Il Nutri-Score, l’etichetta a semaforo sviluppata in Francia, non pretende di essere un sistema di informazione globale sul prodotto, ma solo nutrizionale e deve essere integrato con altri elementi altrettanto importanti. Secondo Serge Hercberg – uno degli inventori del Nutri-Score – i fattori che caratterizzano gli alimenti e possono influire sulla salute dei consumatori sono tre: la composizione nutrizionale, il livello di lavorazione industriale con l’impiego di additivi, e la presenza di contaminanti e pesticidi. Questi tre elementi sono importanti, perché solo se presi in considerazione tutti insieme permettono di definire il valore effettivo dell’alimento in relazione alla salute. A volte si sente dire che la qualità nutrizionale di un prodotto è correlata al fatto di non essere sottoposto a molte lavorazioni industriali e, quindi nell’avere pochi o nessun additivo. Ma questo non è sempre vero. Anche il marchio del biologico, che garantisce l’assenza di residui di pesticidi di sintesi, a volte viene utilizzato per conferire un’immagine ‘sana’ a un prodotto ricco di grassi, zuccheri e sale! Per questo occorre procedere all’integrazione dei fattori presenti nel Nutri-Score con gli altri due elementi per definire il valore effettivo in relazione alla salute.
Ma cominciamo dall’inizio. Il primo fattore da considerare è la composizione nutrizionale e quindi la densità energetica. Alcuni nutrienti come fibre, proteine, minerali e vitamine svolgono un ruolo positivo nell’ambito dell’alimentazione, mentre altri al contrario (zuccheri, grassi saturi, sale…) hanno un ruolo non propio favorevole. È ormai appurato che una dieta troppo energetica e ricca di sale, zucchero e acidi grassi saturi, nonché povera di fibre, frutta, verdura e legumi, aumenta il rischio di malattie come cancro, patologie cardiovascolari, obesità, ipertensione, diabete di tipo 2. Questo aspetto però viene sintetizzato con l’etichetta a semaforo. Il secondo fattore da valutare è il grado di lavorazione o se preferite il processo industriale. Quando un cibo viene classificato come ultra-trasformato perché soggetto a molteplici lavorazioni industriali che comportano quasi sempre l’aggiunta di additivi, bisogna ritenere questo aspetto un fattore negativo nella valutazione complessiva e comunicarlo ai consumatori. Il terzo elemento da considerare è la presenza del marchio biologico che attesta l’assenza di residui di pesticidi di sintesi e quindi una valutazione complessiva migliore.
La ricerca epidemiologica ha confermato l’importanza di questi tre fattori, indipendenti l’uno dall’altro, nello sviluppo di alcune malattie croniche. Diversi studi hanno infatti dimostrato l‘effetto deleterio degli alimenti ultra-trasformati, anche se questi prodotti risultano bilanciati a livello nutrizionale. La composizione nutrizionale e il processo industriale possono quindi incidere, ciascuno in modo indipendente, sul rischio di malattie croniche con meccanismi diversi e probabilmente complementari. Lo stesso vale per il ruolo dei pesticidi, quando si tiene conto della qualità nutrizionale della dieta.
Concretamente, quando si tratta di scegliere gli alimenti esposti sugli scaffali dei supermercati, le raccomandazioni da seguire sono relativamente semplici: meglio evitare i cibi ultra-trasformati, privilegiando quelli con la migliore composizione nutrizionale. Se, nonostante tutto, si vuole consumare un alimento ultra elaborato, è meglio scegliere quelli con la composizione nutrizionale più favorevole. Infine, è comunque preferibile orientarsi sugli alimenti biologici (soprattutto se si tratta di vegetali).
Ma se il Nutri-Score attraverso il semaforo fornisce informazioni sul profilo nutrizionale degli alimenti, come possono i consumatori essere informati sugli altri fattori altrettanto importanti come il processo di lavorazione, la presenza di additivi e di residui di pesticidi? A questo punto si pone il problema di trovare un metodo semplice e comprensibile.
Molti comitati di esperti nazionali e internazionali, tra cui l’Oms, hanno proposto di aggiungere sistemi di informazione nutrizionale semplificati sugli imballaggi alimentari, per aiutare a identificare con facilità la qualità degli alimenti e poter confrontare i prodotti tra loro. I francesi hanno risposto alla richiesta mettendo a punto l’etichetta a semaforo Nutri-Score [frutto del lavoro di un gruppo di ricerca sull’epidemiologia nutrizionale (EREN), e di un team di ricercatori accademici indipendenti che lavorano per Inserm, INRAE, CNAM e l’Università di Parigi 13, ndr]. Il Nutri-Score oggi viene adottato ufficialmente in Francia, Belgio, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Lussemburgo e Svizzera e si basa su un algoritmo che integra nutrienti ed elementi il cui consumo ha dimostrato di avere un impatto sulla salute.
