Cosa sta facendo di concreto l’Europa per combattere le piaghe dell’obesità e del diabete che dilagano nella popolazione e per migliorare l’alimentazione dei cittadini? Ancora non abbastanza. Lo rivela un rapporto dell’Oms, analizzato in un articolo di Cristina Da Rold pubblicato da OggiScienza, che ripubblichiamo con piacere.
La prevalenza di persone in sovrappeso e obese in Europa è aumentata costantemente negli ultimi decenni, fino a raggiungere livelli allarmanti. L’OMS ha stimato che nel 2014 il 58% della popolazione adulta europea era in sovrappeso o obesa. In generale, gli uomini erano più spesso in sovrappeso rispetto alle donne (il 62,5% contro il 53,7%). In questa direzione, nel 2014 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato lo European Food and Nutrition Action Plan 2015–2020, con l’obiettivo di spingere i governi a mettere a punto delle strategie di contenimento dell’obesità, promuovendo stili nutrizionali più sani, a partire dalle scuole.
Dal punto di vista della riduzione della mortalità per malattie croniche del 25% entro il 2025, il documento dell’OMS pone come traguardi: nessuna crescita della prevalenza di diabete e obesità entro il 2025; una riduzione del 30% del consumo di sale entro 2025; una riduzione del 10% dell’inattività fisica entro il 2025; e nessuna crescita della prevalenza di bambini sovrappeso entro il 2025.
Secondo l’OMS sono 4 le direzioni su cui lavorare per raggiungere questi traguardi: fare promozione nei contesti dove le persone si nutrono, per esempio nelle mense scolastiche, promuovere una sana alimentazione a partire dall’infanzia e per tutte le fasi della vita, fare in modo che i sistemi sanitari facciano più promozione in questo senso sui media, e non da ultimo mettere in piedi dei sistemi di monitoraggio efficiente per valutare come queste misure impattano effettivamente sulla salute della popolazione.
Il risultato però, a tre anni dall’avvio del piano d’azione non è dei più confortanti, come emerge da un rapporto pubblicato sempre dall’OMS in queste settimane. Sono pochi infatti i paesi che attualmente hanno elaborato strategie in questa direzione. Se da una parte sono stati compiuti dei progressi negli ultimi anni nella messa a punto di regimi alimentari più sani nelle scuole per combattere l’obesità infantile, non abbiamo ancora fatto abbastanza riguardo per esempio alle etichette, nel rendere più chiaro che cosa contiene ogni alimento che consumiamo. Inoltre, pochissimi sono i paesi che hanno messo in atto politiche mirate per ridurre la presenza e il consumo di nutrienti ritenuti non salutari come sale, zuccheri e soprattutto acidi grassi trans.
La buona notizia è che su 49 paesi esaminati l’88% ha elaborato delle linee guida precise per assicurare che il cibo che arriva nelle scuole sia conforme a determinati standard igienici e nutrizionali. Tuttavia, solo in poco più della metà dei paesi si va oltre l’aver stilato dei menu più sani. Circa metà dei paesi offre per esempio corsi su una corretta nutrizione a ragazzi o a insegnanti, oppure linee guida su quanta frutta e verdura o quanti latticini è bene consumare settimanalmente. Solo una scuola su 3 in media offre frutta e verdura fresche. Per non parlare del junk food: solo il 23% dei paesi esaminati ha eliminato i distributori automatici dalle scuole, e il 54% di essi prevede la presenza di acqua potabile gratuita. Anche riguardo all’attività fisica le cose potrebbero andare meglio: solo 7 paesi su 10 offrono corsi di educazione fisica curricolare obbligatoria, e solo una scuola su 4 ha aree verdi dove i bambini possono muoversi liberamente.
Ancora più stagnante la questione delle etichette. Solo un paese su 3 prevede l’obbligo di applicare etichette user friendly, con colori e simboli, andando oltre la lista degli ingredienti, e l’Italia non è fra questi. E in ogni caso il punto fondamentale è che ancora in troppi paesi non è obbligatorio segnalare la presenza di alcuni nutrienti che invece dovrebbero essere mostrati in quanto non salutari. In solo il 6% dei paesi vige l’obbligo per esempio di indicare la quantità di acidi grassi trans, che invece secondo l’OMS andrebbero ridotti drasticamente, e solo nel 65% dei paesi è obbligatorio indicare quanto sale è presente nell’alimento.
L’82% dei paesi esaminati ha riferito di condurre campagne mediatiche per promuovere diete più sane, ma se si guarda agli specifici obiettivi si tratta di sforzi a macchia di leopardo. Gli obiettivi delle campagne mediatiche consistevano solitamente nel sensibilizzare in merito a come modificare la propria dieta in modo più salutare, aumentando per esempio il consumo di frutta e verdura (se ne è occupato il 37% dei paesi). Solo il 39% degli intervistati ha dichiarato invece di aver elaborato piani di comunicazione anche sugli effetti sulla salute di un elevato consumo di grassi, zuccheri e sale. Molto più di rado invece si forniscono informazioni sull’uso delle etichette nutrizionali (solo nel 22% dei casi), su come interpretare le indicazioni nutrizionali e sulla salute (nel 16% dei casi) o su come controllare le dimensioni delle porzioni (16% dei casi).
Ma soprattutto a colpire è lo scarso utilizzo dei media nell’attuazione di queste campagne. Solo un paese su 3 ha messo in atto campagne sui social media o più genericamente sul web, solo l’8% di essi ha elaborato app per promuovere le buone pratiche alimentari.
In un contesto in cui il 58% della popolazione adulta europea è in sovrappeso o obesa, con una prevalenza di obesità infantile al 30%, e dove il numero di persone con diabete sta aumentando, dobbiamo sicuramente fare di più.
Cristina Da Rold – da OggiScienza
[sostieni]
Non si vedono risultati apprezzabili perché non si è ancora capito cosa sia davvero un’alimentazione sana.
Non basta eliminare merendine, bibite gassate e mangiare bio. Bisogna passare a un’alimentazione vegetale. L’unica adatta all’essere umano.
Prima lo capiremo e prima staremo meglio noi, il pianeta e ovviamente gli animali.
Sostenere che l’alimentazione vegetale è l’unica adatta al genere umano è forse una forzatura
A mio parere, l’unica cosa che non abbiamo veramente ancora compreso, è la soggettività della nutrizione.
Ogni principio generale, qualunque sia, è giusto e sbagliato contemporaneamente se non verificato dalle caratteristiche, condizioni ed esigenze personali.