Diversi formati di pasta su un tavolo di legno

Negli Stati Uniti la pasta italiana rischia di subire dazi record. Alla tariffa già in vigore del 15%, da gennaio potrebbe aggiungersi un nuovo dazio antidumping del 91,74%, per un totale di oltre il 107% (il  dumping è, per definizione, la vendita all’estero a un prezzo inferiore a quello praticato sul mercato interno o al costo di produzione). Una misura che, se confermata, raddoppierebbe di fatto i prezzi al consumo e penalizzerebbe pesantemente le esportazioni italiane. L’accusa di dumping nasce da un’indagine del Dipartimento del Commercio americano, avviata su richiesta di aziende concorrenti statunitensi. Si tratta di un’accusa insostenibile e falsa. Gli americani hanno preso come campione solo due aziende italiane – La Molisana e Garofalo – e, sulla base dei loro dati hanno calcolato un margine di dumping “preliminare” del 91,74%, esteso poi a tutti gli altri produttori italiani.

Un sistema di calcolo bizzarro e protezionista

Il meccanismo è sempre lo stesso: si scelgono poche aziende campione, si confrontano listini non sempre omogenei e si costruiscono margini di dumping che, nella realtà, non esistono. È un modo per proteggere i produttori statunitensi e alzare barriere all’importazione, più che una misura basata su dati concreti. La conseguenza rischia di essere devastante: con dazi oltre il 100%, la pasta italiana diventerebbe un prodotto di lusso negli Stati Uniti, riducendo drasticamente i volumi di esportazione e colpendo una delle filiere più simboliche del made in Italy agroalimentare.

pasta spaghetti carboidrati
Le accuse di dumping rivolta alle aziende italiane di pasta è frutto di immaginazione

Prezzi al dettaglio: negli USA la pasta costa il doppio

Abbiamo provato a fare dei calcoli considerando i prezzi nei supermercati italiani e americani. Osservando i numeri emerge in modo sin troppo evidente quanto sia infondata l’accusa di dumping. La pasta La Molisana in Italia è venduta intorno a 2,8 €/kg, mentre negli USA ne può costare 6 in catene come Mariano’s e fino a 10 €/kg nei canali mainstream. Arriva a 20 €/kg online. La pasta Garofalo in Italia costa circa 3,0 €/kg, mentre negli USA si vende a 3,5 €/kg ma solo in catene come Costco che importano direttamente. Negli altri supermercati costa circa 6,0 €/kg  mentre nei negozi gourmet arriva a 10. In nessun caso la pasta italiana risulta venduta a prezzi inferiori rispetto al nostro mercato. Al contrario, il consumatore americano paga molto di più.

Anche i prezzi ai grossisti smentiscono il dumping

Il Dipartimento del Commercio americano però non prende in considerazione i prezzi sugli scaffali, ma quelli praticati dalle aziende italiane ai distributori (ex-factory). Eppure, anche su questo piano i conti non tornano. In Italia, i pastifici vendono agli operatori della distribuzione a prezzi inferiori al retail (circa 1–1,5 €/kg per La Molisana, 1,8 €/kg per Garofalo). Per i lotti esportati negli Stati Uniti, i prezzi crescono inevitabilmente perché bisogna aggiungere costi di trasporto, logistica, assicurazioni, dazi e rischi che incidono per lo meno di 0,5 euro al chilo.

