La prima etichetta del Concorso Etichette 2025 è arrivata ieri in redazione. Si tratta delle patatine Pringles Hot & Spicy acquistate dal nipotino di un collaboratore che ha notato subito la lunga e variegata lista di ingredienti: ben 36 (vedi foto) ma nel conto non sono compresi i doppioni, altrimenti arriveremmo a 39.
Il concorso de Il Fatto Alimentare comincia oggi con questo esempio che ben rappresenta il mondo dei cibi ultra processati, ormai presenti in quantità rilevante nell’alimentazione quotidiana di giovani e adulti. L’invito rivolto ai lettori è di inviarci le foto e le indicazioni di altri prodotti con una lista di ingredienti interessante.

Un’etichetta lunghissima
Le Pringles Hot & Spicy nel tubo da 185 g (esistono anche tubi da 175 g) hanno un apporto calorico di 515 kcal per 100 grammi e costano circa 15 euro al kg. Il prezzo non è però il problema principale. L’etichetta rappresenta un capolavoro di scrittura creativa, sia per la lunghezza della lista, sia per il numero di additivi (nove) che sono difficile da individuare perché quasi tutti indicati con il nome scientifico, senza la lettera ‘E’ che in genere non piace molto ai consumatori. Per capire meglio, l’E631 è un additivo esaltatore dell’aroma denominato ‘inosinato disodico’ ed è presente nelle Pringles. Sull’etichetta però è riportata solo la scritta ‘inosinato disodico’, alla stregua degli altri ingredienti, forse perché riportare nove volte la lettera “E” seguita da tre cifre potrebbe dequalificare il prodotto.
Un testo esagerato
Un altro elemento che lascia qualche perplessità è la scelta di utilizzare un’unica confezione per i diversi Paesi in cui Kellogg, proprietaria del marchio, commercializza il prodotto. Questo comporta la traduzione delle diciture in diverse lingue. Visto che lo spazio a disposizione è poco, le diciture sono stampate in caratteri tipografici minuscoli che non facilitano la lettura. Il risultato è un testo fitto che disincentiva e occupa la metà della superficie del cilindro.

Per rendersi conto di quanto queste patatine a forma di onda (o meglio di paraboloide iperbolico) siano il frutto d’un esagerato processo industriale, le abbiamo confrontate con quelle classiche che hanno una lista di ingredienti composta da tre voci: patate, olio di girasole e sale. La foto è quella delle patatine Iper ma anche altre marche come Pai, San Carlo, Amica Chips e Lay’s hanno la stessa ricetta e un apporto calorico di (530 kcal/100 g). La differenza è che alcune utilizzano per la frittura oltre che l’olio di girasole anche olio di palma e/o di mais. Il costo varia da 6 €/kg per quelle con il marchio del supermercato sino a 9-10 per quelle di marche famose.
Per dovere di cronaca, va detto che la versione Original delle Pringles conteggia 11 ingredienti fra cui 2 additivi (*). Anche le marche citate sopra propongono versioni di patatine più sofisticate e costose, con un numero di ingredienti e additivi elevato, senza però raggiungere il numero esagerato delle Pringles.
(*) Pringles Original, elenco ingredienti: patate disidratate, oli vegetali (girasole, palma, mais) in proporzione variabile, farina di frumento, farina di mais, farina di riso, maltodestrina, emulsionante (E471), sale, colorante (norbissina di annatto).
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Non posso partecipare al concorso. Prima di comprare leggo. Quindi non compro queste “delicatezze”. Se fai una foto al supermercato arriva l’esercito…
Si, sulla foto ha ragione 🙂 Però se trova un prodotto che merita, faccia un sacrificio, compri, segnali e regali ad uno che le sta antipatico…
Io faccio foto regolarmente al supermercato e non succede assolutamente niente.
Normalmente la regola c’è, poi va visto se la vedono fare una foto, non è che uno che ha in mano il cellulare sta per forza facendo una foto. Inoltre se fotografa un prodotto probabilmente lasciano fare, ma se fotografa “qualcuno” o “l’ambiente” se la vedono le dicono qualcosa, per un problema di riservatezza, lei potrebbe pubblicare la foto con qualcuno nel negozio che non vuole fare sapere che è lì, magari non da solo… e dopo potrebbe chiedere danni al negozio, anche senza motivo, ma solo per spillare soldi. Diciamo che io evito di infilarmi nel problema, i selfie in un supermercato non li faccio… Mentre a prodotti mi capita, ma faccio in modo che si veda chiaramente che sto fotografando un prodotto, o per dire che sto scansionando il codice a barre con Yuka (che comunque in generale faccio semmai dopo, a casa)
In genere se si fotografano i prodotti o si fa la scannerizzazione del codice a barre possono dire ben poco. Se si fotografano le persone è un altro discorso. Se non c’è un cartello in entrata che vieta le foto, possono fare ben poco
Bellissimo concorso! Mi ricordo che nella prima lezione di chimica inorganica all’università (Scienze e tecn alim.) il professore iniziò leggendo gli ingredienti di un sacchetto di crostini per minestra… più di 20 per del pane secco! Proverò anch’io a scovare qualche chicca nei supermercati, certo che i 36 delle pringles sono davvero tanti!
Riguardo la grandezza dei caratteri, “Un altro elemento che lascia qualche perplessità …”: qualche perplessità? Ma è un obbrobrio che limita i diritti dell’acquirente! (certo, uno se vuole quando vede questa cosa non sta a sforzarsi la vista, passa oltre, al limite lo segnala all’azienda per dirgli, vedete voi se vi conviene andare avanti così…). Il problema qui è anche normativo: possibile che non venga prevista una grandezza minima di queste scritte? Non basta lo spazio? Scegli le lingue che ci stanno… Oppure fai come certi integratori ma anche prodotti di pulizia: l’etichetta è “lunga”, viene arrotolata sulla confezione e dopo l’acquisto la si apre e si trova la stampa nella propria lingua in caratteri “decenti”. In questo modo non è detto però che prima dell’acquisto si veda la parte nella propria lingua? Ok, ci piazzi un QR code che ti porta online alle solite scritte, le leggi sul cellulare. Quando volere è potere…
Buon lavoro
Non ho visto “dal vivo” il prodotto, ma ritengo che sia stato utilizzato un carattere di dimensioni conformi.
Il reg. UE n.1169/2011 prevede sia per le indicazioni obbligatorie che per quelle volontarie l’utilizzo di caratteri la cui parte mediana sia di almeno 1,2 mm (intesa come altezza della lettera “x”).
Non garantisce chissà che visibilità, ma una volta che si sia garantita questa misura minima l’etichettatura è da ritenersi regolare.
Il Concorso etichette premia i lettori che ci inviano le etichette con più ingredienti riferiti alla merceologia o con un testo esagerato. Le dimensioni sono corrette e “la visibilità” di legge è probabilmente garantita, ma la leggibilità è un’altra cosa
Come posso partecipare? Ho davanti a me proprio ora un sacchetto di liquirizia ripiena…mio dio! La lista è lunghissima! Staranno bene nell immondizia…
Ci invii foto del pacchetto e dell’elenco degli ingredienti a ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it