicazione è obbligatoria ai sensi del Decreto 17 febbraio 2006 “Passata di pomodoro. Origine del pomodoro fresco.” pubblicato sulla GU n. 57 del 09-03-2006, tuttora in vigore e regolarmente, a suo tempo, notificato ed approvato da Bruxelles.
Personalmente credo che un consumatore attento,aldilà delle normative o decreti ministeriali piu o meno mendaci,dovrebbe semplicemente lasciare sullo scaffale tutti gli alimenti carenti di informazioni util: provenienza,ingredeinti e quanto utile a capire in manera inequivocabile cosa porta in tavola.
Un consumatore attento dovrebbe considerare che comprando made in Italy fà bene a se stesso,al Paese e all’ambiente.
Ma guarda che ministri astuti. Se tanto dà tanto…che cosa aspettarci dalla concorrenza?!