fragole frutta

biologicoSe tutti gli abitanti del pianeta volessero e potessero seguire una dieta sana, non ci sarebbero abbastanza frutta e verdura per tutti. Lo rileva una ricerca dell’Università canadese di Guelph, pubblicata dalla rivista PLOS ONE, che evidenzia l’enorme discrepanza esistente tra la produzione agricola globale e le raccomandazioni dei nutrizionisti. Infatti, l’attuale sistema globale sovrapproduce cereali, grassi e zuccheri, mentre la produzione di frutta e verdura e, in misura minore, di proteine ​​non è sufficiente per soddisfare i bisogni nutrizionali della popolazione attuale.

Infatti, attualmente produciamo 12 porzioni di cereali per persona invece delle otto consigliate; cinque porzioni di frutta e verdura invece di 15; tre porzioni di olio e grasso invece di una; tre porzioni di proteine ​​invece di cinque; quattro porzioni di zucchero invece di nessuna.(*)

Lo studio rileva che l’adozione di una dieta più nutriente non fa bene solo alla salute delle persone ma è positiva anche per il pianeta, perché richiede minori quantità di terra necessaria per nutrire una popolazione in crescita. Infatti, spostare la produzione per adeguarsi alle linee guida alimentari richiederebbe 50 milioni di ettari in meno di terra arabile, perché frutta e verdura richiedono meno terra da coltivare rispetto a cereali, zucchero e grassi. Ma per raggiungere questa diminuzione, i consumatori dovrebbero mangiare meno carne e il settore agroalimentare dovrebbe produrre più proteine ​​vegetali.

I ricercatori hanno poi fatto una proiezione al 2050, quando la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere i 9,8 miliardi di persone, calcolando che, in assenza di cambiamenti nell’attuale regime alimentare, saranno necessari 12 milioni di ettari in più di terra arabile e almeno un miliardo di ettari in più di pascoli.

(*) Nota:

Le porzioni utilizzate sono base sulle Linee guida per una buona alimentazione canadesi, spesso basate sui volumi (tazze e cucchiai) e poco sulle grammature. Per esempio una porzione di cereali corrisponde a una fetta di pane o mezza tazza di riso e pasta, una di frutta e verdura corrisponde a mezza tazza, mentre una porzione di proteine è pari 75 grammi di carne o pesce oppure 2 uova oppure tre quarti di tazza di legumi.

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Roberto Pinton
Roberto Pinton
12 Novembre 2018 13:52

Non ho ancora letto lo studio. Dato che l’enorme maggioranza delle produzioni di cereali, ancora cereali (lo sciroppo di glucosio da lì deriva) e di semi oleosi non è a coltura perenne, ma è annuale, la constatazione che in un annata d’indagine c’è squilibrio tra produzione consumo auspicabile vale per il periodo in cui si è scattata la fotografia. Molto poco impedirebbe di convertire le produzioni “squilibate” in produzioni “equilibrate”. In sostanza il nodo è molto poco agronomico, ma di domanda.

ezio
ezio
12 Novembre 2018 20:44

Solitamente l’offerta si adegua alla domanda e aggiorna le produzioni.
Preoccupiamoci maggiormente di educare la domanda di una giusta e buona alimentazione.

Paolo
Paolo
12 Novembre 2018 21:07

Sarebbe bello conoscere chi ha pagato lo studio….ma sospetto che non sarà divulgato il committente!

Roberto Pinton
Roberto Pinton
13 Novembre 2018 13:35

I finanziatori sono regolarmente indicati, come per prassi, vedere l’articolo.

Oliver Haag
14 Novembre 2018 01:31

Sono spiacente, ma ho la netta impressione che lo studio citato non sia stato compreso appieno,
almeno a giudicare dal titolo di questo articolo. Se non fosse così sembrerebbe uno specchio per le allodole o quantomeno tendenzioso, esprimendo il concetto che non vi siano risorse sufficienti per mangiare sano e suggerendo implicitamente di rassegnarsi a una dieta sbilanciata. E’ questo il senso della ricerca? Mi pare di no.
L’ho letta per intero: il vero punto della questione parrebbe molto più essere l’insostenibilità dei consumi alimentari dei paesi occidentali, basati in larga parte su proteine di origine animale, sia per via delle emissioni climalteranti collegate agli allevamenti, sia per le nuove estensioni di terreno coltivabile o destinato a pascolo che sarebbero necessarie se i consumi della crescente popolazione mondiale non si spostassero o rimanessero su diete prevalentemente a base vegetale.

Che sia necessario aumentare e migliorare la produzione e le rese delle coltivazioni di frutta e verdura è solo un aspetto tecnico, ma certamente non è il vero problema.

Inoltre non credo sia sufficiente aspettarsi che sia la domanda dei consumatori a trasformare l’offerta (la produzione alimentare in questo caso), come ipotizzato nei commenti precedenti. Servono politiche responsabili e lungimiranti a livello globale, e questo genere di ricerche dovrebbe far suonare l’allarme rosso nei palazzi governativi: se andiamo avanti con i paraocchi dell’insostenibilità ci schianteremo contro il muro di un pianeta limitato.

Ezio
Ezio
15 Novembre 2018 13:41

Concordo con l’osservazione di Oliver sulla discrepanza tra titolo e senso dell’articolo, in quanto il messaggio è indirizzato all’auspicio di migliorare una dieta (prevalentemente occidentale) basata su amidi, carne, grassi e zuccheri, a favore dei vegetali con un’ipotesi paventata nel titolo.
Il fatto che possa essere insufficiente per sfamare il mondo, non mi trova d’accordo perché è solo un’ipotesi teorica, in quanto la diversità delle abitudini alimentari mondiali e quindi la domanda di alimenti, sarà sempre variegata e tale da orientare preventivamente le colture, gli allevamenti e le preparazioni alimentari.

Emanuele
22 Novembre 2018 14:45

Ho letto velocemente lo studio e non ho capito se sono stati presi in considerazione gli spazi destinati alle coltivazioni agricole per uso animale, dalla scorsa veloce che ho dato e da quanto si dice in questo articolo mi sembra di no. Questo può cambiare di molto la facilità nel trovare spazi aggiuntivi per le coltivazioni di frutta e verdura dato che le coltivazioni per alimentazione animale sono di gran lunga le più impattanti sul pianeta. Già solo dimezzando quelle coltivazioni (e quindi consumando meno carne) si ricaverebbero immensi spazi per l’uso umano. Se poi a questo si unisce, come dicono lo studio e l’articolo, una conversione degli attuali spazi destinati all’alimentazione umana tenendo conto di una dieta più sana, si otterrebbe un beneficio ancora maggiore.
Per chi non l’avesse ancora visto consiglio la visione del film “Cowspiracy” del 2015 per capire meglio quali sono gli impatti delle coltivazioni per animali sul pianeta.

Valeria Nardi
Reply to  Emanuele
22 Novembre 2018 14:51

Avevamo recensito il film-documentario qui: https://ilfattoalimentare.it/cowspiracy-allevamenti-intensivi.html

Emanuele
Reply to  Emanuele
22 Novembre 2018 15:07

Grazie Valeria, non sapevo l’aveste recensito, così chi vuole può approfondire.

giovanni
giovanni
27 Novembre 2018 08:48

Il titolo è fuorviante! Se ci si ferma a quello il senso che ne deriva è l’opposto!!