Bicchieri di plastica monouso su sfondo azzurro

Siamo particolarmente preoccupati per alcuni rapporti recentemente pubblicati sui vantaggi degli imballaggi monouso” Inizia con queste parole la lettera, destinata al Parlamento europeo e firmata da 58 ricercatrici e ricercatori di Analisi del ciclo di vita (in inglese Life cycle assessment o Lca) provenienti da tutta Europa, che sottolineano come questi studi “contengono difetti metodologici e non tengono pienamente conto della complessità degli impatti ambientali”. Obiettivo: sollecitare l’Unione europea a una maggiore cautela nel considerare le valutazioni di impatto ambientale, specie se riguardano il confronto tra imballaggi monouso e riutilizzabili.

Le valutazioni del ciclo di vita: cosa sono?

Le valutazioni del ciclo di vita sono ‘istantanee’ degli impatti ambientali di un prodotto e per questo motivo i risultati ottenuti dipendono in larga misura da come sono inquadrate; variazioni, anche piccole, nelle ipotesi possono modificare drasticamente le conclusioni e comprometterne la reale applicabilità. Ipotesi particolarmente importanti, quando si parla di prodotti impiegabili più volte, includono il numero di riusi, il peso dei prodotti riutilizzabili, il lavaggio, la logistica dei trasporti. Si tratta di variabili che certamente cambieranno con l’evoluzione dei sistemi di imballaggio e, di conseguenza, anche il loro impatto varierà nel corso del tempo.

ragazzo beve coca-cola mentre guarda smartphone in ristorante fast food
Un gruppo di ricercatori ha lanciato un appello al Parlamento europeo dopo la pubblicazione di rapporti sui vantaggi degli imballaggi monouso

Imballaggi monouso più sostenibili di quelli riutilizzabili?

Anche se non viene esplicitamente dichiarato, la lettera fa riferimento ai molteplici studi che in questi mesi sono circolati nel tentativo di influenzare il regolamento sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, la cui bozza è stata proposta dalla Commissione europea a novembre 2022 e che in questo momento è oggetto di confronto tra Parlamento, Consiglio e Commissione. Studi che confrontano imballaggi monouso e riutilizzabili per dimostrare come i primi siano invariabilmente la soluzione migliore. Ma, secondo i ricercatori, mentre è semplice confrontare due prodotti che passano dalla culla alla tomba in un colpo solo, la complessità aumenta quando sul piatto della bilancia si mettono contenitori riutilizzabili, dove è il modello di business, e non il prodotto, ad essere sotto la lente. In questi casi, invece di valutare uno scenario statico (ad esempio, 20 riutilizzi o 50 km di distanza per la fase di riutilizzo), è necessario utilizzare analisi di sensibilità per determinare il ‘punto di pareggio’, ovvero il numero minimo di volte che un prodotto riutilizzabile deve essere impiegato per poter essere ritenuto migliore dal punto di vista ambientale (se non del tutto).

Studi sugli imballaggi monouso: il ruolo dell’industria

Un problema evidenziato anche da Deutsche Umwelthilfe (associazione tedesca senza scopo di lucro per la protezione dell’ambiente e dei consumatori e membro dell’Ufficio europeo dell’ambiente a Bruxelles) e da Zero Waste Europe, secondo cui diversi studi finanziati dall’industria si sono rivelati sbilanciati a favore degli imballaggi monouso. L’attenzione è concentrata su due studi in particolare: quello dell’European Paper Packaging Alliance (Eppa) condotto con Ramboll e un’analisi commissionata a Kearney da McDonald’s.

Lo studio Ramboll/Eppa, quando parla di lavaggio di prodotti riutilizzabili, ipotizza un consumo di acqua da due a tre volte superiore rispetto ad altri studi sull’argomento e venti o più volte maggiore per l’energia (vedi tabella sotto).

Tabella confronto studio LCA Ramboll/EPPA

E ancora, entrambi gli studi basano le proprie conclusioni su sistemi di riutilizzo non ottimali/mal progettati, dove i contenitori verrebbero reimpiegati solo due o tre volte prima di terminare il proprio ciclo di vita utile. Data l’importanza di questo parametro, è cruciale determinare il corretto numero di riutilizzi: passando per esempio da tre riutilizzi a dieci, l’impatto associato alle materie prime si riduce del 300%, come mostra l’immagine riportata di seguito.

Grafico impatto prodotti riutilizzabili

Imballaggi riutilizzabili: lo studio del Centro comune di ricerca

In questo dibattito, una tappa particolarmente significativa è stata fissata dall’intervento del Jrc (Centro comune di ricerca della Commissione Europea, che fornisce un sostegno scientifico e tecnico alla progettazione, allo sviluppo, all’attuazione e al controllo delle politiche dell’Unione europea); in un documento rilasciato a settembre 2023, ha analizzato diversi scenari per approfondire gli impatti ambientali degli imballaggi monouso rispetto ai riutilizzabili. Sebbene lo studio definitivo apparirà solo a novembre 2023, alcune conclusioni sembrano essere già ben chiare. In tutti gli scenari esaminati (imballaggi per bevande e da asporto o pasto a base di hamburger in un fast food), le opzioni riutilizzabili mostrano avere un impatto ambientale inferiore rispetto alle corrispondenti alternative monouso, in particolare in termini di emissioni di gas serra e di utilizzo d’acqua. Tuttavia, secondo lo studio, vi sarebbero alcune variabili in grado di influenzare drasticamente gli esiti ottenuti: tra queste, oltre alle modalità di lavaggio delle stoviglie riutilizzabili (per esempio utilizzo di acqua calda o fredda nella fase di risciacquo), un ruolo determinante è giocato dal comportamento del consumatore. Come a dire che anche ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte e non possiamo limitarci ad essere spettatori nel passaggio ad un sistema più sostenibile.

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giova
giova
29 Ottobre 2023 13:44

Dalla conclusione: “…ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte e non possiamo limitarci ad essere spettatori nel passaggio ad un sistema più sostenibile.”
Credo che siano poche oggi le persone che non credono all’indispensabilità di questo apporto.
Ma non si può prescindere dal ruolo delle istituzioni europee e nazionali; che va svolto compiutamente e con efficacia.
Ad esempio, arrivando a delle decisioni ferme sulle modalità di trattamento dei materiali, insindacabili, immodificabili da qualsiasi ente /amministrazione o azienda municipalizzata. Il consumatore chiede chiarezza delle indicazioni di trattamento e smaltimento, serietà e consequenzialità, continuità nel tempo, uniformità delle modalità nel territorio, risoluzione delle criticità, report dei risultati raggiunti in un linguaggio comprensibile (cioè nè tecnicistico, nè “burocratese”).
Siamo ancora “scioccati” dal modo – a dir poco leggero – con il quale è stato trattato il problema delle emissioni dei motori termici degli autoveicoli (v. scandalo dei test di omologazione che ha coinvolto diversi importantissimi costruttori di autoveicoli; che, tra l’altro, di fatto, ha avallato l’uso di motori diesel posticipandone la “pensione”).