Questo algoritmo è stato oggetto di numerosi studi che hanno dimostrato una correlazione fra il consumo di alimenti classificati male dal Nutri-Score, con l’aumento del rischio di malattie croniche (tumori, malattie cardiovascolari, aumento di peso, sindrome metabolica, ecc.) e mortalità. Numerosi studi hanno validato il metodo di calcolo del Nutri-Score e il suo formato grafico a cinque colori abbinati alle lettere dalla ‘A’ alla ‘E’. È stata anche dimostrata la sua efficacia, secondo la metodologia di valutazione dei loghi nutrizionali raccomandata dall’Oms.
Il consumo di alimenti ultra-trasformati è aumentato notevolmente e in molti paesi occidentali rappresentano più della metà dell’apporto energetico individuale. Questi prodotti sono spesso (ma non sempre) caratterizzati da una qualità nutrizionale inferiore, dalla presenza di additivi alimentari e di composti rilasciati da imballaggi e altri materiali a contatto. Per capire quale sia il livello di lavorazione degli alimenti esiste la classificazione NOVA. Si tratta di un sistema che divide gli alimenti in quattro gruppi, in base al grado di trasformazione industriale.
Il primo gruppo NOVA1 (*) comprende alimenti minimamente o per nulla trasformati come: semi, frutta, foglie, leguminose, radici o parti di animali (muscoli, frattaglie, uova, latte); il gruppo NOVA2 (**) ingloba alimenti abitualmente usati in cucina come zucchero, sale, olio o burro o derivati dal gruppo NOVA1 ma lavorati. Il gruppo NOVA3 (***) comprende alimenti trasformati come verdure in bottiglia, pesce in scatola, frutta sciroppata, formaggio e pane fresco, fatti essenzialmente aggiungendo sale, olio, zucchero o altre sostanze agli alimenti del Gruppo NOVA1 e NOVA2. Infine ci sono gli alimenti ultraprocessati NOVA4 (****) come bevande, dolci, snack confezionati, prodotti di carne ricostituiti e pasti congelati precotti. Non si tratta di alimenti modificati ma di prodotti ottenuti in gran parte o interamente da sostanze derivate da alimenti ed additivi, con pochi alimenti del gruppo NOVA1. Numerosi studi hanno mostrato legami tra il consumo di alimenti ultra-trasformati NOVA 4 e un aumento del rischio di diverse patologie croniche.
Gli alimenti ultraprocessati (NOVA 4) secondo la classificazione del Nutri-Score sono, in media, di qualità nutrizionale inferiore. Un’analisi fatta su 220.522 prodotti ultra-trasformati dal database Open Food Facts (2020) ha rilevato che il 79% è classificato dal Nutri-Score come ‘C’, ‘D’ ed ‘E’, il 13% è classificato in ‘B’ e l’8% in ‘A’. Questo vuol dire che non sempre un processo di lavorazione elaborato corrisponde a un giudizio negativo del Nutri-Score e viceversa. È il caso del puro succo d’uva, classificato NOVA1 ma giudicato negativamente dal Nutri-Score con la lettera ‘E’ (perché contiene più di 160 g di zucchero per litro). In totale, il 19,2% degli alimenti NOVA1 è classificato dal Nutri-Score con la lettera ‘C’, il 7,4% con la lettera ‘D’ e il 3,3% con la ‘E’. Ma accade anche il contrario, alcuni prodotti ultra elaborati possono avere una migliore qualità nutrizionale come succede per le composte di frutta senza zucchero aggiunto o con il pangrattato intero, valutati con la lettera ‘A’ da Nutri-Score, ma penalizzati dal sistema di NOVA.
La classificazione NOVA è interessante, ma non tiene conto delle variabili nutrizionali dei prodotti all’interno di ciascuna categoria. Ad esempio, fra i prodotti composti da ingredienti culinari che rientrano nel gruppo NOVA2, non viene fatta una distinzione tra grassi vegetali e animali, e nemmeno tra i diversi oli vegetali. In questo modo non si possono differenziare i prodotti che utilizzano olio di oliva, anziché di girasole, mais, arachidi, cocco, palma, ecc… Queste differenze sono però prese in considerazione dal Nutri-Score. Quindi l’abbinamento dei due fattori permette al consumatore una lettura più facile e una scelta più razionale. Per questo motivo l’unico consiglio che si può dare ai lettori è di scegliere prodotti con un elenco degli ingredienti breve e con il minor numero di additivi o sostanze che di solito non si usano in cucina.
