Giovane donna esamina l'etichetta di uno yogurt da bere, kefir o latte davanti al banco frigo di un supermercato; concept: etichette

C’è molto da fare per rendere più chiare le etichette alimentari e per far sì che possano informare meglio i consumatori riguardo le caratteristiche e gli impatti sulla salute. E, soprattutto, per far sì che possano comunicare in modo chiaro e trasparente in modo che i consumatori possano acquistare un prodotto descritto in modo eticamente corretto. Ne sono convinti Paolo Fantozzi, tecnologo alimentare dell’Università degli Studi di Perugia, e Silvio Garattini, farmacologo dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri-IRCCS, che al tema hanno dedicato un opinion paper pubblicato sull’ Italian Journal of Food Science, la rivista ufficiale della Società Italiana di Scienze e Tecnologie Alimentari (SISTAL).

Lo studio sulle etichette alimentari

In quest’analisi i due esperti presentano le situazioni più problematiche, dove la mancanza, l’abbondanza e la complessità delle normative (ma anche le interpretazioni soggettive) vengono spesso sfruttate (involontariamente o intenzionalmente) per indurre in errore i consumatori e poiché “la scorretta interpretazione delle etichette può comportare potenziali rischi per la salute e il benessere dei consumatori”.
Fantozzi e Garattini propongono anche le possibili soluzioni alle criticità che hanno individuato, “inviando” alcune precise raccomandazioni alle istituzioni e alle imprese coinvolte nella produzione e nella pubblicità di prodotti alimentari e integratori. Vediamole in dettaglio.

Gli additivi

Chiamare gli additivi con “nome e cognome” (anche sulle bevande senza zuccheri). Secondo le normative Ue ci sono due modi per indicare sulle etichette la presenza di un additivo in un alimento o una bevanda. Scrivere il nome per esteso oppure indicarlo con la sigla ufficiale (la lettera E seguita da un numero di 3 cifre). Questa seconda soluzione è la più usata, ma è anche più difficile da interpretare per un consumatore. Per questo gli autori suggeriscono all’Ue di modificare le norme e obbligare i produttori a elencare gli additivi con il nome esteso in modo da poterli identificare immediatamente aiutandoli a capire meglio le caratteristiche del prodotto.

Donna con occhiali esamina l'etichetta di un sacchetti di insalata. etichette alimentari
La scorretta interpretazione delle etichette può comportare potenziali rischi per la salute

Un caso emblematico è quello delle bibite a basso contenuto o prive di zuccheri naturali, una categoria in crescita e su cui le aziende stanno investendo molto. Nella formulazione delle bevande vengono usati gli edulcoranti che comprendono un’ampia famiglia di additivi. Ma i consumatori dispongono di informazioni insufficienti o poco chiare in merito agli effetti della sostituzione parziale o totale degli zuccheri naturali.
“Alcuni di questi additivi – si legge nell’articolo – possono comportare rischi per la salute a seconda della concentrazione e del consumo complessivo. Pertanto, riteniamo che siano necessarie informazioni più dettagliate sulle etichette e sulla pubblicità relative a queste sostanze”. La raccomandazione è di specificare i dolcificanti per nome piuttosto che utilizzare i numeri E, consentendo una migliore informazione.

Gli alimenti “senza”

Evitare i claim “senza glutine” e “senza lattosio” nei prodotti che ne sono naturalmente privi. Tra supermercati e ipermercati ci sono quasi 11mila prodotti confezionati che specificano in etichetta l’assenza di un allergene, in particolare glutine e lattosio, come rileva l’Osservatorio Immagino. Questi claim sono talvolta presenti anche su alimenti che ne sono naturalmente privi, come i legumi, l’acqua minerale o le uova. Occorre limitare le indicazioni “senza glutine” e “senza lattosio” solo ai prodotti dietetici, che all’interno dei punti vendita andrebbero posizionati su scaffali dedicati e separati da quelli degli alimenti comuni.
Queste informazioni possono essere utili ma potrebbero risultare fuorvianti. Il rischio è proporre alimenti privi di glutine o lattosio come una scelta più salutare, generando un senso di diffidenza verso i prodotti che li contengono. Gli autori non sono d’accordo con le proposte di evitare il consumo di prodotti contenenti lattosio per le persone che non hanno problemi a tollerarlo perché è probabile che questo possa portare a un aumento dell’intolleranza al lattosio, soprattutto se suggerito o proposto a bambini e adolescenti.

Integratori o medicinali?

