Da quando gli chef sono diventati eroi popolari e in TV imperversano le gare di cucina, sempre più persone tornano ai fornelli e sperimentano ricette nuove, fra cui quelle dei “lievitati”. Per preparare pane, pizze e focacce serve la farina e a questa sono dedicati spazi sempre più vasti sugli scaffali dei supermercati. Le più adatte per preparare pane e pizza sono quelle di grano tenero con un grado di raffinazione che varia da integrale, ‘2’, ‘1’, ‘0’ oppure ‘00’ (ne abbiamo già parlato in questo articolo sulle farine).
Oltre a queste, senza considerare quelle studiate per le persone celiache o sensibili al glutine, troviamo farine di farro, grano saraceno, avena e quinoa, riso, ceci e soia. Non mancano poi i sacchetti di miscele pronte all’uso, per preparare pane bianco o con i cereali, pizza soffice o croccante. Questi preparati si sono diffusi alcuni anni fa, insieme alle macchine per panificare in casa. Siamo andati a vedere cosa si trova sugli scaffali di alcuni punti vendita per capire cosa contengono i sacchetti e quali sono le differenze.
Le farine di grano tenero
La maggior parte delle farine di grano tenero in vendita nei supermercati è di tipo ‘0’ o ‘00’ e può essere utilizzata per qualsiasi preparazione. Quando si è alle prese con ricette elaborate e si vogliono ottenere risultati migliori, conviene tuttavia considerare anche il grado di abburattamento (integrale, 2, 1, 0 o 00) e la forza della farina.
Il grado di abburattamento indica il livello di raffinazione. Quella integrale deriva dalla macinazione del chicco intero compreso lo strato esterno. Setacciando questa farina si ottengono altre tipologie, via via più raffinate: tipo ‘2’, ‘1’, ‘0’ e ‘00’. La farina tipo ‘0’ è quella più adatta per ricette come pane e pizza, la ‘00’ si usa molto in pasticceria, per preparare creme e pasta fresca. Le farine meno raffinate (‘1’, ‘2’ e integrale) sono impiegate per ricette tradizionali, ma sono quelle che negli ultimi anni sono sempre più apprezzate dai consumatori perché sono ricche di fibra, proteine e vitamine.
La forza delle farine
L’altro fattore che distingue le farine è la forza, cioè la capacità di trattenere acqua e formare una maglia glutinica che resiste a una lunga lievitazione. Le farine deboli sono adatte per preparare biscotti, quelle più forti per prodotti a lunga lievitazione, come il panettone. La forza non compare quasi mai sull’etichetta, tranne per alcuni marchi “professionali”.
“La forza di una farina – spiega Pier Luigi Dallagiovanna, titolare dell’omonimo mulino, un’azienda piacentina che produce farine “professionali” e opera anche online – è influenzata dalla quantità e soprattutto dalla qualità delle proteine. Questo concetto è importante perché il contenuto proteico varia in base all’andamento climatico stagionale. La forza della farina invece dipende soprattutto dalla varietà del grano”. Nelle farine integrali la quantità di proteine è maggiore perché vengono inglobate le proteine presenti nella parte esterna del chicco, che però non contribuiscono formare il glutine (per questo in generale non sono farine “forti”).
I prezzi
Se andiamo a vedere i prezzi, notiamo che ogni catena di supermercati propone con il proprio marchio sacchetti di farine tipo ‘0’ e ‘00’, vendute a un prezzo intorno a 0,50 €/kg e anche farine più economiche, intorno a 0,35-0,40 €/kg. Per i sacchetti firmati dai grandi marchi come Barilla il prezzo lievita a 0,80 €/kg, 0,70 per Molino Chiavazza, 1 €/kg per Molino Spadoni e Pivetti. 1 €/kg anche per le farine biologiche Coop ed Esselunga, come era prevedibile, considerando che i prodotti biologici costano mediamente di più rispetto a quelli convenzionali.
Osservando le informazioni nutrizionali sulle etichette dei diversi marchi si nota che queste sono molto simili. Questo lascia pensare che le differenze di prezzo siano dovute prevalentemente a fattori di marketing, tranne quando il contenuto proteico risulta effettivamente superiore (più proteine in generale corrispondono a maggiore qualità).
Le farine particolari
Ci sono poi farine più costose, che si distinguono per caratteristiche particolari, come la forza o il tipo di macinazione. Garofalo produce una linea di farine ‘00’ con prezzi molto diversi in relazione alla forza. Il sacchetto W170 costa circa 1 €/kg e va bene per crostate e biscotti, poi si sale a 1,50 per la farina W260 consigliata per pizza, pane e focaccia. Analogo prezzo per la W350, adatta alle lievitazioni lunghe richieste da brioche e panettone.
