Siamo grandi consumatori di pane, biscotti e prodotti da forno e per questo importiamo quasi il 70% del grano tenero (*). Siamo anche fra i principali produttori di pasta al mondo e per questo motivo importiamo il 40% del grano duro. I numeri del settore sono regolarmente dimenticati da lobby come Coldiretti, sempre pronta a puntare il dito contro le importazioni di materie prime senza le quali la metà delle aziende del settore potrebbe chiudere i battenti. I dati sono di Italmopa, l’associazione dei mugnai industriali aderente a Confindustria. I numeri non lasciano spazio a dubbi, la produzione di grano tenero è di 2,7 milioni di tonnellate a fronte di un fabbisogno di 8, mentre per il grano duro il raccolto italiano si ferma a 3,5 milioni di tonnellate a fronte di un fabbisogno di 6.
Fake news sulle importazioni
Chi fa finta di non conoscere questi dati e continua a diffondere fake news sulla qualità del grano importato, non fa un buon servizio alla nostra industria di trasformazione. La produzione italiana di grano tenero e grano duro non è sufficiente per garantire il fabbisogno industriale. La stessa cosa si ripropone per l’olio extravergine di oliva che ormai viene importato per oltre il 60% e registra una produzione nazionale in costante diminuzione. Non serve aggiungere altro, salvo prendere atto della situazione e smettere di attaccare le importazioni in modo gratuito inventando problemi che non esistono.
(*) La farina di grano tenero è destinata essenzialmente alla panificazione (in misura pari al 58%), alla produzione di biscotti, di prodotti da forno e di prodotti della pasticceria (18%), poi troviamo come destinazione le pizze (10%), all’export (8%) e gli usi domestici (4%) e infine la produzione di pasta (2%).
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare


