Le differenze di gusto tra i vari tipi di caffè sono dovute soprattutto alle modalità di preparazione sempre più diffuse sia al bar sia a casa. C’è il caffè filtrato, la moka, la caffettiera napoletana, il classico espresso e poi ancora quello ottenuto con le cialde. Si tratta di bevande con profili aromatici e sensoriali che catturano le preferenze dei consumatori.
Quando però l’attenzione si sposta sulla composizione chimica, la fase più importante non riguarda la modalità di preparazione, ma la tostatura. I tempi e le temperature della tostatura determinano la formazione di alcune molecole e la distruzione di altre, con notevoli implicazioni sulle proprietà fisiologiche della bevanda.
Per determinare il grado di tostatura i torrefattori osservano il colore e calcolano la perdita di peso dei chicchi. Si tratta di operazioni rimaste legate alle tradizioni locali, anche in un periodo come questo dove si tende a globalizzare i processi industriali. Resta quindi ancora molto marcata la differenza tra tostature “chiare” tipiche dei paesi anglossassoni, e tostature “scure” diffuse soprattutto nel bacino del Mediterraneo.
Nella figura a fianco sono mostrati alcuni campioni di caffè con le relative temperature di lavorazione e il diverso grado di tostatura commerciale. E’ sin troppo evidente l’intensità della tostatura all’Italiana (a destra).
Mentre in molti prodotti alimentari un trattamento termico spinto e l’uso di temperature elevate porta alla formazione di composti potenzialmente pericolosi, nel caffè avviene il contrario. La tostatura scura riduce di circa il 50% la concentrazione di acrilammide (sostanza considerata tossica) e aumenta quella di melanoidine, il polimero scuro e amaro che viene utilizzato come una fibra dai batteri del colon.
Recenti lavori hanno dimostrato che la tostatura intensa permette di ridurre la secrezione acida dello stomaco. La molecola responsabile di questo effetto è il N-metil-piridinio un composto che si forma durante la torrefazione dei chicchi.
Nel grafico a fianco sono riportati i risultati di un esperimento realizzato su un gruppo di volontari a cui è stata inserita una sonda nello stomaco, per misurare il livello di acidità. Dopo avere bevuto il caffè (con un grado di tostatura sia chiaro che scuro) alle persone è stato dato subito dopo del bicarbonato, per provocare una rapida diminuzione dell’acidità (ovvero un innalzamento del pH). A questo punto è stato calcoalto il tempo necessario per riportare la secrezione gastrica al valore di acidità iniziale.
Confrontando i dati sui volontari che hanno bevuto caffè tostato chiaro (linea rossa), con quelli che hanno ingerito caffè tostato scuro (linea blu), e utilizzando un terzo gruppo come riferimento (linea nera), emerge un dato molto interessante. Il caffè scuro inibisce l’acidità dello stomaco e ritarda la secrezione gastrica del 20% rispetto al gruppo di controllo. Per contro il caffè tostato chiaro accentua l’arrivo della secrezione acida del 30%.
Si tratta di un’indicazione interessante per gli amanti della tazzina che soffrono di acidità gastrica e di riflusso. A loro conviene provare una bevanda preparata con tostatura scura prima di rinunciare a questo piccolo grande piacere.
Vincenzo Fogliano (Chimica degli alimenti e di alimenti funzionali all’Università di Napoli Federico II)