La raccolta e il consumo dei funghi freschi fanno parte della nostra tradizione culinaria. Non tutti però affrontano la questione con le dovute precauzioni, per superficialità o per la scarsa conoscenza dei pericoli correlati all’ingestione di specie fungine tossiche (a volte anche mortali) molto simili a quelle commestibili. Vi proponiamo in questo articolo i consigli e le indicazioni che il Centro antiveleni dell’ospedale di Niguarda di Milano ha raccolto in un opuscolo uscito pochi mesi fa, per evitare i classici errori che compiono molte persone quando vogliono accertare la commestibilità dei miceti. Si tratta di un problema che causa centinaia di interventi ogni anno per intossicazione, per questo dopo la raccolta conviene rivolgersi solo a un micologo esperto in grado di dare tutte le garanzie del caso.
La raccolta è regolamentata da una legge nazionale (352/1993) che prevede un limite massimo di raccolta e vieta l’uso di rastrelli o altri strumenti che potrebbero danneggiare seriamente tutto l’apparato produttivo fungino. Oltre a ciò va ricordato che il fungo deve essere raccolto intero, staccato dal micelio con movimento rotatorio e non tagliato, questo consente una sicura determinazione della specie; inoltre non si devono prendere esemplari troppo giovani o in cattivo stato di conservazione (ammuffiti, fradici, ecc.).
I funghi raccolti vanno trasportati in contenitori rigidi e aerati (per esempio cestini di vimini) che consentono l’ulteriore disseminazione delle spore, inoltre occorre evitare fenomeni di compressione. La conservazione o il trasporto dei funghi freschi in imballaggi e recipienti che non lasciano passare l’aria, come i sacchetti di plastica, può provocare una decomposizione delle proteine per fermentazione e la formazione di sostanze tossiche in grado di provocare intossicazioni. Un’altra cosa da sapere è di non distruggere gli esemplari che si ritengono velenosi perché anche loro sono utili alla vita del bosco! Non raccogliere i funghi in aree sospette d’inquinamento (per esempio: discariche, lungo arterie stradali o in campi coltivati).
“Il Centro Antiveleni di Niguarda – precisa la tossicologa Francesca Assisi – ogni anno effettua un migliaio di consulenze per intossicazioni da funghi freschi, e pochi mesi fa ha pubblicato una dispensa dove si sottolinea che non esistono metodi empirici per verificare se un fungo sia edule o velenoso (quali le prove con l’aglio, monete d’argento, ecc.). In genere le chiamate arrivano dal pronto soccorso e ci sono sia casi che riguardano intossicazioni familiari, sia episodi di intossicazione collettiva durante feste o banchetti. Per fortuna nella maggioranza dei casi non c’è un pericolo di vita. Le cose cambiano quando i funghi sono mortali, allora le problematiche sono più serie”. La cottura, l’essicazione o altri sistemi non servono a rendere meno tossici i funghi mortali poiché le tossine sono termostabili e quindi non perdono la loro tossicità. Tutti i funghi vanno mangiati ben cotti. Da crudi sono scarsamente digeribili, se non addirittura velenosi. Con il calore della cottura si degradano le tossine termolabili presenti nel fungo. Non si devono somministrare i funghi ai bambini, donne in stato di gravidanza, persone che presentano intolleranza a particolari farmaci, perché si tratta di alimenti comunque poco digeribili.
Ci sono poi i miti da sfatare per cui non è vero che tutti i funghi cresciuti sugli alberi si possono mangiare, che sono buoni quando sono stati mangiati da parassiti, che la velenosità è data dall’aspetto e che diventano tossici quando crescono vicino a ferri arrugginiti.
Chi compra funghi freschi spontanei presso i punti vendita deve verificare che la cassetta o l’involucro contenente i funghi siano muniti di un’etichetta attestante l’avvenuto controllo micologico da parte degli Ispettorati Micologici delle aziende sanitarie locali, deputati al controllo. Nel caso non sia presente il cartellino di controllo si consiglia di non acquistare il prodotto e di segnalare il fatto agli organi preposti al controllo degli alimenti (Ispettori sanitari, Tecnici della Prevenzione delle Ats, Nas, ecc.).
L’etichetta dei funghi freschi spontanei deve riportare il nome scientifico, la data, il timbro e la firma del micologo certificatore. Per quelli che non possono essere consumati crudi va riportata l’indicazione relativa alla cottura. Per i funghi spontanei non vige l’obbligo di indicazione dell’origine. Lo stesso per quelli confezionati, surgelati e sott’olio. L’origine è invece una dicitura obbligatoria solo per quelli coltivati venduti sfusi, come avviene per gli altri prodotti ortofrutticoli. Altri elementi che devono essere presenti in etichetta sono il nome dell’azienda confezionatrice e il lotto, il peso, la scadenza e le modalità di conservazione. È consentita la commercializzazione di specie di funghi provenienti da altri Paesi, purché riconosciute commestibili dalla competente autorità del Paese di origine.
© Riproduzione riservata
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Al primo insignificante dubbio su qualsiasi cosa raccolta per boschi lasciar perdere. Meglio buttar via un fungo buono che la salute. In teoria dovrebbe essere una regola generale di vita. Esempio. C’è la zona gialla per il covid19 ? Viviamo come in zona rossa. Male non può fare.
Pienamente in accordo sul discorso della prevenzione prima di tutto.
Però, considerato che le ASL ed i Micologi hanno investito tempo e denaro nella formazione/specializzazione, perché quando si trova qualche bel fungo non farselo riconoscere e magari fare qualche interessante scoperta gastronomica?
Inoltre è un servizio che viene fornito gratuitamente dai Servizi Igiene Alimenti e Nutrizione delle ASL.
Sicuramente è da evitare di tirare su dal bosco tutto ciò che si vede e trova sperando che il micologo scopra qualcosa di commestibile in mezzo a tantissimi funghi differenti.
Prufner alle ASL e anche ai mercati generali c’è il micologo. Lo so. Lei pensa che ci vada più del 10/15% di raccoglie ogni cosa nei boschi ? Il mio era un avvertimento per quei personaggi che ti incontrano fuori da un bosco e ti chiedono se quei funghi sono buoni. Tu gli dici di no e ti guardano con sospetto. Se per ipotesi poi te li prendi tu dove li hanno buttati ? Se invece lo consigli in generale magari li capiscono.