Una coalizione di organizzazioni ambientaliste, animaliste e alcune associazioni di consumatori (*), chiedono che siano rivisti lo schema di decreto e gli standard per la certificazione di benessere animale dei prodotti suinicoli italiani previsti dalla nuova certificazione. Il Sistema di Qualità Nazionale Benessere Animale, portato avanti dai ministeri delle Politiche Agricole e della salute insieme con Accredia, e istituito con l’articolo 224 bis nel Decreto Rilancio, prevede la certificazione e l’etichettatura volontaria di prodotti di origine animale che rispettano standard superiori ai requisiti di legge.
La certificazione che sta per essere votata in Conferenza Stato-Regioni, invece, prevederebbe di etichettare con il claim “benessere animale” anche prodotti provenienti da scrofe in gabbia e suini con la coda tagliata sistematicamente, pratica in violazione di quanto espresso nella direttiva europea di protezione dei suini. Tale certificazione garantirebbe inoltre priorità di accesso ai fondi PAC e PNRR, favorendo ancora una volta gli allevamenti a carattere intensivo, piuttosto che la transizione verso sistemi più sostenibili e realmente attenti al benessere animale.
“Una scrofa confinata in gabbia e un suino di 170 kg che vive su una superficie di 1,1 mq non sono esempi di benessere animale, né di transizione verso una maggiore sostenibilità ambientale”, dichiarano le associazioni. “Chiediamo al ministro della Salute Speranza, che è responsabile per il benessere animale, e al ministro delle Politiche agricole Patuanelli, responsabile della qualità del Made in Italy, di modificare lo schema di decreto”
Le associazioni chiedono che non siano approvati in Conferenza Stato-Regioni gli standard di certificazione di benessere animale per i suini presentati insieme alla bozza di Decreto, perché verrebbero certificati con questo claim prodotti che arrivano da allevamenti con livelli di benessere inesistenti, e che, per aspetti come il taglio della coda, non potrebbero riottenere la certificazione. Si tratta in sostanza di un inganno per consumatori e un enorme danno alle aziende che stanno investendo per migliorare le condizioni di vita degli animali allevati.
Se i criteri della certificazione resteranno quelli previsti a oggi, si tradirà completamente la promessa che PAC e PNRR siano utilizzati per stimolare un’agricoltura più sostenibile, nella direzione richiesta dal Green Deal europeo e dalla Strategia Farm to Fork” dichiarano le associazioni che concludono: “La proposta ministeriale di certificazione volontaria dei prodotti suinicoli tradisce la fiducia dei consumatori perché fornisce informazioni fuorvianti. Inoltre, certificare come ‘benessere animale’ pratiche standard del tutto insufficienti livella verso il basso la qualità del comparto, penalizza gli allevatori virtuosi, fa perdere un’importante occasione per rendere più sostenibile l’allevamento suinicolo italiano e non risponde alle aspettative dei cittadini in tema di benessere degli animali allevati.
(*) Le associazioni sono: Animal Law, Animal Equality, Animalisti Italiani, CIWFItalia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Federazione nazionale Pro Natura, Greenpeace, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, LIPU, The Good Lobby
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
L’unica cosa che etichetta e certifica il dolore animale sono le gabbie , il taglio della coda e la conseguente mancanza di liberta’.
Altro che etichettatura di ” benessere animale” per i consumatori ..
“Pensavo di aver visto tutto in 25 anni di giornalismo, ma quando sono entrata in questi allevamenti con Essere Animali ho assistito a scene scioccanti”.
Così ha dichiarato la giornalista Sabrina Giannini, autrice di “Indovina chi viene a cena”, il programma in onda su Rai 3.
Si tratta di uno dei più interessanti e approfonditi programmi di inchiesta della tv italiana, con cui abbiamo collaborato molte volte, e anche la prima puntata di questa nuova stagione, andata in onda sabato sera, non ha deluso le aspettative!
Quella vista da più di 800mila persone è un’inchiesta potente, che oltre a denunciare gravi squilibri nell’agricoltura intensiva ha mostrato come sia praticamente impossibile garantire il benessere animale nell’attuale sistema di produzione degli allevamenti.
Un bollino per lavare le coscienze.
pur non essendo mai entrato negli allevamenti intensivi immagino cosa possono provare questi esseri. E poi, parliamo di violenza. Piuttosto, anziché aspettare le calende greche per le decisioni politiche, che non arrivano mai, noi tutti, se coscienti che tali comportamenti non sono consoni ad un paese che si ritiene essere civile e attento ai bisogni di tutti gli esseri, siano essi umani o animali, non dovremmo consumare carne o quanto meno limitarne, e di molto, i consumi. E’ l’unico modo perché la situazione possa cambiare. E’ l’unico atteggiamento che l’allevatore capirebbe in quanto lede le proprie tasche.