Il nostro viaggio all’interno dell’Expo finisce con i padiglioni del Sud America, che puntano molto sugli effetti scenografici, utilizzati per raccontare se stessi, mentre il tema dell’Expo viene soltanto sfiorato. L’unica eccezione riguarda il Brasile pur con alcune ambiguità.
Il mais è l’elemento intorno a cui ruota simbolicamente il padiglione del Messico, che vuole dare l’idea di un paese moderno ed efficiente, forse per questo motivo presenta in diverse fotografie le immagini di piattaforme petrolifere marine.
L’Argentina si presenta con un padiglione d’atmosfera, con al centro alcuni modelli mobili su immigrazione e agricoltura, mentre sulle pareti ondulate viene proiettato un unico filmato su natura, agricoltura, allevamenti, immigrazione e lotte del popolo argentino.
All’entrata del padiglione, la Colombia si autodefinisce “Naturalmente sostenibile”, perché è un paese sin dall’inizio fortunato, non avendo quattro stagioni ma cinque climi stabili tutto l’anno, a seconda delle diverse regioni. Il padiglione presenta questa peculiarità e finisce con un ascensore virtuale, con cui si attraversano le cinque aree climatiche.
“Discover our revolution” è l’invito che campeggia all’esterno del padiglione dell’Ecuador, che si presenta come “Il paese che ama la vita”. Dopo un’accurata descrizione geografica, con particolari sulla natura e sul clima la visita si conclude con un panorama sugli aspetti socio-politici del paese sudamericano. Anche l’Uruguay propone un racconto analogo, attraverso video proiettati su schermi mobili con braccia robotizzate. Non si discosta da questa impostazione il Cile.
Tra i paesi Latino-Americani, la differenza si avverte nel padiglione del Brasile e non solo per la sua ormai famosa rete sospesa, attraverso cui si può accedere al padiglione e sotto la quale ci sono esemplari di coltivazioni locali. Il Brasile vuole raccontare “come alimentiamo il mondo con le nostre soluzioni”, spiegando che il suo obiettivo è di “consolidare la produzione e moltiplicare la democratizzazione alimentare”. In una lunga vetrina, caratterizzata da veloci video con dati essenziali, vengono illustrati vari aspetti della politica agroalimentare. Ad esempio, il grande potenziale per la produzione di biomassa (bioenergia), dovuto all’abbondanza di luce solare, grandi quantità di terre, terreno di qualità e abbondanti risorse idriche. Non viene affrontato, però, nessun aspetto critico connesso alle coltivazioni di tipo alimentare i cui frutti vengono impiegati per uso energetico.
Altro tema forte della presentazione brasiliana è la coltivazione di mais e soia, che rappresentano l’86% della produzione di cereali. Per la soia viene evidenziato come, tra il 2005 e il 2014, la produzione sia cresciuta del 65%, mentre i terreni coltivati siano aumentati solo del 29%. Lo stesso per il mais, con un +129% di produzione e +30% di terreni. In questa presentazione, non viene detto che nella maggior parte dei casi si tratta di cereali OGM, così come sorprende, al pari dell’Indonesia, un accenno alla foresta amazzonica (che occupa circa il 64% del territorio brasiliano, è la più grande del mondo, ed è oggetto di polemiche per le pratiche di deforestazione, per lasciare spazio a coltivazioni, allevamenti e al commercio del legname). Accorgersi di ciò che non viene detto, però, è difficile, e i visitatori si mostrano interessati e soddisfatti.
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