Per quanto riguarda invece i residui di pesticidi basta cercare sulla confezione del prodotto il simbolo dei prodotti biologici adottato in tutta Europa, basata sul “divieto di fertilizzanti sintetici e pesticidi”. Questo non vuol dire che un alimento proveniente da agricoltura biologica abbia una buona qualità nutrizionale e quindi un’etichetta a semaforo verde o gialla. È il caso, ad esempio, delle creme spalmabili bio, di torte, salsicce o cereali per la colazione… Un biscotto biologico non contiene residui di pesticidi, ma per la lavorazione subita verrà inglobato nel gruppo NOVA4 ovvero ultra-trasformati.
Per assemblare in un unico logo i tre elementi presi in considerazione, Serge Hercberg propone di aggiungere un bordo nero intorno al logo del Nutri-Score per identificare facilmente gli alimenti ultra-processati (NOVA4) e affiancare il simbolo degli alimenti biologici. In questo modo il consumatore avrebbe, a colpo d’occhio, tutte le informazioni sulle caratteristiche nutrizionali e sugli alimenti che è utile prendere in considerazione.
Riassumendo davanti allo scaffale del supermercato in prima battuta si possono privilegiare i prodotti con il migliore punteggio Nutri-Score scartando quelli con il bordo nero. Se però per motivi di gusto, costo o praticità, si desidera selezionare un alimento ultra-trasformato (con bordo nero), conviene scegliere quello con il punteggio nutrizionale migliore e il colore più favorevole, oltre che dare la preferenza agli alimenti biologici quando esiste questa alternativa.
Note:
(*) Gli alimenti non lavorati (o naturali) sono parti commestibili di piante (sementi, frutte, foglie, leguminose, radici) o di animali (muscoli, frattaglie, uova, latte), e anche funghi, alghe e acqua, dopo la separazione dalla natura.
(**) Gli ingredienti culinari trasformati, come oli, burro, zucchero e sale, sono sostanze derivate dagli alimenti del Gruppo 1 o dalla natura per processi che includono la pressatura, la rifinitura, la tritatura, la macinatura e l’essiccazione
(***) Alimenti trasformati, come verdure in bottiglia, pesce in scatola, frutta in sciroppo, formaggi e pani freschi, fatti essenzialmente aggiungendo sale, olio, zucchero o altre sostanze dal Gruppo 2 agli alimenti del Gruppo 1
(****) Gli alimenti ultra-trasformati, come bevande light, dolci o snack saporiti confezionati, prodotti di carne ricostituiti e pasti congelati pre-cotti, non sono alimenti modificati ma formule fatte in gran parte o interamente da sostanze derivate da alimenti ed additivi, con pochi alimenti del Gruppo 1 se intatti.
Gli ingredienti di queste formule spesso includono quelli usati anche negli alimenti trasformati, come zuccheri, oli, grassi o sale. Ma i prodotti ultra-trasformati includono anche altre fonti di energia e nutrienti non usati normalmente in preparazioni culinarie. Alcuni di questi sono estratti direttamente da alimenti, come la caseina, il lattosio, il siero di latte ed il glutine.
Alcuni sono derivati da ulteriori trasformazioni di costituenti alimentari, come oli idrogenati o interesterificati, proteine idrolizzate, isolato di proteine dei soia, maltodestrina, zucchero invertito e sciroppo di mais ad alte quantità di fruttosio.
Gli additivi negli alimenti ultra-trasformati includono anche alcuni negli alimenti trasformati, come conservanti, antiossidanti e stabilizzanti. Le classi di additivi trovati solo nei prodotti ultra-elaborati includono quelli usati per imitare o migliorare le qualità sensoriali o per mascherare gli aspetti sgradevoli del prodotto finale. Questi additivi includono coloranti ed altri colori, gli stabilizzanti di colore; aromi, miglioratori di aroma, addolcenti non zuccherini; e gli aiuti di trasformazione come carbonatazione, rassodamento, bulking ed anti-bulking, de-schiumante, anti-caking ed agenti glassanti, emulsionanti, sequestrati ed umettanti.
© Riproduzione riservata Foto: stock.adobe.com, Beuc, blog Nutri-Score
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
a mio parere con queste etichette non si verrà a capo di nulla, generando anzi ulteriore confusione. sostengo invece che si usi tale materia nelle scuole per formare gli studenti di oggi in consumatori preparati e responsabili domani.
Nelle scuole probabilmente è utile per generare consapevolezza, ma un giovane riceve in genere i pasti da genitori o mense.
