Allevatore cammina tenendo in mano un fusto di metallo accanto a vacche da latte in un allevamento; concept: mucche, bovine da latte

Per contrastare la crisi climatica c’è chi suggerisce di dire addio al latte e ai suoi derivati, preferendo opzioni vegetali, per ridurre il numero di bovini allevati. Ma anche se questo scenario fosse realizzabile in tempi brevi, sarebbe davvero utile al pianeta? La domanda se la sono posta i ricercatori del Virgina Tech e dello US Dairy Forage Research Center, che hanno prefigurato tre possibili situazioni nelle quali il consumo di latte potrebbe scomparire dalle abitudini degli americani. 

Come riportato in uno studio supportato da Dairy Management Inc, associazione americana dell’industria casearia, e pubblicato sul Journal of Dairy Science (pubblicazione dell’American Dairy Association), nel primo scenario, chiamato Depopulation (spopolamento degli allevamenti), hanno immaginato che tutti i consumatori americani smettessero di acquistare latte e derivati, causando lo svuotamento delle stalle di vacche da latte. Nel secondo, chiamato Current Management (gestione attuale), hanno teorizzato che tutto il latte e i derivati, a parità di produzione, fossero esportati o utilizzati per impieghi diversi dall’alimentazione umana. Nel terzo, ribattezzato Retirement (pensionamento), hanno immaginato che i bovini fossero tutti mandati ai pascoli, e che il loro numero fosse adeguato solo ai pascoli disponibili (eliminando quindi i mega allevamenti).

bere latte
Lo studio ha valutato l’impatto sulle emissioni e sulla salute che avrebbe l’eliminazione di latte e derivati dalla dieta degli americani

Quindi, per ciascuno dei tre scenari, gli autori hanno considerato quattro possibili nuove destinazioni dei terreni liberati dalla filiera (tra cui colture per l’alimentazione umana), e poi hanno fatto i conti relativi agli inquinanti climatici e agli elementi nutritivi nella dieta media, prendendone in considerazione 39. Hanno così scoperto che la rinuncia al latte non sarebbe una soluzione adeguata, perché impoverirebbe molto l’alimentazione, senza apportare benefici significativi al clima.

Infatti, con l’approccio Current Management, come atteso, non ci sarebbe alcun effetto positivo sul clima, e ce ne sarebbero di negativi sull’apporto nutrizionale. Con quello del Retirement ci sarebbe un calo dell’11,97% delle emissioni ma una riduzione sensibile di tutti e 39 i nutrienti misurati, mentre con quello della Depopulation la diminuzione delle emissioni sarebbe pari al 7,2%. I nutrienti, in questo caso, aumenterebbero in 30 casi su 39, ma quelli più importanti come il calcio e le vitamine diminuirebbero. In media, le emissioni scenderebbero dello 0,7%, a fronte di una significativa perdita di fattori preziosi per l’organismo umano.

L’industria casearia, negli Stati Uniti, contribuisce per l’1,58% alle emissioni inquinanti. Ma al tempo stesso produce alimenti che forniscono il quantitativo necessario di proteine a 169 milioni di persone, di calcio a 245 milioni e di calorie a 72,1 milioni di cittadini. Anche per quanti riguarda le vitamine, il latte e i formaggi forniscono il 39% della A, il 54% della D, il 47% della riboflavina, il 57% della B12 e il 29% della colina. A questi vanno poi aggiunti gli acidi grassi positivi per la salute come il linoleico, e naturalmente il calcio. Eliminando latte e derivati, secondo questo studio, si dovrebbero quindi trovare fonti altrettanto efficienti e meno inquinanti. Un traguardo che, al momento, non sembra in vista.

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Max
Max
26 Ottobre 2020 15:09

L’associazione casearia che fa una ricerca sull’ultilità dei formaggi e del latte, come chiedere alla Beretta di fare una ricerca sull’ultiità della caccia…..

Cristina
Cristina
Reply to  Max
21 Novembre 2020 10:30

Bravissimo. Dovrebbero essere presi in considerazione solo seri studi veramente indipendenti.

GIANLUCA
GIANLUCA
Reply to  Max
21 Novembre 2020 10:35

Giusto, è la prima cosa che balza agli occhi. Chiaramente in questa ricerca c’è un conflitto di interessi.

Caci8aro
Caci8aro
26 Ottobre 2020 18:40

Qualsiasi cosa destinata all’alimentazione/uso di 8 miliardi di persone si può trovare che sia dannosa al pianeta in qualche modo.
Finchè tutti i governi fanno finta di ignorare che la madre di tutti i problemi è l’eccessiva popolazione umana (come mai si era verificato prima del 1900, circa), non si risolverà mai nulla ma si metteranno solo pezze qua e là.

Wanda
Wanda
Reply to  Caci8aro
21 Novembre 2020 13:46

Hai ragione, anche se pochi lo dicono. Qualcuno ha previsto una riduzione della popolazione di circa 1 miliardo, ma fra 100 anni. Nel frattempo facciamo gli scongiuri.

Stefania
Stefania
26 Ottobre 2020 19:12

Uno studio a favore dell’industria casearia finanziato dalla stessa industria casearia?

Giovanni Gozzi
Giovanni Gozzi
27 Ottobre 2020 08:56

Bene: lo facciano un gruppo di scienziati vegani così siamo sicuri di avere due studi entrambi più o meno sbagliati.
Comunque sempre sbagliati, più o meno.

Vanda Umari
Vanda Umari
21 Novembre 2020 08:55

Mi chiedo se a qualcuno sia venuto in mente anche di pensare agli animali (fonte indispensabile per latte e formaggio), al loro benessere oltre a quello umano e dell’ambiente.

Cristina
Cristina
21 Novembre 2020 10:34

Ma siete seri? Uno studio sui latticini e il loro impatto su salute e pianeta, finanziato e condotto dagli interessati al dairy food? No comment

GIANLUCA
GIANLUCA
21 Novembre 2020 10:47

Io credo che la sostenibilità di una attività, intesa come impatto ambientale, sia da ricercare nelle quantità assolute di produttività, sulle quali va ricercato e programmato un limite, e nella ricerca della qualità, non solo della materia prima ma in tutto il sistema produttivo e nella filiera, eliminando o riducendo i materiali inquinanti come plastiche e materiali chimici.

Luciana
Luciana
22 Novembre 2020 10:27

conflitto di interesse?

->La domanda se la sono posta i ricercatori del Virgina Tech e dello US Dairy Forage Research Center

->Come riportato in uno studio supportato da Dairy Management Inc, associazione americana dell’industria casearia, e pubblicato sul Journal of Dairy Science (pubblicazione dell’American Dairy Association),

questi studi vanno accreditati solo se condotti da ricercatori indipendenti