Un soffritto può farci fare il giro del mondo. Almeno se ce ne parla Michael Pollan, giornalista e scrittore esperto di alimentazione. Riproponendo in questo libro, Cotto (presentato mercoledì 10 a Milano), la formula già collaudata in due saggi di successo – Il dilemma dell’onnivoro e In difesa del cibo – che mescola esperienze personali, scienza e antropologia. Per farci ripensare il rapporto col cibo, guardando a epoche in cui per mangiare bisognava letteralmente sporcarsi le mani, cacciando e macellando animali, coltivando la terra, padroneggiando i processi chimici che ci regalano vino, formaggio o pane.
Pollan esplora, come suggerisce il titolo, il mondo del cucinato, partendo dalla carne arrostita: cottura maschile ed eroica cantata anche da Omero, che l’autore sperimenta nella versione americana del tradizionale barbecue degli stati del Sud, un maiale intero cotto in una fossa. Per addentrarsi poi nel mondo più evoluto – e storicamente più femminile – delle culture in pentola e del soffritto. Un processo chimico sofisticato, ma anche un segnale olfattivo e culturale importante. Perché basta aggiungere a una base di cipolla un po’ di aglio e prezzemolo per dagli un sapore italiano, mentre il pomodoro identifica il piatto – almeno per gli americani – come ispanico e lo zenzero come orientale.
Quando parla di cucina Pollan parte dalle basi: oggi spesso diciamo di avere cucinato quando infiliamo nel microonde un piatto pronto o mettiamo in forno una pizza surgelata. Ma proprio la grande disponibilità di alimenti a basso prezzo è alla base di molti problemi: se i cibi per le occasioni speciali, come i dolci, sono disponibili ogni giorno – nota l’autore – li mangeremo ogni giorno. Nasce da qui una ricetta originale per non ingrassare: “Mangiate quello che volete, purché siate disposti a cucinarvelo”.
Il filo conduttore del saggio sono gli elementi primari che usiamo per trasformare carni e verdure in alimenti: oltre al fuoco, e all’acqua del bollire – o meglio brasare – ci sono l’aria che sintetizza i processi di lievitazione, e la terra che rappresenta la fermentazione . È divertente seguire Pollan nei suoi esperimenti culinari, in compagnia della giovane cuoca Samin e poi da solo: difficile leggere le pagine dedicate al pane senza pregustare una pagnotta appena sfornata. Ma nonostante il tono divertito, il tema merita alcune riflessioni.
Esplorando gli stabilimenti per la produzione industriale del pane – il celeberrimo Wonder Bread americano – Pollan coglie l’occasione per sottolineare la differenza tra il vero pane integrale e le produzioni industriali arricchite con crusca, segnalando come molti degli additivi usati non servano a migliorare il prodotto ma a facilitarne lavorazione e conservazione. All’estremo opposto c’è un omaggio ragionato ai formaggi a latte crudo, spesso oggetto di polemiche specie negli Usa. Ai giorni nostri le condizioni igieniche e di allevamento, nota Pollan, sono diverse da quelle che hanno reso la pastorizzazione del latte un vero salvavita, ma se il formaggio è un sistema ecologico complesso, capace entro certi limiti di difendersi da batteri patogeni, è anche vero che oggi gli esseri umani sono meno robusti rispetto al passato, e alcuni microorganismi si sono fatti più aggressivi, due elementi che suggeriscono prudenza.
Al centro del saggio, c’è comunque l’invito a rendere il nostro rapporto col cibo meno casuale: “Cucinare significa anche scoprire delle novità su se stessi” scrive Pollan a chiusura del suo viaggio. Imparare a cucinare almeno un po’ migliora il nostro rapporto con noi stessi, con gli altri e con il cibo, oltre a far bene al portafoglio e all’ambiente.
Paola Emilia Cicerone
Michael Pollan, Cotto. Storia naturale della trasformazione, Milano, Adelphi, 2014, pagine 506, euro 28.
© Riproduzione riservata
Foto: Adelphi.it
Le donazioni si possono fare:
* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui
* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264 indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare
giornalista scientifica