
“Sportwashing; ipocrisia della salute; collusione nel danneggiare la salute, specie dei più piccoli; cementificazione del marchio nei cervelli”. Sono solo alcune delle dure espressioni che si leggono nell’editoriale pubblicato sul British Medical Journal intitolato: “Il calcio non può ignorare il problema”, firmato da due autentici pezzi da novanta della nutrizione: Chris van Tulleken, l’esperto dello University College d Londra autore del best seller internazionale “Cibi ultra processati – come riconoscere ed evitare gli insospettabili nemici della nostra salute” e Carlos A. Monteiro, l’epidemiologo dell’Università di San Paolo, in Brasile, che ha proposto la classificazione NOVA degli alimenti ultra processati.
Chiarissimo il significato: non è più accettabile ammettere le aziende di bevande zuccherate e gassate, le big soda, come sponsor degli eventi sportivi internazionali. Si deve assolutamente evitare ciò che si è visto in Qatar nel 2022. In quell’edizione, infatti, la Coca-Cola, che aveva acquistato spazi in esclusiva di diverso tipo, era ovunque: su enormi pannelli luminosi, in tutti gli intervalli pubblicitari, perfino nelle mani dei giocatori durante le conferenze stampa, e ha raggiunto facilmente cinque miliardi di persone di 200 paesi, consolidando la propria presenza nell’immaginario collettivo mondiale. In tutta evidenza, non si trattava solo di pubblicità – scrivono – ma di una vera e propria strategia aziendale che mirava a unire indissolubilmente il mondo del calcio con quello delle soda, e ad associare i benefici dello sport con quel tipo di prodotto.
La salute è una questione trascurabile
Le big soda, scrivono ancora i due esperti, hanno anteposto i loro profitti alla salute di miliardi di persone, in questo caso tramite un accordo con la FIFA che va avanti dal 1978, nonostante siano dimostrate al di là di ogni dubbio le responsabilità di queste bevande nell’insorgenza del diabete di tipo 2, dell’obesità, delle malattie cardiovascolari, della carie e di numerose altre patologie. E nonostante si tratti di prodotti ultraprocessati, che non offrono quasi nulla di valido dal punto di vista nutrizionale, a fronte di enormi quantità di zuccheri, calorie e additivi.
Il problema, poi, risiede anche nel fatto che, propagandando queste bevande come amiche dello sport, si mina alla radice l’idea che siano prodotti che, a differenza dell’attività fisica, non fanno bene, e si normalizza il consumo eccessivo di zucchero, contraddicendo i principi salutistici che lo sport dovrebbe rappresentare.

Coca-Cola e non solo…
Del resto, ricordano, sono decenni che le big soda mettono in campo azioni sistematiche di distrazione di massa, sponsorizzando studi che puntano solo sull’attività fisica e minimizzano il ruolo delle bevande dolci, promuovendo convegni di esperti sponsorizzati e campagne pubbliche di sottovalutazione del ruolo delle soda: per questo si parla di sportwashing. E la FIFA è corresponsabile.
Tanta spregiudicatezza appare ancora più grave se si pensa a bambini e ragazzi che, com’è noto, sono più influenzabili degli adulti, e che vengono sommersi dalla pubblicità, durante i grandi eventi sportivi. Etichette vistose, colori fluo e sponsorizzazioni dei beniamini (come Lionel Messi con la PepsiCo, per esempio) rendono il marketing irresistibile, per i più giovani, instaurando in loro abitudini che si porteranno dietro per tutta la vita, associando emozioni positive ai marchi e acquistandone i prodotti.
Kick big soda out of sport
Non è la prima volta che il mondo scientifico e non solo si mobilita. Prima delle Olimpiadi di Parigi del 2024 era partita la campagna Kick Big Soda Out of Sport (https://www.kickbigsodaout.org), sottoscritta da decine di nutrizionisti, esperti di sanità pubblica, organizzazioni di consumatori e altri soggetti, tramite la quale si chiedeva, già allora, al Comitato Olimpico Internazionale di porre fine alla sponsorizzazione della Coca Cola, ponendo fine all’”ipocrisia sanitaria” per la quale da un lato si promuoveva lo sport come veicolo di salute, e dall’altra si accettavano denari per pubblicizzare prodotti che hanno solo effetti negativi sulla stessa salute. Il risultato non è stato ottenuto, ma di certo la sensibilizzazione c’è stata, e ora riprende, in previsione della prossima Coppa del mondo del 2026.
La FIFA, concludono, ha l’opportunità di dare finalmente un vero esempio positivo: non può perderla di nuovo.
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Giornalista scientifica
È paradossale che Coca-Cola, simbolo di cibo ultraprocessato, sponsorizzi eventi sportivi per legarsi a valori come salute ed energia. Il vero problema però è che questi prodotti sono la scelta più facile: costano poco, sono ovunque e pronti da consumare, mentre frutta e verdura richiedono tempo, fatica e spesso costano di più.
Serve un cambio di rotta nelle politiche alimentari: rendere l’accesso a cibi freschi più semplice, economico e pratico è essenziale se si vuole davvero promuovere uno stile di vita sano.
Buongiorno, non condivido il fatto che le bevande gassate e zuccherate costino poco. In realtà costano tantissimo al consumatore in rapporto al costo di produzione, proprio per questo consentono enormi guadagni ed enormi margini utilizzabili per la pubblicità e le sponsorizzazioni (oltre alle pressioni politiche, attività di lobby, finanziamenti di studi compiacenti, ecc.). L’acqua, che è il principale ingrediente, costa al produttore circa 1 € al metro cubo (1000 litri), una lattina o bottiglia di bevanda costa al consumatore diversi euro al litro. Inoltre Coca Cola è ritenuto il principale utilizzatore mondiale di plastica usa e getta, con migliaia di tonnellate di imballaggi immessi annualmente sul mercato e poi dispersi nell’ambiente in tutto il mondo.
Credo che sia peggio la sponsorizzazione delle società del gioco d’azzardo nel calcio. Nel mondiale per club, molte squadre hanno sulle maglie marchi bet, bellamente ripresi dalle tv e ritrasmessi in Italia da Mediaset, eludendo il divieto di pubblicità.