Da alcuni anni sugli scaffali si trovano anche farine macinate a pietra e farine poco raffinate: integrali, tipo ‘1’ e tipo ‘2’. La Spadoni tipo “1” macinata a pietra, per esempio, e quella della linea “Farine magiche” Lo Conte costano circa 2 €/kg. Prezzo analogo per la farina Manitoba tipo 1 per salati – sempre “Farine magiche” – arricchita con pasta acida e germe di grano. Il sacchetto di integrale macinata a pietra del Molino Rossetto supera i 3 €/kg. Si spendono anche più di 4 €/kg per quelle di grani “speciali”, come il Tritordeum (ibrido grano/orzo) Selezione Casillo visto alla Coop.
Una moda?
In generale, una farina più raffinata dovrebbe costare di più perché una parte del chicco va “persa” durante la lavorazione. Nella realtà avviene l’opposto. Il motivo è probabilmente da cercare nella “moda” per cui molti consumatori sono disposti a pagare di più per le farine meno raffinate, e anche perché la vendita è decisamente minore.
“La composizione di un grano – fa notare Dallagiovanna – può cambiare anche in base al magazzino di stoccaggio, per effetto della temperatura e dell’umidità. Il lavoro che si svolge nel mulino è “scientifico”: ogni carico di grano viene macinato separatamente, e solo dopo avere fatto le analisi chimico fisiche si fanno le miscele con altri lotti per ottenere prodotti differenti, adatti a preparare biscotti, pane, pizza, panettoni e altro”.
Le miscele
Chi fa qualche volta il pane o la pizza in casa, è tentato di acquistare i sacchetti che contengono preparati speciali studiati per queste preparazioni. I più semplici contengono farina e lievito istantaneo (bicarbonato di sodio, pirofosfato acido di sodio o cremor tartaro). Poi ci sono anche sacchetti con miscele di farine – che possono comprendere cereali diversi dal grano – abbinate al lievito di birra disidratato (Saccharomyces cerevisiae), che si riattiva con l’aggiunta di acqua. Il lievito in alcuni preparati non è presente ed è necessario aggiungerlo al momento della lavorazione.
La maggior parte di queste miscele contengono ingredienti utili ad arricchire il sapore, come pasta madre (detta anche lievito madre) o farine maltate, oppure sale, zucchero, olio, latte, glutine, stabilizzanti e alcuni “miglioratori”. “I miglioratori – spiega Mattia Masala, tecnico commerciale del Molino Dallagiovanna – sono di solito acido ascorbico ed enzimi, come le amilasi che, dosati in modo opportuno, permettono di “dare spinta” alla lievitazione. Altri additivi utilizzati sono gli emulsionanti (naturali, come la lecitina di soia o di girasole, oppure chimici, come i mono- e di-gliceridi degli acidi grassi, indicati dalle sigle E471 ed E472). Tutti gli additivi o gli ingredienti aggiunti alle farine servono per regolare la consistenza e ottenere un prodotto più soffice”.
I preparati per pane
I prezzi di questi preparati cambiano rispetto alla farina semplice. Se viene aggiunto lievito istantaneo il costo varia da 1,20-1,60 €/kg, mentre le più complesse miscele multicereali superano i 2 €/kg. La miscela per pane nero ai 7 cereali di Molino Spadoni oltre ad avere farine di diversi cereali e semi, contiene zucchero, sale, farine maltate, antiossidanti e acido ascorbico (vitamina C) e costa circa 2,40 €/kg. Si spendono 3,60 €/kg per il preparato per pane ai cereali Molino Rossetto che, oltre alle farine di grano, mais, avena e orzo, contiene sale, zucchero, glutine, farina di frumento maltato, lecitina di girasole come emulsionante e acido ascorbico. Il lievito di birra essiccato è contenuto in due bustine, all’interno della confezione.
Ricetta più semplice per la miscela per pane D’Osa (Coop): oltre a farina di tipo ‘1’, contiene lievito di birra, lievito madre e acido ascorbico (niente, sale, zucchero, né enzimi) e costa 2,80 €/kg. Nella stessa linea si trovano diversi preparati per pane con farina integrale e di legumi, o per pane integrale con fiocchi d’avena e semi di lino biologico. Queste miscele, oltre agli ingredienti caratterizzanti, contengono lievito di birra, lievito madre naturale e acido ascorbico come trattamento della farina. Il prezzo è di circa 5 €/kg, mentre il preparato per pane con beta-glucani, contenente fibra di avena, sfiora i 6 €/kg.
Costa poco più di 1 €/kg la miscela Belbake (in vendita al Lidl) per pane ciabatta: oltre alla farina di frumento (di cui non è specificato il tipo) contiene semola di grano duro, farina di germe di grano, sale, lievito di birra, pasta acida, zucchero, agenti lievitanti (gluconodeltalattone, carbonati di sodio) farina di frumento pregelatinizzata, acido ascorbico e l’emulsionante monostearato di sorbitano.
