manzo pascolo emissioni

Il Brasile, con i suoi 200 milioni di capi, è uno dei principali produttori mondiali di carne bovina, e anche una delle principali fonti di gas serra, emessi sia direttamente dagli animali – come il metano – che, indirettamente, dalla continua deforestazione, che libera la CO2 dal suolo e dagli alberi. L’Amazzonia, da sola, rilascia in atmosfera il 6% di tutti i gas serra emessi sulla Terra, per fornire al resto del mondo non meno del 20% di tutta la carne bovina che consuma, con una costante tendenza all’aumento della produzione. Come se ne esce, visto che il Governo Bolsonaro appoggia questo settore e promuove ulteriori deforestazioni?

Un esempio virtuoso e realistico arriva da un grande esperimento raccontato dalla BBC, e condotto sul campo dall’agenzia statale Brazilian Agricultural Research Corporation (Embrapa), che ha ottenuto la certificazione per un manzo a zero emissioni di carbonio grazie a un  nuovo modo di concepire i pascoli: punteggiandoli di eucalipti. L’idea che in quelle condizioni sembra dare ottimi risultati, è quella di piantare lunghe file di eucalitpti a distanza di due metri l’uno dall’altro e a 14-22 metri tra file, per un totale di 250-350 alberi per ettaro. Tipicamente nei pascoli brasiliani pascola un animale circa per ogni ettaro. 

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In Brasile si sperimentano pascoli alberati con piante di eucalipto per compensare le emissioni di gas serra dei bovini allevati nel Paese

Nel loro ciclo vitale, queste piante, autoctone, a crescita rapida e già sfruttate per usi commerciali, sequestrano fino a 5 tonnellate di carbonio, quanto le emissioni di 12 bovini. Inoltre producono circa 25 metri cubici di legname per anno. Il legname può essere impiegato per esempio nell’ambito edilizio o artigianale, e manterrà per sempre sequestrati almeno due terzi del carbonio che contiene. Ma un altro aspetto è particolarmente interessante: gli animali, se pascolano in un ambiente ombroso, consumano meno acqua e crescono prima, diventando in media il 30% più produttivi. Il foraggio, se non esposto al pieno sole, contiene infatti più clorofilla, ed è più nutriente. In questi terreni alberati, un bovino arriva a 250 kg in due anni. Infine gli alberi favoriscono un minimo di biodiversità, che va invece del tutto persa nei pascoli totalmente spogli. Una volta che gli alberi sono giunti alla fine del ciclo vitale, vengono tagliati e sostituiti da nuove pianticelle.

Secondo i ricercatori di Embrapa, probabilmente questo tipo di assortimento non è ideale per tutte le condizioni, ma se ne possono studiare e utilizzare altri. Per esempio, in alcune zone del sud del Paese loro stessi stanno introducendo con successo il pino brasiliano (Araucaria angustifolia), anch’esso autoctono e minacciato di estinzione. In generale, è stato calcolato che già oggi il 10% dei pascoli brasiliani è oggetto di sperimentazioni di nuovi, quasi sempre inediti assortimenti tra foraggio e altri tipi di alberi o piante. Anche se solo una piccola percentuale di essi raggiunge la neutralità del carbonio, il segnale è positivo e indica che, se non il governo, almeno una parte di allevatori sta cercando di modificare il modo di produrre carne e sta ricorrendo sempre di più all’agricoltura rigenerativa.

Di tutta la deforestazione perpetrata in un anno nel mondo, un terzo è attribuibile al Brasile, così come di tutti i gas serra emessi, il 6% deriva da bovini brasiliani. La necessità di invertire la rotta è condivisa anche da una certa quota di allevatori, preoccupati delle rese sempre più basse dei metodi tradizionali, del cambiamento climatico e del rischio di malattie. Produrre manzo a emissioni zero non è certamente la soluzione definitiva, ma può aiutare a mitigare gli effetti degli allevamenti che oggi forniscono 72 milioni di tonnellate di carne bovina ogni anno (quanto 12,5 volte la piramide di Giza in Egitto).

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Claudio
Claudio
12 Luglio 2021 17:43

“Come se ne esce, visto che il Governo Bolsonaro appoggia questo settore e promuove ulteriori deforestazioni?”

con l’eucalipto, il pino, le alghe rosse e la musica classica…