Consumatori più consapevoli, più attenti al risparmio ma soprattutto alla salute, la propria e quella dell’ambiente. Sono solo alcune delle tendenze che stanno cambiando il nostro modo di fare acquisti, e in generale di rapportarci alla spesa alimentare. Come emergono dal Terzo rapporto dell’Osservatorio sui consumi delle Famiglie a cura di Luigi Tronca e Domenico Secondulfo, da poco pubblicato da Franco Angeli. Un’analisi dettagliata che dedica spazio ai consumi importanti come quelli alimentari: “L’80% degli intervistati ritiene che mangiare bene sia importante per mantenersi in salute”, spiega la ricercatrice Debora Viviani, autrice di uno dei capitoli dedicati al cibo. “Da almeno dieci anni seguiamo l’evoluzione dei consumi alimentari e non”, precisa Domenico Secondulfo, responsabile dell’Osservatorio.
La tripartizione emersa negli anni passati tra soggetti con potere di acquisto basso, medio ed elevato si è ulteriormente articolata nell’ultima indagine, come emerge proprio dai dati riguardanti la spesa alimentare: oggi per molti consumatori salute e risparmio vanno di pari passo. “Si sta affermando una tendenza a un ‘meno ma meglio’ che aveva giù cominciato a manifestarsi negli ultimi anni”, spiega Viviani. Anche chi ha possibilità di acquisto si sforza di risparmiare senza rinunciare alla qualità, magari cercando offerte più vantaggiose o riducendo le quantità di cibo acquistato. Ci sono però delle differenze: a mostrare attenzione alla salute sono soprattutto le donne e i consumatori che hanno un buon livello culturale e un reddito medio alto. “Piuttosto, stanno emergendo i trentenni come consumatori sempre più attenti alla salute, ma anche a scelte oculate dal punto di vista ambientale, – sottolinea la ricercatrice. – E se a evitare gli sprechi sono soprattutto le persone mature questa tendenza, magari con motivazioni diverse e più legate alla tutela dell’ambiente, si sta affermando anche tra i giovani”.
La ricerca del benessere si declina attraverso vari comportamenti, come la preferenza per alimenti a Km 0 e in generale per i prodotti del territorio o comunque di qualità, o il ‘fai da te’. Associati a un’attenzione al risparmio che nasce dalla contingenza economica, “ma anche da una riscoperta di valori antichi legati alla sacralità del cibo, e all’esigenza di non sprecare, – sottolinea Secondulfo: – Se fino a una ventina di anni fa prevalevano gli acquisti di impulso e lo spreco era legittimato, anzi poteva essere considerato quasi uno status symbol, ora le scelte stanno diventando più ponderate”. Generando una lotta allo spreco che nasce da un’esigenza morale prima che economica, “e si porta dietro una serie di comportamenti legati al risparmio, ma anche alla salute e all’attenzione per l’ambiente”, sottolinea il sociologo.
Sono gli stessi meccanismi che stanno dietro alla riscoperta della cucina casalinga, per risparmiare e utilizzare ingredienti genuini, e del recupero degli avanzi, “da portare magari in ufficio per il pranzo, così ‘sai come è stato preparato quello che mangi’, – prosegue Viviani. –Durante il lockdown il cibo preparato in casa è diventato un piacere confortante in un momento di incertezza, oltre a offrire una delle poche occasioni di socializzazione disponibili”. A queste tendenze si associano nuove abitudini di acquisto, come quella sempre più diffusa a comprare meno carne, ma anche l’attenzione al Made in Italy o la predilezione per i prodotti “senza” – grassi, zuccheri, etc. – spesso percepiti come più sani.
Cambia anche il rapporto con il punto vendita, e non solo perché l’abitudine di fare la spesa alimentare online, inevitabile durante il lockdown, tende a rimanere, “anche se oggi si preferisce riservarla ad alimenti di marca e a lunga conservazione, mentre si torna nei punti vendita per cibi freschi come pane o vegetali”, sottolinea Secondulfo. Ma se prima il rapporto di fiducia con il commerciante era, soprattutto per i consumatori con reddito più elevato, un valore essenziale, oggi ai primi posti c’è piuttosto la cortesia, “un fattore emozionale”, spiega il sociologo, “che però non è legato a uno specifico punto vendita, e vede il consumatore mantenere la propria autonomia senza affidarsi alle indicazioni del venditore”. Mentre per quanto riguarda la consegna a domicilio di pasti pronti, durante il lockdown “oltre ad essere una necessità ha permesso di rivivere sia pure in modalità diversa l’esperienza della cena fuori, – sottolinea Viviani, – mentre oggi altre ricerche indicano che il fenomeno è in diminuzione, con la ripresa delle attività nei ristoranti”.
Resta da vedere come evolverà la situazione: “I dati della ricerca sono stati raccolti durante il secondo lockdown, e non sappiamo cosa succederà quando la situazione tornerà normale, – conclude Secondulfo.– È probabile che alcuni comportamenti, come la tendenza alla condivisione, si ridimensionino, mentre penso che resterà una maggiore attenzione agli acquisti, e i consumatori saranno sempre meno manipolabili”.
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