L’Italia è il paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti pari al 79% con un’incidenza più che doppia rispetto alla media UE e ben superiore a tutti gli altri grandi paesi (la Francia è al 56%, il Regno Unito al 50%, la Germania al 43%). Non solo. L’Italia è anche uno dei pochi paesi europei che dal 2010 al 2018 – nonostante un tasso di riciclo già elevato – ha comunque migliorato le sue prestazioni (+8,7%).
Nel riciclo industriale delle cosiddette frazioni riciclabili classiche (acciaio, alluminio, carta, vetro, plastica, legno, tessili) è il paese con la maggiore capacità di riciclo anche in valore assoluto, superiore alla stessa Germania. Nonostante ciò l’Italia è un importatore di materie prime secondarie ed ha esportazioni molto contenute sia di plastiche che di carta. L’intera filiera del riciclo in termini economici ed occupazionali, vale complessivamente oltre 70 miliardi di euro di fatturato, 14,2 miliardi di valore aggiunto e può contare su oltre 213.000 occupati.
Il sistema cartario è uno dei settori industriali leader nell’economia circolare, nell’uso di risorse rinnovabili e nella capacità di riciclo come raccontano nel dossier “L’economia circolare italiana per il Next Generation EU” realizzato da Fondazione Symbola e Comieco. La filiera genera un fatturato di circa 25 miliardi di euro, pari all’1,4% del Più nazionale, occupa circa 200.000 addetti diretti e con un tasso di circolarità medio pari al 57%, rappresenta uno dei settori leader dell’economia circolare in Italia (la fibra vergine rappresenta solo il 33% della materia prima impiegata). Un risultato raggiunto anche grazie ad alti livelli di recupero della carta e cartone, ben oltre 5 milioni di tonnellate.
Il recupero e il riciclo della materia secondarie recuperate dalla differenziazione di rottami, maceri, rifiuti recuperati post-produzione o post-consumo riveste un ruolo fondamentale per l’industria manifatturiera nazionale. Se guardiamo all’insieme delle produzioni siderurgiche e metallurgiche scopriamo ad esempio che la quota di materia prima secondaria supera il 90%. Crescente e talora dominante è anche il ricorso a materia prima secondaria nella produzione cartaria, vetraria, plastica e in alcuni settori dell’arredamento.
L’alta percentuale di riciclo è decisiva dal punto di vista della sostenibilità ambientale non solo per la riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire e per la riduzione dei consumi di materie prime. È molto rilevante anche perché – attraverso l’impiego di materia già trasformata – determina consistenti risparmi nel consumo di energia e conseguentemente nelle emissioni climalteranti. Un corretto risparmio di materia prima e un innalzamento sensibile dell’uso di materia prima secondaria può concorrere al raffreddamento globale del pianeta.
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E’ una gran bella notizia, magari dovrebbero leggerlo anche quei comuni che avevano promesso mari e monti per incentivare la differenziata e che invece ogni anno ritoccano all’insu’ la tariffa … .
Sarebbe interessante anche sapere le varie percentuali in base alla dimensione cittadina; ho l’impressione che le grandi citta’ sprechino di piu’ rispetto alle piccole realta’.
Se dovessi prendere ad esempio la mia città avrei seri dubbi sull’attendibilità dei dati.
Sulla carta, primi in Europa, che bello.
Poi apri la tv e scopri che nella realtà i fanghi industriali tossici si “riciclano” concimandoci i campi, non già nell’infingardo mafiosissimo nullafacente Sud Terra Dei Fuochi Terundemerda, ma nell’esemplare onestissimo ingegnoso industrioso sanissimo Nord dei Capanòni e delle Fabrichète e dei Lavuràdur.
E non una qualche quintalata, sparsa di notte con pala e carriola, ma 150.000 tonnellate, cioè un 5.000 TIR belli carichi che tranquillamente alla luce del sole inquinavano una dozzina di province piemontesi e lombarde.