Gli appassionati di funghi, che vanno a raccoglierli nei boschi, devono scegliere il momento giusto, quando la combinazione di umidità e temperatura ne permette uno sviluppo ottimale, spesso a fine estate o in autunno. Chi invece preferisce andare al supermercato, o nei negozi di ortofrutta, trova in ogni momento dell’anno diversi tipi di funghi – freschi, surgelati e secchi – ma l’abitudine e la tradizione portano a consumare questi prodotti soprattutto in autunno-inverno.
I funghi freschi che vanno per la maggiore sono i prataioli (Agaricus bisporus), spesso indicati come champignon. Oltre a questi troviamo pioppini (Agrocybe aegerita), orecchioni e cardoncelli (due specie del genere Pleurotus), a volte proposti anche in vaschette miste. Tutti questi sono coltivati, mentre i più pregiati e profumati porcini, appartenenti al gruppo di Boletus, non sono coltivati ma crescono solamente nei boschi. Li troviamo freschi solo in alcuni momenti dell’anno, più spesso da rivenditori specializzati – e in questo caso dovrebbero sempre indicare l’origine – mentre sono sempre disponibili surgelati, sott’olio, oppure essiccati.
Ma torniamo ai comuni prataioli. “Quelli che troviamo in commercio – dice Andrea Prando, segretario dell’Associazione italiana fungicoltori (Aif) – provengono per il 98% da produttori italiani certificati. In passato, molti si sono buttati nel settore, ma una fungaia moderna richiede un investimento notevole e non tutti sono andati avanti. Attualmente i produttori in Italia sono circa 200. I funghi crescono al buio – all’interno di celle dove la temperatura e l’umidità sono regolate – su un substrato di sostanza organica. È una produzione molto controllata. Quando sono cresciuti, vengono raccolti e messi direttamente nelle cassette di legno (per il mercato) oppure nelle vaschette, per la grande distribuzione”.
“I funghi freschi– continua Prando – sono deperibili e devono essere venduti e consumati entro pochi giorni dalla raccolta. Un metodo per controllarne la freschezza è l’analisi del colore. Gli champignon freschi hanno un colore chiaro e uniforme, quando sono ingialliti oppure presentano macchie sono in giro da alcuni giorni e dovrebbero essere tolti dagli scaffali”.
Se leggiamo le etichette sulle vaschette esposte al supermercato, troviamo spesso produttori come Modena funghi (di Modena), Fungamico (Verona) e Consorzio funghi di Treviso, che aderiscono all’Aif e riportano sulla confezione il marchio “funghi italiani”. I prataioli interi costano circa 4 €/kg, mentre sono più cari i cardoncelli e i chiodini.
In Italia la produzione di funghi coltivati è di circa 62mila tonnellate all’anno, buona parte dei quali (57.000) sono prataioli. Il 90% della produzione italiana – coltivata per la metà in Veneto – è destinata al consumo fresco, mentre la parte restante va all’industria e viene commercializzata poi come funghi surgelati oppure trifolati in lattina. L’industria però utilizza anche materia prima proveniente dall’estero.
Olanda e Polonia sono i principali produttori europei. Nel 2017 il nostro Paese ha importato più di 8.000 tonnellate di funghi freschi dalla Polonia, oltre 1.500 dalla Romania e 427 dai Paesi Bassi. Questi numeri non riguardano però i porcini freschi importati prevalentemente dalla Lituania (62 tonnellate), dalla Cina (21 tonnellate), dalla Romania (16,6) e dalla Slovenia (15,4).
I porcini importati freschi sono utilizzati sia per la vendita diretta sia a livello industriale, mentre le altre specie sono destinate principalmente alla preparazione di conserve e surgelati. Tra i surgelati troviamo buste di champignon, di solito affettati, sacchetti misti, con o senza porcini, e anche confezioni solo di porcini. Il prezzo è intorno a 4 €/kg per gli champignon, 8-10 per i sacchetti misti e dai 20 ai 30 per i porcini surgelati. Questi ultimi sono venduti soprattutto essiccati, come vuole la tradizione italiana. Tutte le catene della grande distribuzione propongono diversi marchi, oltre al proprio, con differenti “livelli di qualità” e formato (da 10 a 80 grammi).
