Si accende lo scontro sulla denominazione dei prodotti a base vegetale che ricordano la carne come ad esempio: burger, polpette, salsicce vegetali e simili, via via che la decisione del Parlamento Europeo si fa più vicina. Mentre infatti le associazioni europee riunite in Copa Cogeca, l’unione delle associazioni europee degli agricoltori, allevatori e delle loro cooperative, lanciano la campagna Ceci n’est pas une steak, alcune di quelle per la promozione di un’alimentazione vegetariana/vegana, per il benessere animale e per la difesa dell’ambiente ribattono. Il loro accorato appello è lanciato attraverso la campagna Stop the veggie burger ban, lanciata da Proveg International invitando tutti i cittadini europei a firmare la sua petizione. In essa si invitano i parlamentari europei a non votare gli emendamenti 165 e 171 al regolamento 1308/2013, in discussione il prossimo 20 ottobre, nell’ambito dei quali, tra le diverse modifiche proposte (e necessarie per uniformare il mercato), potrebbe trovarsi anche la norma che vieta di attribuire ai prodotti vegetali denominazioni già tipiche della carne, con estensione anche a quelli simili ai derivati del latte.
La tesi sostenuta dalle associazioni è che il varo di norme così restrittive sarebbe contrario al tanto annunciato Green New Deal, a iniziative specifiche quali From Farm to Fork e all’intento dell’Europa di sostenere i cittadini in una svolta verde, che si concretizzi anche con la diminuzione del consumo di carne, oltreché contraddittori rispetto alla prassi. Infatti, vietare di chiamare un burger vegetale in questo modo e costringere i produttori a inventarsi denominazioni fantasiose, avrebbe un unico risultato: confondere – e quindi scoraggiare – il consumatore che, al contrario, da quelle due parole ricava tutto ciò che serve per fare una scelta consapevole, ovvero il prodotto assomiglia ad altri noti, i burger, ma non contiene carne. Non solo. Con l’emendamento 71 si andrebbe oltre i divieti attuali, che già impongono di non usare termini come latte per i prodotti vegetali: sarebbe proibito anche far riferimento a termini che richiamano i prodotti animali come “cremoso”, una pretesa che in alcuni punti sfiora il ridicolo.
Dichiara Claudio Pomo, responsabile dello sviluppo di Essere Animali, una delle associazioni che sostengono l’iniziativa: “Le alternative vegetali sono commercializzate sul mercato come burger vegan da anni in tutto il mondo e ora che il mercato è in espansione, il settore e l’industria della carne chiedono una censura preoccupante. Nessuno si sognerebbe mai di proibire il termine burro di arachidi, eppure tutti sappiamo che non c’è burro di origine animale all’interno”.
I divieti, si legge ancora nel comunicato dell’associazione “sarebbero sproporzionati alla questione e potrebbero falsare la concorrenza sul mercato alimentare europeo con restrizioni ingiustificate, causando un impatto negativo sull’industria alimentare dei prodotti di origine vegetale, in forte crescita, la cui capacità di commercializzare e vendere i propri prodotti ne uscirebbe soffocata”. Ci sarebbe insomma una forte distorsione della concorrenza, ottenuta attraverso una forzatura legislativa e in totale contraddizione con gli intenti dichiarati dell’Europa. “È invece fondamentale” continua Pomo “facilitare l’accesso agli alimenti di origine vegetale, garantendo al tempo stesso che la descrizione e la presentazione di questi prodotti sia chiara e trasparente”.
L’iniziativa, cui partecipano importanti aziende italiane del settore plant-based, come The Bridge, Food Evolution, Pangea Foods, IoVeg, nasce dalla European Alliance for Plant-based Foods (EAPF), l’Alleanza europea per gli alimenti a base vegetale che ha l’obiettivo di facilitare la transizione verso un’alimentazione vegetale, e include aziende quali Nestlé, Oatly, Beyond Meat, Upfield, oltre alle organizzazioni ProVeg e Good Food Institute.
© Riproduzione riservata
Giornalista scientifica
Non capisco alle associazioni vegane cosa cambi: è palesemente una mistificazione volta ad ingannare chi NON è vegano, dato che il vegano guarda e sceglie, il non vegano vede hamburger e pensa sia carne.
Quindi lasciamo il nome corretto alle cose, rispettiamo chi è più facilmente ingannabile, non facciamone questione di tifo ridicolmente come la solito.
Beyond Meat, Impossible Meat, Nestlè, Kellog’s, Findus, Unilver, McDonald’s, Burger Kings e tutte le altre multinazionali decise a sfruttare questa novità finché dura hanno trovato il modo di riscrivere completamente la realtà, secondo il miglior modello orwelliano: fabbricano polpette vegetali, le chiamano xyburger per confonderle con i veri burger… ma sono i cattivissimi produttori di carne che sono colpevoli di non volere questa concorrenza sleale.
Ovviamente data la potenza mediatica di queste organizzazioni stramultimiliardarie e politicamente ammanigliate a tutti i livelli la campagna di disinformazione che fanno è ossessiva e martellante, e come si sa qualunque menzogna se ripetuta abbastanza a lungo diventa una verità… non meravigliatevi se il prossimo step sarà la richiesta di vietare di chiamare hamburger quelli di carne.
Prima o poi bisognerà entrare nella convinzione che tutti sanno leggere e capire ciò che leggono, le eccezioni sono rarissime, e quindi chi tira fuori il proprio portafoglio per comprare qualcosa può sbagliare una volta per fretta o disattenzione ma non possiamo pensare che greggi di persone comprino sedano pensando di prendere zampe di gallina.
