Donna con grembiule mostra mazzo di carote accanto a banco di frutta e verdura del mercato

Frutta e verdura sono fondamentali se si vuole seguire un’alimentazione sana, ma se scegliamo quella di stagione è meglio anche per l’ambiente? Alla domanda cerca di rispondere l’Eufic (Consiglio europeo di informazione sull’alimentazione) in un recente articolo. Per conoscere l’impatto ambientale della frutta e della verdura che consumiamo, occorre innanzitutto capire cosa si intende con il termine “di stagione”. Ogni tipo di frutta e verdura presenta delle proprie condizioni specifiche per una crescita e qualità ideali. Per questo motivo vengono coltivate e raccolte in luoghi e tempi diversi durante tutto l’anno.

Gli esperti dell’organizzazione hanno deciso di utilizzare le definizioni di cibo stagionale proposte dal Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali (Defra) del Regno Unito, che si concentra per lo più sul momento di produzione e di consumo del cibo.
Stagionalità globale: fa riferimento al luogo di produzione e rimanda ai cibi di stagione che non vengono necessariamente consumati dove sono stati raccolti. Ad esempio, mele cresciute e raccolte durante la stagione della raccolta in Nuova Zelanda, ma consumate in Europa in primavera ed estate.
Stagionalità locale: fa riferimento al luogo di produzione e di consumo del cibo e rimanda a frutta e verdura raccolta e consumata localmente durante la loro stagione di raccolta. Ad esempio, mele cresciute e raccolte durante l’estate e l’autunno e consumate in ottobre in Europa.

frutta di stagione cachi freschi su tavolo rusticoPer misurare l’impatto ambientale della frutta e della verdura di stagione è stato utilizzato un metodo noto come Valutazione del ciclo di vita (Lca), che monitora tutte le fasi della filiera; dalla coltivazione, alla raccolta, alla conservazione, al trasporto, fino al consumo finale. In particolare è stata calcolata l’impronta di carbonio attraverso le emissioni di gas serra (Ghg).
I ricercatori hanno scoperto che il sistema alimentare globale rappresenta circa il 26% delle emissioni globali di gas serra (Ghg). Tuttavia, vi sono grandi differenze tra i diversi tipi di alimenti: frutta e verdura hanno emissioni di Ghg fino a 10-50 volte inferiori rispetto ai prodotti di origine animale come carne bovina e latticini.

Contrariamente a quanto si crede, il contributo del trasporto all’impronta di carbonio è generalmente inferiore alle emissioni derivanti dai metodi di produzione (riscaldamento o illuminazione artificiale, refrigerazione e conservazione). “Quando i pomodori vengono coltivati localmente – spiegano i ricercatori – ma non durante la loro stagione in serre riscaldate, hanno impronte di carbonio maggiori rispetto a quelli coltivati durante la loro stagione naturale all’aria aperta in Spagna e poi trasportati, ad esempio, nel Regno Unito.” Un altro esempio sono i frigoriferi per la conservazione delle mele: anche questi consumano una grande quantità di energia.
Ciò che emerge dalla ricerca è che la frutta e la verdura con le emissioni di gas serra più basse sono quelle coltivate all’aperto durante la loro stagione naturale, senza un uso eccessivo di energia aggiuntiva e consumate nello stesso paese o regione.

Lasciando per un attimo l’aspetto ambientale, i ricercatori hanno approfondito l’impatto sulla salute: la frutta e la verdura di stagione sono più nutrienti? Secondo gli studi il valore nutrizionale è più alto immediatamente dopo la raccolta e diminuisce con il passare del tempo, infatti la conservazione e il trasporto sono stati collegati all’abbassamento di alcuni livelli di micronutrienti. Va detto però che si tratta di perdite minime se confrontate ai benefici che una dieta ricca di frutta e verdura apporta.
Gli esperti dell’Eufic precisano che “quando si tratta di alimentazione sostenibile, è più importante ciò che si mangia rispetto alla provenienza del cibo.” Infatti altri due aspetti fondamentali per un’alimentazione sostenibile è consumare più alimenti a base vegetale e ridurre i cibi di origine animale, come carne bovina e latticini, e minimizzare gli sprechi alimentari.

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