Quali sono gli alimenti da eliminare o ridurre quando le analisi del sangue indicano alti livelli di colesterolo? Il Corriere della sera, nell’opuscolo Corriere Salute distribuito gratuitamente insieme al quotidiano lo scorso martedì 26 settembre e intitolato “Colesterolo tutto quello che bisogna sapere”, risponde a questa domanda invitando il lettore a prestare attenzione al consumo di alimenti ricchi di grassi saturi, come carni rosse, insaccati, latticini (come il burro) e alcuni oli vegetali, come l’olio di palma e quello di cocco.
Tuttavia, l’opuscolo prosegue consigliando anche di “eliminare completamente i grassi trans o idrogenati, che derivano per lo più dai processi industriali con cui si aggiungono atomi di idrogeno ai grassi vegetali così da renderli solidi a temperatura ambiente e facilitare la lavorazione degli alimenti, dare corpo ai prodotti e aumentare la durata sugli scaffali. Sono pericolosi perché aumentano la produzione di colesterolo Ldl e riducono quello Hdl, inoltre favoriscono l’infiammazione e la formazione di placche aterosclerotiche, sembrano perfino peggiorare la memoria e per di più pare non esista una soglia sicura per il loro consumo, per quanto bassa. L’Organizzazione mondiale della sanità ha proposto di eliminarli completamente dai prodotti industriali entro il 2023, ma per tutelarsi occorre leggere sempre bene le etichette dei cibi industriali e non acquistarli se c’è la scritta grassi vegetali idrogenati o parzialmente idrogenati”.
La descrizione dei prodotti da eliminare è molto accurata e in linea con le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, ma c’è un particolare che è sfuggito agli autori: in Italia le aziende alimentari non usano acidi grassi trans da almeno 30 anni, e in Europa da almeno 20. Anche i grassi idrogenati, una volta presenti soprattuto in merendine e prodotti da forno industriali, paste sfoglie, gelati e margarine, sono sempre più rari da trovare.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
queste linee guida sono antiquate, tutto il contrario rispetto agli studi più recenti con riferimenti in pubmed
Il colesterolo non è presente nel mondo vegetale.
I pesticidi e altri inquinanti invece sì…
Ricerca recente dimostra quanto una insalata può assorbire, a seconda della zona e come viene coltivata.
Non ricordo se sono trenta gli anni già passati da quando hanno smesso di usarli, anche per alimenti per bambini, ma comunque poco ci manca.
Esulo dal contenuto del breve articolo per dire che anche a me capita, talvolta, d’imbattermi in notizie datate. E’ il caso, ad es., del rischio colesterolo nel consumo di uova. E questa informazione gira con una discreta frequenza.
In merito alle uova, per persone con colesterolo alto, i dietologici consigliano max. 2 uova a settimana. In maggiori quantita´ aumenterebbe il colesterolo in quanto cibo di origine animale.
Gentilissimo, riportiamo quanto specificato nelle Linee guida per una sana alimentazione del Crea: “gli organismi internazionali che si occupano di salute pubblica non pongono più limiti netti all’effettivo numero di uova da consumare, imponendo come unico limite l’equilibrio generale della dieta la presenza delle altre fonti di colesterolo e quella di tutti gli alimenti nelle giuste proporzioni. Quindi l’inserimento delle uova in una dieta equilibrata va valutato, anche per chi ha problemi di ipercolesterolemia, ponendo attenzione più che sul loro numero, sulla composizione globale della dieta (con particolare riguardo ai livelli di grassi saturi e trans), al modo in cui le uova vengono cucinate e ai cibi con cui vengono accompagnate.”
Buongiorno, da medico spec. in scienze dell’alimentazione ed esperta in terapia nutrizionale, concordo con quanto detto sopra e aggiungo che il problema reale è collegato alla capacità metabolica del fegato, a come viene cotto l’alimento e molto meno al contenuto di colesterolo negli alimenti. Per esempio, è convinzione comune, che non si debba usare l’olio cotto o addirittura friggere quando invece bisogna valutare con che tipo di grasso di cuoce e sapere che la frittura soprattutto il olio evo, costringe la cistifellea a svuotarsi portando con sé sali biliari e tossine.
