Qualche lettore ci ha chiesto perché ilfattoalimentare.it non tratta il tema dell’Expo 2015. La risposta è semplice, non sapendo se inserire questo argomento nella sezione bufale o pubblicità ingannevole, abbiamo accantonato la questione. Il dilemma non è ancora stato risolto, ma visto che il soggetto continua a rimpallare sui media forse vale la pena spiegare il perché di tanto scetticismo.
Ho iniziato a seguire la vicenda Expo sin dall’inizio nel 2007, cercando di capire il funzionamento di questo grande evento destinato a rivoluzionare il panorama alimentare italiano. Ho partecipato a convegni, ho scritto articoli, ho intervistato molte persone, ho letto dossier che ipotizzavano milioni di visitatori, ho osservato planimetrie, grafici e rendering bellissimi con tunnel sotterranei di 12 km e anche una via d’acqua più o meno simile… Per due anni ho parlato con amici di Slow Food, con aziende alimentari, con docenti dell’Università di Agraria di Milano… Ho ascoltato molte volte Roberto Formigoni, Letizia Moratti e decine di personalità parlare di Expo 2015.
Nel mese di febbraio di due anni fa ho detto basta. Durante un incontro tra i dirigenti di Expo e 200 docenti e ricercatori dell’Università di Agraria veterinaria e altre facoltà milanesi, quando il rappresentante dell’evento più importante degli ultimi anni, ha detto che non disponeva di un euro da destinare a nuovi progetti. «L’Expo – ha spiegato – sarà una vetrina dove potrete presentare le novità. Come dire rimboccatevi le maniche perché noi vi diamo lo spazio e voi ci mettete il resto.»
A questo punto mi sono convinto che l’evento sarebbe stato una grande bufala. Per anni politici e addetti ai lavori hanno parlato di Expo senza avere uno straccio di progetto sul tema dell’evento “Nutrire il mondo. Energia per la vita”. Le poche cose fatte sino ad ora sono una sorta di autostrada intorno a Milano e qualche chilometro di metropolitana, oltre ad avere speso alcuni milioni di euro per le spese correnti.
La situazione attuale è che i soldi non ci sono, le idee nemmeno e nelle riunioni dove si avvicendano amministratori delegati, addetti ai lavori e istituzioni si parla tanto ma non si realizza quasi niente sull’oggetto dell’evento: il cibo.
Forse anche Pisapia non ha capito che il progetto è destinato a trasformarsi in una grande bolla d’aria. Non so se l’Expo si farà. Se tutto procede come sembra alla fine l’evento storico potrebbe trasformarsi in una fiera allargata, come avviene da anni a Milano in occasione della “Fiera del mobile”, dove al posto di divani, sedie e tavoli troveremo prosciutti, formaggi, street food e altri prodotti Dop di altri Paesi. A dispetto dell’evidenza i politici e gli organizzatori parlano ancora di Expo 2015 come di una grande occasione per le imprese italiane. Spero di sbagliarmi e di scrivere presto un articolo dove chiedo scusa ai lettori, ma non riesco a trovare segnali positivi. In questi anni la situazione è molto cambiata. L’entusiasmo iniziale non c’è più ed è rimasto ben poco dei progetti faraonici di Letizia Moratti. Adesso mancano poco più di 1000 giorni all’apertura, ed è ancora tutto in alto mare. L’unica cosa che non è cambiata in questi anni è che i soldi mancavano all’inizio e mancano ancora.
Roberto La Pira
Sito Ufficiale dell’Expo Milano 2015
Foto: Photos.com, Expo2015.org
Non ho ancora smesso di credere, ma è duro! Non solo mancherebbero i soldi, ma nemmeno si pensa a mantenere l’impegno a trattare i temi. Forse solo la Bocconi ha affrontato il tentativo, nel disinteresse totale. Altrettanto Slow Food, ma sento il fondatore deluso. AIC altrettanto fuori, spero in un colpo di coda di FAO e del resto del mondo per affrontare i temi del dibattito al di fuori delle tende, cominciando dai paesi più bisognosi di un supporto, quelli emergenti. Si può dibattere anche in teleconferenza per affrontare la tendenza di pensiero, con pochi soldi. La traccia è aperta: serve a tutto il pianeta dibattere temi e alternative d’indirizzo.
Possiamo cominciare anche da due, o meglio da tre.
Il grosso problema di questa situazione, secondo me, è che non si è capito cosa si vuole fare: da un lato c’è l’intuizione che nel futuro il problema energetico e alimentare creerà davvero dei problemi, dall’altro lato c’è l’esigenza di dare all’Expo una dimensione economica, sia per riprendere i costi di investimento da parte del paese ospitante che per far divenire conveniente alle aziende â