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L’Europa e l’Italia producono pesticidi vietati sul proprio territorio e destinati all’esportazione: un trend in aumento, nonostante i tentativi di arginare il fenomeno, che rischia di riportare nell’UE per vie traverse sostanze nocive. La notizia arriva da un report di Greenpeace, basato su un’indagine realizzata dall’unità giornalistica investigativa di Greenpeace UK Unearthed, insieme a Public Eye, un’organizzazione non governativa svizzera che si occupa di sostenibilità e in particolare dell’impatto delle produzioni europee sul Sud del mondo. La denuncia si basa su centinaia di notifiche di esportazione – i documenti che le aziende sono tenute a produrre per esportare sostanze chimiche bandite dalla UE – ottenute da Public Eye e Unhearted dalle autorità nazionali e dalla Agenzia Europea per le sostanze chimiche (ECHA) in base al Freedom of Information Act, la normativa che garantisce il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni.

Aumentano i volumi esportati

Nel 2024, si legge nel rapporto, le aziende UE hanno notificato l’intenzione di esportare quasi 122mila tonnellate di pesticidi – nel 2018 erano 82mila – contenenti 75 sostanze chimiche proibite in Europa perché nocive per l’ambiente e per la salute umana. Un incremento preoccupante, anche considerato che nel frattempo il Regno Unito, uno dei principali produttori di pesticidi, ha lasciato l’Unione Europea. 

Public Eye Greenpeace Unearthed report export pesticidi vietati 2025
Analisi di Unearthed/Public Eye delle notifiche di export ricevute nel 2024 dall’ECHA e dalle autorità nazionali

La maggior parte delle esportazioni (58% in peso) è destinata a Paesi a reddito medio o basso, dove le normative ambientali e i sistemi di controllo sono più deboli, ma nell’elenco dei destinatari ci sono gli Stati Uniti, che sono il maggior importatore di questi prodotti seguito dal Brasile, e poi Canada, Giappone e Australia. Oltre ai danni all’ambiente e ai lavoratori dei Paesi in cui queste sostanze sono utilizzate, che spesso possono contare su tutele minori rispetto ai loro colleghi europei, non si possono escludere quindi contaminazioni su alimenti o materie prime che noi stessi consumiamo: in questo modo, si legge sul dossier di Greenpeace, l’Europa può ritrovarsi a importare residui chimici che essa stessa ha vietato.

I pesticidi vietati in Europa più esportati

Il quotidiano The Guardian che ha dedicato un ampio articolo al tema, ha analizzato per esempio in altre inchieste i pericolosi effetti dei pesticidi europei utilizzati in Brasile sulle piantagioni di canna da zucchero che riforniscono la Nestlé ed altri produttori. Marcos Orellana, relatore speciale ONU per le sostanze tossiche e i diritti umani, ha denunciato in una dichiarazione a Public Eye l’”odioso doppio standard” che rappresenta “una moderna forma di sfruttamento, le cui connotazioni razziste non possono essere ignorate: sembra che per i Paesi che producono ed esportano pesticidi vietati, la vita e la salute dei cittadini nei Paesi cui questi prodotti sono destinati sia meno importante di quella dei loro concittadini”. 

Tra le sostanze notificate, evidenzia il rapporto, figurano il 1,3-dicloropropene, un pesticida fumigante del suolo vietato in UE dal 2007 per il rischio di contaminare acque sotterranee e danneggiare la fauna selvatica (anche se in Italia è ancora in uso in deroga), e ancora l’erbicida glufosinato, vietato in UE da metà 2018 per tossicità riproduttiva, il fungicida mancozeb, l’insetticida organofosfato clorpirifos vietato dal 2020 per i possibili danni al sistema nervoso e altri insetticidi responsabili della moria delle api come i neonicotinoidi thiamethoxam e clothianidin, o il fipronil, vietato dal 2022 negli allevamenti di animali destinati all’alimentazione umana, dopo lo scandalo delle uova contaminate.

Pesticidi o erbicidi spruzzati da un erogatore a mano su erbe in un campo
Nel 2024 le aziende europee hanno notificato l’intenzione di esportare quasi 122mila tonnellate di pesticidi

Il principale esportatore è la Germania con oltre 50mila tonnellate, in gran parte prodotte dal gigante agrochimico BASF, ma anche l’Italia si trova nell’elenco, al sesto posto,  in particolare con trifluralin ed ethalfuralin prodotti da Finchimica, 1,3-dicloropropene prodotto da Tris International, mancozeb prodotto da Corteva, clorotalonil da Sipcam Oxon, mentre altre due aziende rientrano nell’elenco con quantitativi minori.

Serve un divieto europeo

Greenpeace evidenzia come due stati europei, la Francia nel 2022 e il Belgio nel 2025, abbiano adottato leggi nazionali per vietare l’export, sottolineando però come in assenza di un divieto a livello europeo, queste norme rischino di avere un impatto limitato, come pare stia avvenendo in Francia. In effetti una precedente indagine diffusa nel 2018/19 aveva indotto la Commissione Europea ad annunciare con la Chemicals Strategy for Sustainability del 2020 che in futuro sarebbe stata vietata l’esportazione di sostanze pericolose già bandite internamente. I nuovi dati mostrano però che questo principio non è ancora rispettato, e secondo gli autori del rapporto le pressioni della lobby agrochimica e la situazione politica internazionale con l’elezione di Trump e di altri leader conservatori rendono più difficile un intervento in questo senso. 

Per questo Greenpeace e i partner dell’indagine hanno chiesto alla UE di vietare definitivamente la produzione e l’export di qualsiasi sostanza vietata nei propri territori, ma anche norme di controllo rigorose sulle importazioni alimentari da paesi che usano pesticidi vietati, maggiore trasparenza e obbligo di rendicontazione per le aziende chimiche e un maggiore coordinamento tra Stati membri. 

The Guardian ha voluto interpellare sul tema i principali esportatori: BASF, Teleos e Agria non hanno risposto e Corteva si è rifiutata di commentare, mentre il portavoce della Bayer ha affermato che “il fatto che un prodotto non sia autorizzato in Europa non dice niente sulla sua sicurezza, visto che molti altri Paesi hanno agenzie regolatorie e solide normative per proteggere la salute umana e l’ambiente”, mentre il portavoce di Syngenta ha affermato che le loro esportazioni rispettano le norme europee, e che “bloccarle incoraggerebbe l’uso di alternative illegali o contraffatte, che rappresenterebbero un rischio maggiore per i coltivatori e per l’ambiente”.

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Public Eye/Unearthed, AdobeStock

Giallone 03.07.2025 dona ora

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Cipa
Cipa
30 Ottobre 2025 09:32

Non è solo un danno alla salute per chi vive in quei paesi, da quei paesi importiamo prodotti alimentari …. quello che esce dalla porta rientra dalla finestra.

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