Le miscele per pizza
Le miscele per pizza hanno caratteristiche simili: di solito – ma non sempre – contengono lievito disidratato. Oltre al lievito madre e all’acido ascorbico, possiamo trovare latte, sale, zucchero, emulsionanti e stabilizzanti. Il preparato per pizza soffice Pivetti, per esempio, visto a circa 2 €/kg, oltre a lievito, sale e glucosio, contiene olio di palma e l’emulsionante E451 (trifosfato).
“I semilavorati destinati ai panificatori – dice Dallagiovanna – servono per facilitare il lavoro. Un bravo fornaio però, può preparare ottimi prodotti partendo dalla semplice farina”. Quello che vale per i professionisti si può dire anche per i consumatori: i preparati non sono indispensabili per fare un buon pane, e spesso contengono additivi di cui possiamo fare a meno. Inoltre quando il sacchetto contiene sale e zucchero bisogna stare attenti a non aggiungerne altri in cucina per non eccedere. Lo stesso discorso vale per i grassi: è preferibile utilizzare una farina che ne è priva e regolarci in modo autonomo per quanto riguarda qualità e quantità dei condimenti.
Come abbiamo visto, i preparati per pane e pizza non sono tutti uguali perché contengono additivi diversi e leggendo le etichette si possono fare scelte consapevoli. Inoltre, con un po’ di tempo ed esperimenti, possiamo imparare a conoscere più a fondo le farine – quelle meno raffinate sono di solito più saporite – ed evitare di compare un preparato, decidendo in modo autonomo cosa aggiungere all’impasto.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
la terminologia “raffinazione” non è corretta per le farine non essendo il prodotto sottoposto, nel processo di macinazione, a trattamenti di natura chimica. Si parla piuttosto di setacciatura o abburattamento. Non è un’osservazione secondaria tenuto conto che la parola “raffinazione” ha ormai un significato negativo presso la pubblica opinione per l’accostamento inopportuno con il petrolio. Sulla materia, la pagina facebook Italmopa ha pubblicato recentemente una vignetta esilarante.
Anche negli oli e nei grassi si parla di raffinazione. Ad esempio per elevare il punto fumo di alcuni oli vegetali questi vengono raffinati.
Lo stesso Palma non si può utilizzare così come viene estratto dalla pianta ( per odore e sapore mi dicono …).
Tutti gli oli di emi e anche l’olio di oliva sono rettificati
Vivo in Bolivia e qui si trovano solo farine 000 o 0000. Vorrei sapere perché è come utilizzarle al meglio. Grazie
Buongiorno Flavia,
la classificazione che utilizza 2, 1, 0 e 00 è utilizzata in Italia, ma in altri Paesi si utilizzano denominazioni diverse. Penso che le farine 000 e 0000 siano analoghe alle nostre 0 e 00.
Molini spigadoro 7 cereali, ho scoperto questa miscela e no l’ho più cambiata.
non mi piace vedere nelle farine tipo spadoni pane nero antiossidante oppure emulsionante su altre farine non se ne po propio fare a meno?
Buongiorno Rino,
l’antiossidante acido ascorbico (vitamina C) ha una funzione conservante ma qui è usato sopprattutto come regolatore della lievitazione; per questo è presente in molte farine, ma non in tutte. Se ne può certamente fare a meno, come pure degli emulsionanti. I preparati per pane, nascono per facilitare il lavoro di chi cucina, quindi contengono sostanze che regolano consistenza e lievitazione, però se acquistiamo la farina “pura” possiamo evitare queste aggiunte.
La farina integrale non e moda ma una consapevolezza sempre maggiore (spero) del consumatore.
Contenendo più fibra ha un impatto sull’insulina minore rispetto alle farine 0 e 00 quindi migliore,
purtroppo l altra faccia della medaglia e che le farine integrali non riescono a lievitare bene per fare
pizze ecc. quindi occorrono altri stratagemmi (tipo mischiare diverse farine )
Sono d’accordo con il commento di Alessio riguardo all’utilizzo improprio del termine “farina raffinata “. Purtroppo oggi occorre stare attenti con le parole perché , facile che si arrivi a ragionamenti come quello che definisce le farine 00 come un veleno! !!
Gentile Francesco,
Nell’articolo ho usato e spiegato il termine “aburattamento”, ma l’aggettivo “raffinata” è di più immediata comprensione. In effetti potevo usare “setacciata” al posto di raffinata, non mi pare però di aver dato una connotazione negativa alla farina “bianca”.
È vero che tecnicamente si parla di raffinazione quando le “impurezze” sono eliminate con un processo chimico, anche nel caso della setacciatura comunque si vuole rimuovere qualcosa che in quella specifica farina non serve.
Grazie per l’attenta segnalazione.