È stata pubblicata la nona edizione sulle prestazioni globali in m materia di benessere degli animali d’allevamento da parte delle grandi aziende alimentari. Si tratta di uno strumento riconosciuto per valutare politiche, performance e trasparenza delle comunicazioni in tema di benessere animale dei principali leader dell’industria alimentare globale. Il dossier realizzato da Compassion in world farming analizza le comunicazioni rese pubbliche dalle aziende e le posiziona in una classifica che va dal livello 1 (in cui si trovano quelle che mostrano politiche, pratiche e performance eccellenti) al livello 6 (dove si trovano quelle che non hanno ancora integrato il tema nelle proprie strategie).
L’analisi ha riguardato 150 aziende che hanno focalizzato l’attenzione su questo aspetto. Un miglioramento c’è stato visto che rispetto alle prestazioni del 2019, 23 imprese sono salite di almeno un livello e il punteggio medio complessivo è aumentato di circa l’1% nel 2020 (*).
Analizzando la situazione nei vari Paesi, il dossier 2020 mette in luce come il benessere animale stia diventando un tema sempre più importante anche in Asia e in America Latina, regioni fondamentali da un punto di vista globale dato che qui si trovano alcuni tra i più grandi produttori di carne. Diverse aziende di questi Paesi hanno migliorato il proprio punteggio al punto di salire di almeno un livello nella valutazione, tra queste il produttore tailandese CPF Foods, quello giapponese Meiji Holdings e l’azienda brasiliana Marfrig. Le prime posizioni sono comunque occupate dalle inglesi: Cranswick, Marks & Spencer, Noble Foods e Waitrose
Nel rapporto ci sono otto aziende italiane appartenenti alla ristorazione, produzione e trasformazione e grande distribuzione analizzate, tra queste l’unica ad avere migliorato significativamente il punteggio complessivo è Barilla, che sale al secondo livello della valutazione e si conferma l’azienda italiana con il posizionamento più alto.
In questi anni Barilla ha progressivamente migliorato la valutazione, arrivando a eliminare le gabbie per le galline ovaiole dalle proprie filiere nel 2019, oltre agli importanti miglioramenti sulle altre filiere, come l’eliminazione progressiva del taglio della coda nei suini. La salita dal terzo al secondo livello nel benchmark di quest’anno è stata possibile grazie a una comunicazione più strutturata e dettagliata in tema di governance aziendale.
La situazione delle altre aziende italiane rimane pressoché invariata con Camst, Gruppo Cremonini, Ferrero, Gruppo Veronesi e Coop Italia che si collocano nel livello 4 (che corrisponde ad aziende che stanno facendo progressi o sono in fase di implementazione dei propri standard di benessere animale). Mentre Conad e Autogrill non avendo ancora pubblicato una policy generale in tema di benessere animale, rimangono nel livello 6, il più basso della piramide.
(*) L’89% delle aziende analizzate riconosce il benessere animale come un tema prioritario nelle proprie politiche, rispetto al 71% del 2012. Inoltre, il 79% ha politiche trasversali sul benessere animale in confronto al 46% del 2012.
giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Positivo il cambiamento di Barilla.. E adesso altre aziende la seguano a ruota
“Qualcuno lo chiama benessere – Contro i falsi miti della felicità animale”
Marc Bekoff, etologo
Jessica Pierce, bioeticista
Lettura consigliata per chi vuole andare oltre la propaganda green/washing, animal/washing.