Quello che per me è incomprensibile è per quale motivo si dovrebbe comprare e consumare un succedaneo, composto mediamente da non meno di 18/20 sostanze diverse mescolate insieme nella migliore tradizione dei cibi ultratrasformati bilanciati per riprodurre circa forma e forse sapore del cibo da sostituire.
I motivi per cui si rinuncia alla carne li conosco (quasi) tutti e li condivido ma consiglio ai veg di ragionare attentamente , non è possibile a mio parere che il cambiamento che crediamo di rappresentare passi attraverso cibi industriali assomiglianti molto al cibo spazzatura che tanto critichiamo.
Perchè dovrei usare il termine salsiccia-bistecca-prosciutto-latte per cose che non lo sono, lo ripeto queste denominazioni sono un artificio pubblicitario dei produttori, con un pò di fantasia campo in cui siamo maestri si può passare oltre.
Non è una vittoria come sento dire che un preparato di soia possa continuare ad essere chiamato bistecca/carne, è un segno di debolezza ideologica.
Il motivo per il quale questi prodotti vanno incentivati è quello di spingere le persone che non riescono ad essere del tutto vegetariani o vegani per abitudini alimentari decennali, gusti, ecc. ad avvicinarsi ad un’alimentazione più ricca di verdure e, di conseguenza, più povera di carne e derivati.
Chi ha una storia di vegetarianesimo o veganesimo già di suo (per motivi etici, di salute, di quello che si vuole ecc. ecc.) non ha certo bisogno di questi prodotti per essere convinto. Questi prodotti sono per chi vorrebbe ma non ha abbastanza forza per abbandonare le abitudini alimentari consolidate.
Per questo motivo, in questa fase storica di spinta verso un Green new Deal, sono alimenti fondamentali!!
@Claudia
“Il motivo per il quale questi prodotti vanno incentivati è quello di spingere le persone che non riescono ad essere del tutto vegetariani o vegani per abitudini alimentari decennali, gusti, ecc. ad avvicinarsi ad un’alimentazione più ricca di verdure”
Questo nella propaganda dei giganti multinazionali Beyond Meat, Impossible Meat, Nestlè, Kellog’s, Findus, Unilver, McDonald’s, Burger Kings, che vedono aprirsi un nuovo mercato e sono pronte a sfruttarlo a fondo e molto semplicemente intendono incentivare i propri incassi alle spalle dei gonzi.
Mah… Pensare che un consumatore non sia in grado di distinguere tra hamburger e altri prodotti di origine animale o vegetale, mi sembra un insulto all’intelligenza… Piuttosto, rovescerei il problema che senso ha per un vegetariano acquistare prodotti succedanei della carne?
Sarebbe come dire che vegetariani si diventa per privazione.
Se sono vegetariano, non ho mica bisogno di prodotti che mi richiamino l’idea di carne… o no?
Roberto, non è questione di intelligenza ma di ATTENZIONE, fare la spesa non è come guidare un’auto dove se ti distrai ti schianti (per quanto anche lì… quanti usano il cellulare guidando?), è un’operazione rutinaria e in gran parte automatica che fai pensando ai fatti tuoi o parlando al telefono quindi più chiare sono le indicazioni più la puoi fare con meno stress.
E poi nessuno sta chiedendo alle multinazionale di chiamare i loro prodotti “spazzaturaburger” o “schifoburger”, si chiede solo di essere chiari: se proprio vegetariani e vegani soffrono a non poter comprare prodotti con nomi di cibi che non mangiano, per contorte motivazioni psicologiche già sviscerate da persone ben più qualificate di me, sarebbe già un passo avanti se come per il “latte di soia” la definizione che campeggia in etichetta fosse inequivoca e non fuorviante.
Roberto, io sono vegetariana ma non perchè non mi piaccia la carne come sapore o come forma che prende (bistecca, burger, polpetta…). Ho scelto di non generare sofferenza con la mia dieta visto che posso non farlo, rinunciando a mangiare cose che mi piacevano.
E ogni tanto la voglia di burger o di ragù mi viene…..
Del resto, per esempio, le polpette possono essere fatte di qualsiasi cosa, e di fatto lo sono nelle cucine tradizionali di varie parti del mondo.
Quindi, che differenza c’è fra un falafel o polpetta di ceci e un burger di ceci? Il sostantivo indica la forma del prodotto, il complemento di specificazione di cosa è fatto.
Non capisco il problema: nessuno compra il salame di cioccolato o il burro di cacao o il latte di mandorla pensando di comprare prodotti di origine animale…
ma scoppia il panico se lo si fa sui burger vegetali.
Micol “nessuno compra il salame di cioccolato o il burro di cacao o il latte di mandorla pensando di comprare prodotti di origine animale”
Ancora? Ma proprio non riuscite a capire che salame di cioccolato, ovetti kinder, linue di gatto SI TROVANO NEL REPARTO PASTICCERIA/DOLCI e quindi anche un analfabeta non ha modo di confondersi?
Invece le multinazionali vogliono i fintoburger sugli stessi scaffali dei veri burger… RIUSCITE A VEDERE LA DIFFERENZA?
A parte che i nomi che citi e tanti altri sono preparazioni tradizionali che impariamo a conoscere fin da bambini, come il pane “fisarmonica” o il “carta da musica” o il”cagnolino”, la “rosetta”…