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La campagna cerealicola 2024 del grano tenero può essere classificata come una delle peggiori degli ultimi anni. Le piogge di giugno e di luglio, col grano già pronto per essere trebbiato, hanno fatto danni molto gravi. Cariossidi gonfie, slavate, bianche, proteine su livelli bassi esattamente come il peso per ettolitro. Poi c’è la questione della durezza dei chicchi di grano molto bassa (hardness – parametro che incide negativamente sull’assorbimento degli impasti e sulla facilità di macinazione del grano), dulcis in fundo c’è il rischio di contaminazione dalla insidiosa micotossina deossinivalenolo (o DON) con oltre l’80% delle partite in arrivo al molino positive (anche se su valori quasi mai molto elevati).

Clima e grano

Questo scenario merita una seria riflessione. Il grano è un cereale che cresce in campo e l’andamento metereologico svolge un ruolo determinante sulla qualità. Il clima sta cambiando e in Italia occorre fare di più per cercare di mantenere alta la qualità dei raccolti cerealicoli magari prendendo spunto da cosa si fa in altri Paesi più bravi di noi. I francesi mescolano partite diverse per ottenere un prodotto non eccellente ma nemmeno pessimo. Austriaci e tedeschi dopo la raccolta puliscono il grano eliminando chicchi striminziti e attaccati da fusarium, in questo modo migliorano il peso per ettolitro e si riduce il rischio di micotossine come il DON, un metabolita delle muffe.

I canadesi conservano la merce al freddo evitando in questo modo le infestazioni e garantiscono il quantitativo proteico delle farine con miscelazioni mirate di lotti diversi. All’estero l’elemento costante è che tutti cominciano a lavorare sui cereali a campagna granaria ultimata, dopo aver classificato i diversi lotti di grano durante la trebbiatura, in base al contenuto di proteine, al peso per ettolitro e al rischio micotossine.

Una gestione da migliorare

In Italia invece il grano tenero quasi ovunque viene ammassato non stoccato, senza troppe divisioni, poi viene “abbandonato” nei silos alla fine del raccolto e non viene sottoposto a una lavorazione di pulizia, di omogeneizzazione e classificazione perché sono ritenute operazioni “costose”.

Un’altra cosa importante è smetterla con gli slogan contro il grano importato. Siamo deficitari di oltre il 60% di frumento tenero e questo significa che i mugnai vendono più farina rispetto a quanta potrebbero ottenerne se utilizzassero solo frumento nazionale. Il frumento importato viene sottoposto agli stessi controlli di quello nazionale, sia dai molini che lo acquistano che dalle aziende che lavorano la farina, sia dagli enti preposti al controllo ufficiale (Asl, Nas…). Basta osservare l’elenco dei ritiri dal mercato di prodotti a base di farina, di pasta, pane, biscotti e dolci per rendersi conto di quanto siano rari i casi di prodotti che non rispettano i limiti igienico sanitari. Questo elemento è una conferma ulteriore della qualità delle materie prime utilizzate, siano esse nazionali o importate.

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Tutti i Paesi cominciano a lavorare sui cereali a campagna granaria ultimata, dopo aver classificato i diversi lotti di grano

Occorre classificare meglio il frumento nazionale che si immette sul mercato, garantire le caratteristiche merceologiche e tecnologiche (peso ettolitrico, umidità, proteine) e, soprattutto, omogeneizzare le partite in modo da renderle il più possibile costanti. Oggi ai molini arrivano camion di grano con qualità molto diversa fra loro e questo contrasta con quanto dovrebbe garantire un prodotto di qualità.

Cerealicoltura in Italia

Se non si cambiano le strategie, la cerealicoltura nazionale è destinata a sparire. Un grano non classificato adeguatamente, non consente la produzione di farine capaci di soddisfare i capitolati industriali e una farina con caratteristiche non a standard non la vuole nessuno

Detto ciò, è facile prevedere che quest’anno compreremo più grano tenero dall’estero rispetto all’anno scorso, perché una parte rilevante del raccolto a livello nazionale non raggiunge gli standard minimi richiesti dall’industria di trasformazione. Vedremo a breve come sarà la merce estera perché il frumento nazionale si trebbia subito, ma in agosto arriverà il grano francese, tedesco, austriaco, ungherese, poi via via tutti gli altri.

Le voci di chi sostiene che i molini preferiscono il frumento importato e speculano sugli agricoltori italiani per mantenere basso il prezzo sono sciocchezze. Siamo deficitari di grano (sia tenero che duro) e i molini devono soddisfare le caratteristiche tecnologiche previste nei capitolati industriali dei pastifici e delle aziende che producono prodotti a base di farina. Per questo bisogna miscelare il grano nazionale con quello importato. Confondere l’origine della materia prima con la qualità del prodotto è un gravissimo errore da matita rossa che può fare solo chi conosce poco il settore o è in malafede.

Made in Italy

L’agroalimentare italiano è costituito da prodotti (pane, pasta, pizza, dolci, biscotti, ecc) che devono fare la differenza quando vengono confrontati con quelli di altri Paesi. Si tratta di eccellenze riconosciute nel mondo. Per produrle occorre miscelare le migliori materie prime di qualsiasi origine. Chi pensa che i prodotti dell’agroalimentare italiano siano tali solo se fatti con materia prima locale deve sapere che tutti i molini producono farina fatta con grano 100% Italia, ma le quote di vendita sono irrisorie. Per fare volumi di vendita occorre rispettare gli standard dettagliati nei capitolati industriali che richiedono necessariamente miscelazione fra grano italiano e straniero per motivi di quantità e di qualità. Se smettessimo di farlo la costante crescita nell’export di questi prodotti verrebbe interrotta.

Maurizio Monti (past president Associazione Nazionale Tecnici dell’Industria Molitoria)

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