Caso semplice: un genitore va’ a fare la spesa, vede un prodotto con due o tre bollini rossi e uno non altrettanto minaccioso. Fa’ molto più effetto la tripletta rossa che star lì a leggere la tabella nutrizionale, gli ingredienti e capire come è fatto il prodotto PER OGNI prodotto che si acquista al supermercato.
@ Paolo: ed e` proprio per evitare cio’ che la scuola, volendo, puo’ formare gli studenti per dare loro le basi della conoscenza della materia.
@luigiR
mi spiace ma non sono dello stesso avviso. Senza dubbio insegnare l’educazione alimentare a scuola è utilissimo e importantissimo, ma la teoria del consumatore razionale è stata deprecata decenni fa’: di fronte alla pubblicità, al packaging “aggressivo” e alle offerte promozionali e con la “minaccia” di dover usuare il cervello anche per fare la spesa, la maggior parte delle persone non baderà mai alla salubrità di quello che comprano durante l’acquisto.
Sulle confezioni mi piacerebbe trovare etichette veritiere (e lo sottolineo) sul benessere animale e sull’uso di pesticidi.
Per il resto, basterebbe usare il cervello e la moderazione.
Mi scuso per la lunghezza del commento, ripetendomi cerco di riassumere alcune obiezioni, poi mi mettero zitto in attesa.
Il giudizio espresso per 100 gr. di prodotto. E’ un aspetto critico perché non tiene in considerazione che ci sono alimenti che consumiamo abitualmente in quantitativi molto diversi, alcuni vengono consumati in maggiore quantità, altri in grammi, altri in decine di grammi.
Lo score costruito su 100 gr. appiattisce e distorce l’informazione, adesempio la pizza, alcuni tipi ottengono discreto punteggio per 100 grammi ma meriterebbero pessimo punteggio su porzioni realisticamente maggiori.
VERO è che è un parametro relativo ma il verde e il rosso hanno anche un innegabile valore assoluto e a cascata anche gli intermedi assumeranno minore valore assoluto, quindi per tornare a un caso tragico un olio che per un uso di 10 grammi avrebbe valore A++ non può ricevere una mediocre C…. se siete interessati allo strumento spingete a far correggere l’assurdo.
Già il raggruppamento F olio di oliva/di noci/di colza che ho letto da qualche parte mi inquieta ma passiamo oltre.
Il nutriscore funziona a gradoni ( o meglio a blocchi ) e non è linearmente progressivo…… se mi manca qualche informazione prego di integrare il motivo per cui si sono creati questi gradini di valutazione. Il punteggio con il quale funziona l’algoritmo è stato sì messo a punto da una apposita commissione di scienziati, ma in maniera soggettiva ( o no??????): cioè la commissione ha stabilito di attribuire un determinato punteggio a determinate quantità di grassi, zuccheri, sale ecc. Più alte sono le quantità di questi nutrienti, più alto sarà il punteggio, più rosso sarà lo score.
QUESTO È CORRETTO ma ad esempio, è stato stabilito un punteggio di 1 per ogni 4,5 grammi di zucchero, oppure 1 gr di grassi saturi. Ma su quale base? Immagino ci possa essere un ragionamento ma non l’ho trovato scritto.
Le simulazioni, campo in cui gli scienziati sono bravissimi, avrebbero dovuto evitare alcune castronerie note, per andare avanti i problemi vanno risolti non aggirati in attesa di future soluzioni (?????????) altrimenti qualcuno ci guadagna e altri no e nemmeno i consumatori.
Una new entry probabile potrebbe essere la listatura nera per gli ultratrasformati.
Ma un simbolo slegato dal punteggio/colore quale peso avrà al momento della scelta? Una minusvalenza x? un mezzo punto in meno? una richiesta di trenta secondi in più di riflessione? Non giova assolutamente alla chiarezza, al contrario è un mezzo favore a qualcuno…….
Poi è corretto classificare ultratrasformato un prodotto con 10 additivi/adiuvanti allo stesso modo di quello con 3 oppure 30? si metteranno una/due/tre ecc listature? le liste degli additivi consentiti /sospetti/sconsigliati come incide?
Il bollino bio non è gratis e solo una minoranza di produttori ne ha facoltà d’uso, tutti gli altri produttori che senza essere bio cercano di lavorare al meglio e forniscono all’industria prodotti quasi puliti che faranno? un alimento che utilizza un pò di convenzionale e un pò di bio in varie proporzioni cosa scriverà nell’etichetta? Non vi sembra una pezza affrettata, buttata li per tacitare critiche ?
