Raccolta differenziata spazzatura riciclo riciclaggio

Nel 2024 gli italiani hanno prodotto il 2,3% in più di rifiuti urbani rispetto all’anno: quasi 29,9 milioni di tonnellate. Questo aumento però si accompagna a un dato positivo: la raccolta differenziata raggiunge il 67,7% del totale nazionale. Ma, come sempre, parlare di media italiana significa descrivere un Paese che in realtà viaggia a due velocità. Al Nord la differenziata vola al 74,2%, al Centro si ferma al 63,2% e al Sud al 60,2%, pur con un recupero costante negli ultimi anni. Lo rivelano i dati del Rapporto Rifiuti Urbani 2025 elaborato dal Centro Nazionale dei Rifiuti e dell’Economia Circolare di ISPRA, con il contributo delle Agenzie ambientali territoriali.

Chi va forte e chi è in affanno

In testa alla classifica ci sono regioni che da anni hanno costruito sistemi di raccolta e impianti efficienti: Emilia-Romagna (78,9%), Veneto (78,2%), Sardegna (76,6%), Trentino-Alto Adige (75,8%), Lombardia (74,3%) e Friuli-Venezia Giulia (72,7%).
Sono territori che hanno combinato più fattori: raccolta porta a porta ben organizzata, impianti per l’organico e il riciclo vicini ai luoghi di produzione del rifiuto, e un sistema logistico che riduce tempi e costi.

Più in difficoltà le regioni della parte bassa della tabella: Molise, Puglia, Liguria, Campania, Calabria, Lazio e Sicilia. Qui la differenziata resta in ritardo, anche se in miglioramento. Il caso siciliano è emblematico: oggi è ancora sotto il 56%, ma ha recuperato più di 13 punti in quattro anni, un salto che indica un sistema in transizione più che un immobilismo cronico.

La distanza tra le regioni emerge con ancora più evidenza guardando alla raccolta differenziata pro capite: un cittadino dell’Emilia-Romagna conferisce ai circuiti della differenziata 523 kg l’anno, mentre in Sicilia, Molise, Basilicata e Calabria si scende a 230-250 kg. Significa che nelle aree più efficienti il sistema riesce a intercettare quasi il doppio dei materiali riciclabili.

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La raccolta differenziata raggiunge il 67,7% del totale nazionale

Perché alcuni comuni pagano 200 euro l’anno e altri oltre 400?

ISPRA certifica che il costo medio nazionale della gestione dei rifiuti nel 2024 è 214,4 euro per abitante, quasi 20 euro in più rispetto al 2023. Ma questa cifra racconta solo una parte della storia. Se si osservano i comuni capoluogo, si scopre che il peso della tassa può cambiare radicalmente. Ci sono città dove si pagano intorno ai 180–200 euro l’anno (come Campobasso o Catanzaro) e altre dove la cifra è più che doppia, come Venezia (oltre 440 euro), Cagliari (circa 370) o Firenze (oltre 350). Attenzione, però, a non confondere queste cifre con la tassa sui rifiuti (TARI), che proprio in questi giorni è in scadenza: il Rapporto parla unicamente del costo per lo smaltimento dei rifiuti.

Le ragioni strutturali delle disuguaglianze

La differenza non dipende solo dalla quantità di rifiuti prodotta, ma soprattutto da come è organizzato il servizio. Dai dati del rapporto emerge con chiarezza che le differenti performance hanno tre cause principali:

  • Capacità impiantistica: dove esistono impianti per trattare organico, carta, plastica e vetro, i flussi restano in regione, i costi di trasporto crollano e il riciclo cresce. Dove invece gli impianti scarseggiano, il rifiuto deve ‘viaggiare’: e ogni chilometro in più significa costi maggiori e più fragilità del sistema.
  • Efficienza logistica della raccolta: il porta a porta ben organizzato, con frequenze adeguate e sistemi di tariffazione puntuale, aumenta la qualità della differenziata. Al contrario, sistemi misti o poco strutturati generano più indifferenziato, cioè la frazione più costosa da smaltire.
  • Modello gestionale e scelte tariffarie locali: le aziende pubbliche o miste spesso devono sostenere investimenti e ammortamenti diversi da territorio a territorio. Inoltre, alcuni comuni adottano tariffazioni più progressive o includono nei costi servizi aggiuntivi (spazzamento, gestione del verde, ecc.).

Il risultato è un Paese dove un cittadino può pagare 200 euro o oltre 400 euro l’anno per un servizio analogo sulla carta ma molto diverso nei fatti, perché condizionato dalla capacità locale di gestire il rifiuto.

Riciclo in crescita, discarica in calo

Il rapporto conferma anche che il riciclo supera il 50% e che lo smaltimento in discarica scende al 14,8%. Siamo sopra l’obiettivo europeo 2020 (50% di riciclo), ma per il 55% entro il 2025 e il 60% entro il 2030 servirà un’ulteriore accelerazione, soprattutto nelle regioni in coda e nelle grandi città dove l’organizzazione della raccolta resta più complessa.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock

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