Distinguere in etichetta gli integratori dai medicinali. Siamo i maggiori acquirenti europei di integratori alimentari: per comprarli spendiamo quasi 5 miliardi di euro l’anno, convinti della loro utilità. In realtà “non ci sono dati scientifici obiettivi a sostegno dei benefici degli integratori alimentari e l’eccessiva pubblicità li promuove in modo spesso improprio, presentandoli come ‘utili’ addirittura per diverse patologie senza indicare chiaramente che non sono farmaci. E così inducendo indirettamente, ma erroneamente il consumatore a considerarli come tali” sottolineano Fantozzi e Garattini.
L’equivoco è facilitato anche da spot in cui le avvertenze di legge passano troppo in fretta per essere lette o comprese.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com

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Gianni
Gianni
20 Maggio 2025 19:13

“Evitare i claim “senza glutine” e “senza lattosio” nei prodotti che ne sono naturalmente privi”

Dove si firma?

Roberto Pinton
Roberto Pinton
Reply to  Gianni
21 Maggio 2025 20:01

In realtà le disposizioni vigenti già lo prevedono. Il reg. UE 1169/2011 all’art.7 (Pratiche leali d’informazione) indica che

1. Le informazioni sugli alimenti non inducono in errore, in particolare:
(…)
c) suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive.

Il decreto legislativo 15 dicembre 2017 , n. 231 (Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento UE n. 1169/2011) all’art. 3 (Violazione delle pratiche leali di informazione di cui all’articolo 7 del regolamento) prevede che la violazione comporti per l’operatore l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 3.000 euro a 24.000 euro.
Alla fine, la sanzione è di 6.000 euro (con eventuali ulteriori riduzioni per pagamento tempestivo e in caso di microimprese).

Giuseppe
Giuseppe
Reply to  Roberto Pinton
5 Giugno 2025 14:55

Sempre leggi altisonanti a sfavore del cittadino!

Ezio
Ezio
24 Maggio 2025 12:07

“non ci sono dati scientifici obiettivi a sostegno dei benefici degli integratori alimentari e l’eccessiva pubblicità li promuove in modo spesso improprio, presentandoli come ‘utili’ addirittura per diverse patologie senza indicare chiaramente che non sono farmaci. E così inducendo indirettamente, ma erroneamente il consumatore a considerarli come tali”
Tutto vero ma non corretto, perché dire che non ci sono studi scientifici obiettivi… non significa che sono inutili, ma nella maggioranza dei casi dimostra solamente che non si sono fatti studi scientifici perché troppo costosi per sostanze che spesso sono estratti naturali e quindi non brevettabili dai produttori di farmaci, così come avviene purtroppo per la ricerca sulle malattie rare e/o poco diffuse.
E’ prevalentamente una questione economica più che scientifica ed i farmacologi lo sanno benissimo.

Roberto La Pira
Reply to  Ezio
24 Maggio 2025 12:46

I prezzi di vendita degli integratori però possono essere equiparati a quelle dei farmaci e non essendoci dietro studi scientifici sono del tutto ingiustificati

stever
stever
24 Maggio 2025 13:01

Aggiungerei che le etichette devono fornire l’elenco degli ingredienti scritto in maniera leggibile, troppo spesso sono in caratteri poco legibili

Alessandro
Alessandro
26 Maggio 2025 08:09

Per quel che riguarda le sigle degli additivi, in attesa di una etichetta più leggibile, si potrebbe chiedere ai supermercati/negozi di esporre una legenda in ogni corsia.

Roberto Odoardi
Roberto Odoardi
5 Giugno 2025 10:00

Il vostro articolo è chiaro ma occorre anche indicare ai lettori una o più pubblicazioni che illustrino in maniera completa il mondo dei prodotti alimentari e integratori in vendita in farmacia, nei negozi e supermercati interessati soprattutto ai loro profitti.

Giuseppe
Giuseppe
5 Giugno 2025 14:53

LUNGA LA STRADA STRETTA LA VIA!!!! David ce la fece con Golia ma con le varie lobby e’ pressoché una guerra persa, forse si vince qualche battaglia grazie anche a voi. L’esempio degli “E” al posto del comune parlare e’ chiaramente una scappatoia legalizzata per evitare che le persone non comprino la chimica al posto di materie più salutari. Io vado sempre ad informarmi su internet su cosa nascondono quei numeri e evito accuratamente quei prodotti ma quanti vanno al supermercato con il cellulare pronto a svelare gli inghippi? E per rimanere sul caso delle informazioni mascherate ma legali avrete senz’altro notato nelle pubblicità di auto su TV quelle minuscole scritte che appaiono per pochi secondi: in quanti fanno a tempo a leggerle? Io ho bloccato lo schermo e dotato di lente d’ingrandimento ho provato a leggerle….ebbene spesso nascondono le reali importanti clausole che non ti dicono quando magnificano il prodotto! Tutto legale? Certo le lobby sono riuscite a far approvare simili nefandezze!

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