Fra i marchi più noti ricordiamo Giacomini (di Milano), Valfunghi (Cremona), Asiago food e Oro della montagna, prodotto da Dial funghi (Trento). Quest’ultima azienda, leader di settore, produce anche i porcini secchi a marchio per catene di supermercati come Coop, Auchan, Carrefour ed Eurospin. I prezzi dei porcini secchi vanno da 100 a 250 €/kg. Le differenze sono da imputare soprattutto alle dimensioni delle falde: quelli più piccoli, un po’ spezzettati, costano meno. Il prezzo lievita a 262 €/kg per i porcini secchi biologici a marchio Cerreto Bio prodotti da Dial funghi (vedi foto).
Qualcuno si chiede quale sia la differenza fra un porcino “biologico” e uno convenzionale, visto che si tratta di funghi che possono essere raccolti solo nei boschi e non subiscono trattamenti con antiparassitari. “I porcini bio – fanno sapere da Dial funghi – seguono uno specifico disciplinare per cui devono essere raccolti in un territorio specifico. Questi funghi provengono da paesi europei, di solito Est- Europa. Quelli convenzionali provengono sia dalla stessa area geografica, sia dall’Asia. Come per altre tipologie di alimenti – precisa l’azienda – la legislazione italiana prevede controlli ispettivi in fase di importazione e anche presso le imprese e nei punti vendita. I funghi arrivano già essiccati e affettati e sono sottoposti a stringenti controlli per verificarne l’idoneità. Come altri alimenti di origine naturale possono essere soggetti ad attacchi da parte di insetti, inoltre si possono trovare impurità come sassolini, terra, aghi di pino o inquinanti ambientali. Una volta che la materia viene giudicata idonea, i funghi subiscono una cernita manuale per eliminare corpi estranei e per il riconoscimento dell’idoneità delle specie. L’ultima selezione riguarda la differenziazione per categoria merceologica ( per i funghi porcini secchi sono quattro: extra, speciali, commerciali e briciole secondo quanto definito dal D.P.R. 376/1995 e DM 8 ottobre 1998)”.
La presenza sul mercato di una parte consistente di funghi secchi importati è confermata anche dall’ Istat. Nel 2017 abbiamo importato 795 tonnellate di funghi secchi e tartufi dalla Cina, che è il principale fornitore, seguita da Bulgaria (con 171 tonnellate), Romania (117) e Slovenia (55).
Dato che non è obbligatorio indicare l’origine trattandosi di ortofrutta trasformata, sulle buste di funghi secchi compare il nome e l’indirizzo dei produttori che hanno confezionato i sacchetti, e solo le confezioni con il marchio di alcune catene di supermercati indicano in modo chiaro l’origine. In questo caso troviamo la scritta “origine CEE”, oppure “Extra CEE”. I porcini secchi bio, però, riportano sempre l’indicazione di origine europea.
Possiamo dire con una certa sicurezza che i porcini essiccati molto difficilmente provengono dai boschi italiani. Alcune piccole aziende, come Borgolab insacchettano prodotto italiano ma non sempre, perché quando la materia prima locale scarseggia deve utilizzare anche funghi europei. Se vogliamo dei porcini secchi a filiera corta, bisogna cercare piccoli produttori, oppure scegliere quelli biologici, di provenienza europea.
Il settore non si distingue certo per trasparenza. Sarebbe utile conoscere sempre l’origine, sia del prodotto fresco (come già accade per gli champignon) che di quello essiccato, mentre questa indicazione manca quasi sempre nei porcini freschi e anche in quelli conservati, anche perché i funghi provenienti dalla Cina sono meno costosi di quelli coltivati o raccolti in Europa, a guadagnarci però, in questi casi, non sono certo i consumatori.
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[sostieni]
Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Per i porcini secchi che compro al supermercato, siamo sicuri che non contengano sostanze inquinanti? Mi pare che i funghi siano degli assorbitori di alcune sostanze che non fanno bene alla salute.
Avevamo pubblicato un articolo con alcune raccomandazioni quando si tratta di funghi: https://ilfattoalimentare.it/funghi-vademecum-consumarli-senza-rischi.html
grazie dell’articolo. mi pare però che purtroppo uno dei problemi dei funghi oggi, in particolare nel nord italia ed est europa, sia in certi casi la radioattività (leggi chernobyl)
Questo problema risale a Cernobyl ma in questo anni raramente sono stati trovati lotti di funghi contaminati in Italia.