Temo invece che quando uno strumento imperfetto entrerà in circolazione forse si suggeriranno rattoppi non incisivi e passerà il tempo ……intanto i produttori faranno di tutto per poter assegnare un colore più “favorevole” ai loro prodotti e farsi comprare di più convincendo il consumatore a preferirli negli acquisti.. Non è difficile immaginare che lo zucchero potrà essere sostituito (in tutto o in parte) con gli edulcoranti, i grassi da additivi chimici addensanti e che verranno scelte materie prime meno “caloriche”, ma anche di minore qualità nutrizionale.
La GDO potrà amplificare il fenomeno e influenzare le scelte dei consumatori promuovendo i prodotti più verdi, come più sicuri e fare riempire i carrelli di alimenti che potrebbero avere qualità non sempre ottimale.
Ma con buona pace dei favorevoli al nutriscore questo aspetto è/sarà indigesto, in tutti i paesi europei, ai produttori tradizionali di eccellenze alimentari e danneggerà i consumatori in campo qualitativo.
In definitiva, se il Nutri-score è stato concepito come strumento per combattere l’eccedenza ponderale, si può ritienere che al contrario potrebbe favorire un incremento del consumo di alimenti in generale e soprattutto di alimenti ultra-processati, che appariranno belli verdi e “salutari”. Inoltre, non focalizza l’attenzione dei consumatori sulla porzione di alimento necessaria e non contribuisce ad una corretta educazione alimentare dei cittadini penalizzando alimenti migliori. Anche questo difetto deve essere corretto.
Perchè al di sopra di questa architettura comunque deve esserci una SINTESI tra i vari prodotti consumati altrimenti è strumento scarso.
Poche righe sul neonato Nutrinform, non orienta le scelte del consumatore tramite un codice colore.
Ma tramite informazione sulla porzione realmente consumata, per la quale comunica al consumatore la quantità di nutrienti contenuta nella porzione e quanto questa porzione incida sul totale giornaliero alimentare.
Se il consumatore usa un pò di aritmetica, comunque necessaria, capirà se ha consumato un alimento che abbia contribuito un po’ troppo per la quantità di zucchero (ad esempio), dovrà orientarsi per gli altri alimenti su scelte di porzioni che apportino meno zucchero ed arrivare a fine giornata senza eccedenze, né con i grassi, né con gli zuccheri, né con il sale utilizzando quella stessa SINTESI.
Proprio sugli zuccheri però mostra una spaventosa falla e forse ce ne sono altre…….alla fine se questi fossero i soli contendenti sarebbe come scegliere tra padella e brace……. si perde tempo a parlarne e quindi da parte mia facendo felice il moderatore ricommenterò l’argomento solo quando sarà approvato e in vigore qualche documento solido.
Cordialmente.
Migliorare l’etichetta rendendo piu’ facile al consumatore orientarsi sulla scelta piu’ salutare (personalmente semplificherei il tutto con un solo grande bollino nero per i cibi ultra processati, come ho scritto altre volte) significa assegnare tutta la responsabilita’ al consumatore stesso, togliendola al produttore. Questo non e’ solo inefficace, o poco efficace (come sottolineato da alcuni dei commenti a questo post), ma e’ anche politicamente sbagliato. La responsabilita’ primaria di immettere sul mercato prodotti piu salutari deve ricadere sui produttori, e quindi sui governi che devono imporre (con le dovute sanzioni) regole piu’ rigorose sia per i processi industriali (ingredienti, additivi e metodi di trasformazione) sia per il marketing, che ci convince a mangiare prodotti insalubri nascondendo i rischi ed evidenziando i (spesso falsi) benefici. Se governi e industria fanno il loro dovere, per il consumatore (educato o meno) tutto diventa piu’ facile, e questa discussione sulle etichette sarebbe meno accesa, o forse inutile.
forse bisogna convincersi ancora che siamo in regime di mercato libero, per cui, sì, ci sono delle regole generali da osservare, ma vanno minimamente ad influire sulle sostanze portate sui banchi di vendita. cosa arbitri effettivamente il mercato sono la domanda e l’offerta. se la domanda è qualitativamente alta, allora l’offerta si deve adeguare ad essa. altrimenti, no. i governi influiscono poco su questi fattori, sono sempre stati deboli ed alla mercè delle varie lobby. queste etichette servono solo a confondere le idee e non riescono a condensare in pochi loghi o caratteri la bontà o meno di questo o quell’alimento. occorre formare ed acculturare i consumatori per risolvere la questione.
Secondo noi le etichette hanno una grande importanza. Certo bisogna spiegare qualcosa alla gente ma poi sono molto utili