Se i dati reali mostrano che la pasta italiana costa di più sia al consumatore americano sia al distributore, vuol dire che i margini di dumping calcolati dagli USA non riflettono il mercato ma piuttosto un metodo contabile discutibile. La questione è importante perché il mercato della pasta esportata negli USA nel 2024 vale 800 milioni e se in gennaio entreranno in vigore i dazi come dice Trump buona il mercato crollerà.

pasta spaghetti
Se verranno adottati i nuovi dazi le esportazioni di pasta italiana crolleranno

Forse è ora di ripensare i rapporti commerciali

L’effetto è puramente protezionistico: un dazio del 107% rende la pasta italiana di fatto inaccessibile, a totale vantaggio dei produttori locali negli USA e i gruppi italiani che hanno delocalizzato la produzione, eliminando la concorrenza di alta qualità che esporta. Le marche interessate sono oltre a La Molisana, Garofalo, Rummo,  De Cecco, Granoro, Divella. Poi ci sono marchi di nicchia e gourmet come: Martelli, Rustichella d’Abruzzo, Cav. Giuseppe Cocco, Benedetto Cavalieri, La Fabbrica della Pasta di Gragnano, De Matteis, Andalini, Casa Milo. Barilla che è il principale marchio italiano presente negli States è interessata solo in parte, perché ha dei pastifici in loco e quella pasta non sarebbe sottoposta a dazi.

Alla luce di queste decisioni arbitrarie, sorge spontanea una domanda: perché continuare ad importare prodotti alimentari americani senza porre questioni simmetriche? Viste le accuse del tuto infondate forse l’Europa e ancor più l’Italia dovrebbe iniziare a considerare contromisure. In Danimarca Salling Group, il più grande gruppo della grande distribuzione del Paese con oltre 1.400 punti vendita con le sue insegne Bilka, føtex e Netto, ha deciso di aiutare consumatrici e consumatori che non vogliono comprare prodotti americani aggiungendo una stella sul cartellino dei prodotti di marchi europei. Trovare alternative ai brand statunitensi così diventa semplice e immediato.

stella cartellino Salling Group

Come trovare alternative europee

Per chi non ha la fortuna di vivere in Danimarca, esistono siti, come Go European, e app, come BuyEuropean, che permettono di sapere il Paese di provenienza di un marchio e suggeriscono alternative europee. Per chi poi vuole scegliere solo prodotti italiani le alternative sono tante. La Coca-Cola può essere sostituita con l’italianissima MoleCola, Polara, Paoletti, Lurisia. Le salse Heinz con quelle Calvé di proprietà della multinazionale britannica Unilever oppure le italiane Orco e Biffi. Le patatine Lay’s con San Carlo, Pata e Amica Chips. I corn flakes Kellogg’s con i Fitness Nestlé della multinazionale svizzera, ma ciò sono anche i marchi Baule Volante. O meglio ancora, si possono sostituire questi prodotti con alternative più sane e meno ultra processate. Per quanto riguarda, invece, le catene di fast food, come McDonald’s, Burger King e KFC, Pizza Hut ci si può rivolgere a catene di locali come Roadhouse, La Piadineria, CapaToast o L’Antico Vinaio. Una buona alternativa a Starbucks può essere infine la catena di caffetterie italiane come 12oz Coffee.

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luigiR
luigiR
6 Ottobre 2025 15:31

l’Europa non credo che si spingerà a prendere contromisure commerciali verso gli USA, per paura di ripercussioni sulla partecipazione agli accordi NATO, specialmente in questi tempi di guerre che soffiano minacciose i loro venti a poca distanza da noi…

Tonino Riccardi
Tonino Riccardi
6 Ottobre 2025 19:23

Trump non sa neanche da che parte sta’ l’economia. Spara cifre s caso convinto di “salvare” gli USA e rovina i poveri che, non si sa perché, lo hanno votato.

Kes
Kes
7 Ottobre 2025 09:36

E adesso la Meloni che dice? continuerà ad essere compiacente a un pazzo del genere? Ma sì, in fondo lei le sue alleanze le fa solo con gente che non sta bene di testa alla faccia del popolo italiano e di tutti i suoi imprenditori

