La riduzione del sale è oggi un imperativo categorico per migliorare la salute delle popolazioni. Già nel 2007 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato di non superare i 5 grammi al giorno di cloruro di sodio nella dieta – a fronte di consumi medi che rasentano il doppio di tale soglia – quale condizione per non aumentare il rischio di patologie cardio-vascolari.
L’industria alimentare è impegnata – in sinergia con le Amministrazioni sanitarie – a ridurre il sale dai propri prodotti, compatibilmente con le esigenze c.d. tecnologiche (a esempio, di conservazione). La sfida principale è quella di educare i consumatori a sapori più delicati, meno sapidi. Gli interventi sono perciò progressivi, orientati nel medio-lungo periodo, e soprattutto devono venire estesi quanto possibile alla generalità degli alimenti.
In attesa che i gusti si “ingentiliscano” gli operatori provano anche a sperimentare alternative al sale, per aggiungere sapore con un minore apporto di sodio. A tal fine in Occidente si è fatto sino a oggi ricorso essenzialmente ai cloruri di potassio e di calcio, i quali tuttavia non sono privi di controindicazioni per alcune categorie vulnerabili di consumatori (nei casi di disfunzioni renali).
Ci si è allora rivolti a Oriente, in cerca di nuove idee che sono state sperimentate e documentate in uno studio, sul “Journal of food Science”.1 Si parte dalla salsa di soia che, aggiunta agli alimenti, può aumentare la percezione di sapidità e consentire la riduzione del contenuto di sale sino al 50% senza alterare il gusto dei prodotti. Esperimento riuscito, in particolare per i condimenti da insalata, le zuppe, le carni. L’unico inconveniente è legato al fatto che la soia, come il grano che è pure presente in parecchie di queste salse, sono ingredienti allergenici e possono quindi limitare la fruibilità del prodotto finale da parte di consumatori allergici e celiaci (nel caso del grano).
Un altro ingrediente proviene dalla tradizione culinaria giapponese. Il “bonito”, un brodo a base di pesce e alghe – pure essiccato, in polvere – è altresì utile a esaltare il sapore delle pietanze e diminuire il sale.
Per migliorare le caratteristiche organolettiche dei prodotti a base di carne, diminuendo il tenore di sodio, si possono anche utilizzare i “purple bamboo salts”. Si tratta di sale marino che viene cotto sulle braci di bambù col duplice effetto di purificare i cristalli di sale e infondervi gli aromi degli oli essenziali del bambù.2
Un’altra tecnica per ridurre il sale preservando al contempo la percezione di sapidità è l’utilizzo di aceto di riso che pure, grazie al sapore delicato (rispetto agli aceti di vino), non altera il gusto delle preparazioni.3
Infine il “sale sferico” (“round salt”) – un cristallo di sale immune dalla naturale tendenza ad agglomerarsi che è tipica del sale solubile, realizzato da ricercatori indiani – viene indicato come un possibile strumento di riduzione di utilizzo del cloruro di sodio, in particolare sulle carni e i prodotti da forno.4
E’ interessante notare come tutte le soluzioni indicate (con eccezione dell’ultima) appartengono alle tradizioni millenarie di popolazioni assai longeve, radicate su insegnamenti che sono ripresi sui testi di macrobiotica diffusi da circa mezzo secolo anche nei paesi occidentali.
“Il sale può dare una scossa violenta all’organismo. In Oriente si usano i cibi sotto elencati per facilitarne l’assorbimento, senza scosse:
tamari – circa 18% di sale [salsa di soia tradizionalmente ottenuta mediante fermentazione di fagioli di soia, acqua e sale marino, ndr]
miso – 13% di sale [una pasta scura realizzata con fagioli di soia e sale marino, in alcune varianti abbinati a orzo o riso, invecchiata tra 6 mesi e 3 anni in barili di legno, ndr]
zuppa di miso – 10% di miso – 0,9% di sale […]”5.
Chissà mai che anche i nostri tecnologi alimentari vadano a trovare ispirazione nell’antica saggezza asiatica, in quest’era globalizzata e pure un po’ afflitta dai postumi dello squilibrio nelle diete e gli stili di vita.
Dario Dongo
Per maggiori informazioni:
(1) “Journal of food Science”, doi: 10.1111/j.1750-3841.2009.01232.x, su
http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1750-3841.2009.01232.x/pdf
(2) “Meat Science”, doi: 10.1016/j.meatsci.2010.08.001
(3) “Journal of Food Science”, doi: 10.1111/j.1750-3841.2009.01116.x
(4) “Crystal Growth & Design”, doi: 10.1021/cg050633v
(5) “Il medico di se stesso, manuale pratico di medicina orientale”, Naboru Muramoto, Feltrinelli, Milano – 1a ed. 1975, ISBN 88-07-58007-1
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