Il problema della radioattività, come quello degli inquinanti assorbiti, dovrebbero essere affrontati dai controlli effettuati all’ingresso in Italia. In questa fase vengono analizzati numerosi aspetti e i lotti contaminati sono bloccati. È chiaro però che un conteiner di funghi secchi contiene prodotti che non sono omogenei fra loro e i controlli sono fatti a campione. Maggiore è la distanza percorsa, più è difficile avere un controllo sulla filiera. Inoltre gli stessi produttori utilizzano funghi con origini diverse.
sì, intendevo dire che alcuni regioni (tipo Piemonte, Veneto) anche attualmente monitorano specificatamente proprio certe matrici (tipo alcuni funghi in particolare) perchè cesio ce n’è e per certe specie in particolare è oltre i limiti, ma ovviamente per nessuno è un problema a meno a che non ci siano assunzioni di funghi anomale! Volevo solo dire che l’articolo (che mi è piaciuto molto) non menzionava la radioattività, tutto qua
Un articolo approfondito che non è né la solita polemica contro gli alimenti moderni né una di quelle marchette volte a pubblicizzare un prodotto. Una disamina attenta che aiuta a capire come stanno le cose.
“Sarebbe utile conoscere sempre l’origine, sia del prodotto fresco…mentre questa indicazione manca quasi sempre nei porcini freschi e anche confezionati…”
Valeria?!
Gentile Claudio,
La legge prevede l’indicazione di origine sull’ortofrutta fresca, ma operatori del settore mi hanno segnalato che nei porcini freschi, venduti sfusi, non sempre è presente.
Perr quanto riguarda i porcini secchi, non è obbligatoria, quindi è indicata solo qualche volta, e in modo molto generico: CEE o extra CEE.
Spero sia più chiaro!
Sbaglierò ma non è per niente chiara la risposta di Dial funghi circa la denominazione BIO per i porcini.
Gentile Costante,
i porcini sono organismi selvatici, non si possono coltivare, quindi la definizione di biologico esula dai criteri previsti per i vegetali coltivati.
Il Regolamento UE 848/2818 (che può vedere qui: http://www.euroconsulting.be/2018/06/14/reg-ue-2018848-del-parlamento-europeo-e-del-consiglio-del-30-maggio-2018-produzione-biologica-ed-etichettatura-dei-prodotti-biologici-e-abrogazione-del-reg-ce-n-8342007-del-consiglio/) stabilisce norme chiare solo per i funghi coltivati, mentre per le piante selvatiche si legge questo:
“Norme relative alla raccolta di piante selvatiche
La raccolta di piante selvatiche e delle loro parti che crescono naturalmente nelle aree naturali, nelle foreste e nelle aree agricole è considerata produzione biologica a condizione che:
a) per un periodo di almeno tre anni precedente la raccolta, tali aree non siano state trattate con prodotti o sostanze diversi da quelli autorizzati ai sensi degli articoli 9 e 24 per l’uso nella produzione biologica;
b) la raccolta non comprometta l’equilibrio dell’habitat naturale e la conservazione delle specie nella zona di raccolta”
I funghi non sono piante, dal punto di vista biologico, però in un’ottica merceologica si possono considerare analoghi. Nel Regolamento non si trova un riferimento specifico alle aree di raccolta e ho l’impressione che sia un criterio “pratico” adottato perché è più facile controllare un prodotto con un’origine più vicina, o fose facendo analisi i rivenditori hanno visto che i porcini europei erano più “puliti”. Queste sono solo mie ipotesi, ma questa certificazione ha certamente aspetti poco chiari. Ho chiesto un chiarimento a Icea, ente che certifica i funghi a marchio CerretoBio.
Se e quando mi rispondono potremo fare luce su questo aspetto.
A proposito della certificazione Bio, Icea (ente che certifica i funghi a marchio Cerreto Bio) fa sapere che il loro compito è verificare che il prodotto utilizzato, se importato, sia certificato come Bio e questo si realizza in pratica quando i funghi essiccati provengono da Paesi europei, nei quali il riferimento normativo è lo stesso Regolamento 848/2018 valido in Italia.
Spero sia più chiaro.