I gelati sono fra i dolci più amati da adulti e bambini. Ne mangiamo tanti e in estate, naturalmente, i consumi aumentano. Quanto gelato viene prodotto in Italia? E quanto ne consumiamo? Fare queste stime è tutt’altro che facile. Per una serie di motivi. Le stime dei consumi si basano sulla spesa calcolata dall’Istat ma, nel paniere, la voce ‘gelati’ riguarda esclusivamente quelli industriali consumati a casa, acquistati al supermercato, mentre quelli mangiati al bar o al ristorante rientrano nella voce che aggrega i ‘consumi fuori casa’. Non è possibile, inoltre, in base a questi dati, valutare l’entità di consumo di gelato artigianale.
Una stima recente di Confartigianato elaborata su dati Istat parla di 1,8 miliardi di euro spesi, nel 2022, in gelati confezionati, cioè circa 70 euro l’anno a famiglia. Un valore in crescita da due anni, dopo la brusca frenata dovuta alla pandemia di Covid-19. Questo dato è in linea con i numeri dell’Istituto italiano del gelato (Igi), secondo i quali nello stesso anno, nel nostro Paese sono state prodotte poco meno di 178mila tonnellate di gelato industriale, per un valore di 1.867 milioni di euro (+10,3% rispetto all’anno precedente), corrispondenti a un consumo pro-capite di 2,18 kg.
Per quanto riguarda i gelati artigianali (abbiamo già parlato di come distinguere quelli ‘veri’), per i quali non esistono dati ‘ufficiali’, secondo i numeri pubblicati da diverse realtà del settore (fiere, associazioni di categoria), nel 2022 questo prodotto ha visto crescere il fatturato del 16% rispetto al 2021, raggiungendo 2,7 miliardi tra gelaterie, pasticcerie e bar con gelato (erano 2,3 miliardi nel 2021 e 1,85 miliardi nel 2020). E quante sono le gelaterie? Anche questo è un dato difficile da definire, perché oltre alle attività specializzate, ci sono le pasticcerie che producono gelati, i bar che li vendono e gli ambulanti. Quindi le stime variano da poco più di 9mila a ben 39mila. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre (associazione di artigiani e piccole imprese) sarebbero poco meno di 16mila le gelaterie con laboratorio di produzione. Insomma, secondo i dati che abbiamo a disposizione, ogni italiano ogni anno consuma circa 2 kg di gelato artigianale e altrettanto di prodotto industriale. Il fatturato sarebbe pari a circa 2,7 miliardi di euro per il prodotto artigianale e 1,7 miliardi per quello industriale.
Ma quanto costano i gelati? Anche questo è un dato che varia in base a tanti fattori, non ultima la località in cui lo acquistiamo. Nel corso dell’estate, sui media e sui social si è visto un certo dibattito attorno ai prezzi dei gelati, che senza dubbio negli ultimi anni sono aumentati, sia quelli confezionati che il gelato artigianale (è interessante l’analisi comparsa su Wired). Il dibattito riguarda anche la sgrammatura (o shrinkflation), cioè la riduzione dei volumi a fronte di un prezzo che rimane stabile o addirittura aumenta, tendenza che pare riguardare anche alcuni gelati confezionati. Verificare con sicurezza questi cambiamenti è sempre difficile, ma questo andamento, segnalato sui social, sarebbe utile per la linea ma non per il portafoglio.
Data la complessità del settore, abbiamo chiesto un parere raccolto ‘sul campo‘ a Roberto Lobrano, gelatiere e formatore, tra i fondatori dell’associazione Gelatieri per il gelato. “Grazie all’associazione di cui faccio parte – dice Lobrano – sono in contatto con molti colleghi e l’impressione sull’anno in corso è che ci sia stata una leggera flessione nei consumi dei gelati artigianali, bilanciata dall’aumento dei prezzi. Questi sono effettivamente aumentati, ed era necessario, perché erano fermi da tempo. A incidere negativamente sui consumi sono stati il maltempo di maggio e giugno e il calo delle presenze nelle località turistiche, oltre al fatto che l’inflazione ha imposto qualche restrizione a molte famiglie. Una situazione ben diversa dall’estate 2022 in cui, forse anche per il clima ottimistico dovuto all’uscita dalla pandemia di Covid-19, i consumi hanno visto un incremento che in alcuni casi è arrivato anche al 20%. Ora, invece, gli affari vanno bene solo per chi fa scelte di qualità e cura marketing e comunicazione, oltre a trovarsi in una posizione favorevole, aspetto che per le gelaterie è estremamente importante.”
Quali sono le attività che risentono maggiormente della congiuntura negativa? Come vanno le catene di gelaterie? “Le attività più in difficoltà sono quelle di dimensioni medie; – fa notare Lobrano – le gelaterie più piccole, a gestione famigliare, se lavorano bene riescono ad affrontare i momenti più difficili poiché riescono a ottimizzare i costi del personale. Per le aziende medie, invece, è difficile trovare forza lavoro e costoso gestirla. Le catene, fino a qualche anno fa avevano poco successo, ora invece le cose sono cambiate. Possono investire in aspetti che attirano la clientela, come l’arredamento, la posizione e la comunicazione, anche sui social. Poi, quando utilizzano ingredienti di qualità, possono fidelizzare la clientela. Al pari, se non meglio, delle piccole realtà artigianali.”
Quali sono le tendenze più attuali, i gusti e le tipologie che vanno per la maggiore? “Quella dei gelati senza latte o senza ingredienti di origine animale è una tendenza in atto da diversi anni, ormai strutturata, e le richieste dei consumatori in questo senso sono sempre più numerose. – Dice l’esperto – Alcuni gelatieri propongono gusti ‘proteici’, seguendo la tendenza ormai affermata degli alimenti ‘high protein’. Oppure gelati gastronomici salati, per esempio al Parmigiano Reggiano, al prosciutto o al pomodoro, riprendendo le ricette delle ‘creme fredde’. Queste però sono proposte utili soprattutto per far parlare, che di solito non incontrano i gusti dei clienti tradizionali. Hanno più successo invece i gusti a ridotto contenuto di zuccheri, o addirittura ‘senza zuccheri aggiunti’, questa però è una dichiarazione piuttosto ambigua, perché se si utilizzano ingredienti molto dolci, come per esempio la banana, un gelato può essere molto ricco di zuccheri anche se non è stato aggiunto zucchero. Per i gelati, come per tutti i prodotti somministrati, la legge non richiede la tabella nutrizionale, in questi casi invece sarebbe utile per sfatare diversi miti. L’analisi della composizione nutrizionale mostrerebbe, per esempio, che i gelati possono contenere meno grassi di molti altri dolci, o addirittura di prodotti da forno come i cracker.”
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.