Giorgio Massa
Giorgio Massa
7 Ottobre 2025 14:21

In un vostro articolo (Roberto La Pira, 23/02/2024) viene giustamente contestato il sovranismo alimentare italiano espresso da Coldiretti citando la smentita di Mediobanca per cui, non bastando la produzione interna di grano duro, il cui tasso di autoapprovviggionamento è del 60-70%, deve ricorrere all’importazione di 1,9 milioni di tonnellate dall’estero e in gran parte dagli USA. Questo consente all’Italia di essere il primo produttore al mondo di pasta, in gran parte esportata proprio negli USA. Questi concetti vengono riconfermati in un vostro successivo articolo (Sara Rossi, 14/07/2025) in cui, secondo Italmopa, l’associazione di mugnai italiani aderente a Confindustria, l’anno scorso abbiamo importato ben 2,5 milioni di tonnellate di grano duro, in gran parte dagli USA. Ora, mi sorprende che la pasta italiana esportata negli USA debba subire aumento elevatissimo dei dazi laddove il grano duro viene importato dagli USA a dazi ordinari per produrla. E’ evidente che questa situazione cerchi di favorire doppiamente gli USA: nell’esportazione da una parte cercando contemporaneamente di favorire il mercato interno dei produttori americani: è un altra espressione delle manie sovraniste di Trump (USA, USA uber alles). Mi sbaglio?

angelo
angelo
Reply to  Giorgio Massa
11 Ottobre 2025 16:20

Bel commento. Ma tanto a noi cosa importa. La bandiera a stelle e strisce ha soppiantato di fatto la nostra la cui creazione e difesa ha avuto migliaia di caduti. Il Piave mormora ancora oggi. Purtroppo abbiamo governanti senza udito.

Azul98
7 Ottobre 2025 15:38

Ma se Trump continua scatterà un effetto dominio contro il suo Stato,già adesso di nascosto è nato un sistema che sta raggirando i dazi di Trump, in accordo con le aziende alimentari italiane e quelle americane che necessitano di generi di prima necessità, in pratica la sua politica è un fallimento che gli elettori stessi stanno rifiutando, naturalmente le classi più povere e disagiate, che lo hanno anche votato,poi si sa quanto sia volubile in politica estera, lui fa la sparata poi si ricrede,come era successo al momento del suo insediamento.

Azul98
7 Ottobre 2025 18:37

Cosa vuole Trump,con questi dazi che stanno facendo il caos sia negli Stati Uniti, che nei paesi che esportavanano generi alimentari anche di prima necessità per gli stessi americani, una follia che solo lui poteva fare,che dopo non si lamenti delle ripercussioni sulle loro multinazionali.

angelo
angelo
Reply to  Azul98
11 Ottobre 2025 16:31

Il bel tenebroso, narcisista, vuole arricchirsi ancor più di quanto non sia già. Del resto non ha alcun interesse. Per il futuro di Gaza ha scoperto le carte. Per l’Ucraina, la sua, è solo una pace copertina che serve a mascherare gli 800 miliardi di armamenti della nostra GRANDE l’Europa, china come i nostri sovranisti.

Gianni Catania
Gianni Catania
8 Ottobre 2025 13:38

condivido totalmente timori e considerazioni espressi nell’articolo.
Temo però che se i dazi verranno applicati, la signora Meloni non avrà il coraggio di attuare le auspicate contromisure italiane. Invece, come è accaduto in alcuni casi, in passato, forse si recherebbe da Trump per chiedergli “e adesso cosa devo fare?”.

Azul98
8 Ottobre 2025 16:11

Poi non ha nessun senso dichiarare dumping un prodotto commercializzato da anni negli States,come molti altri, è solo un protezionismo che è come un nuovo mcartismo che coinvolgerà anche il caffè,pizzerie, ristoranti,che sono presenti da anni in America, se è cominciata una caccia alle streghe come gli anni bui del passato,lo si può sempre boicottare come vedo scritto sopra, anche se li dentro non ci vado mai, ci vanno più turisti e ragazzi giovani molto giovani, diciamo adolescenti ma non sono frequentati da molti come prima, almeno qui dove vivo io è così poi si può scambiare un opinione a riguardo.