@Donatella Pitasi, mi scusi, avrebbe la gentilezza di spiegarmi questo punto: “Per esempio, è convinzione comune, che non si debba usare l’olio cotto o addirittura friggere quando invece bisogna valutare con che tipo di grasso di cuoce e sapere che la frittura soprattutto il olio evo, costringe la cistifellea a svuotarsi portando con sé sali biliari e tossine.” Grazie.
Salve, a me non risulta che vi sia differenza tra grassi trans e grassi idrogenati, inoltre le margarine di bassa qualità vengono abbondantemente usate (e contengono grassi idrogenati), soprattutto dalle industrie e anche da molte pasticcerie (in confezioni da 10 kg). Se non erro, la dicitura “grassi vegetali” senza ulteriori indicazioni, indica grassi idrogenati e quindi di bassa qualità. Del resto anche il bassisimo costo lo dimostra. Margarine di qualità, con etichette chiare e precise, costano quasi tre volte di più. Grazie!
Gentilissimo, gli acidi grassi trans sono presenti soprattutto nei grassi idrogenati, perchè si formano durante il processo di idrogenazione. https://www.canr.msu.edu/news/fats_the_good_the_bad_and_the_ugly#:~:text=Hydrogenated%20oils%20are%20oils%20that,zero%20trans%2Dfat%E2%80%9D%20level. Devono comunque essere indicati in etichetta. Mentre per i grassi e gli oli vegetali va per legge indicata l’origine botanica, quindi non si può trovare la scritta generica oli o grassi vegetali. Inoltre non vuol dire che siano idrogenati, anzi se coì fosse deve essere indicato.
Dottoressa Nardi, a me capita di trovare la scritta generica oli o grassi vegetali.
Gentilissimo. Per legge la scritta può essere riportata solo se seguita dalla specificazione dell’origine botanica. Se così non fosse l’etichetta è fuori norma. Le consiglio di segnalarlo al punto vendita o all’azienda. Oppure può inviarci delle foto con i dettagli in redazione: ilfattoalimentare@ilfattoalimentare.it
Lavorando in pasticceria, posso portarvi la mia esperienza: purtroppo l’utilizzo di semilavorati e prodotti contenenti grassi totalmente o parzialmente idrogenati c’è, anche in pasticcerie non di basso livello.
D’altronde, lì il consumatore non è informato… e a volte manca proprio la sensibilità sul tema, i pasticceri sono più orientati alla facilità d’uso, alla resa e al costo, che agli effetti sulla salute.
Vi leggo sempre volentieri, grazie degli approfondimenti.
Purtroppo ha ragione Daniela. Le pasticcerie usano molto i grassi idrogenati. Esperienza diretta.
@Daniela, in base alla mia esperienza di consumatore non abituale, confermo. Il cartellino con gl’ingredienti è introvabile e le risposte “vocali” sono di questo tenore: “Margarina – grassi vegetali- olio di girasole (se va bene)”.
Ma la margarina che viene ottenuta riscaldando a 400 gradi oli vegetali liquidi per solidificarli non è un acido grasso trans????
Nelle margarine si può controllare l’etichetta degli ingredienti. Nel caso siano contenuti grassi idrogenati o grassi parzialmente idrogenati vanno dichiarati in etichetta.
Nel processo chimico per la solidificazione degli oli vegetali a temperature di 400gradi , si forman nella trasformazione acidi grassi TRANS.
Forse è vero che i trans non vengono più utilizzati in Italia e grazie per questa rassicurante notizia, ma secondo me è una buona informazione da darsi, sempre, per mantenere memoria e conoscenza, perché il consumatore potrebbe ritrovarsi di fronte ad un prodotto (non italiano ….) e non dare più importanza alla sua composizione.