donna lavoro fabbricaLavoro da dieci anni per un’azienda italiana nel settore alimentare che si è fatta conoscere in Italia e all’estero per la qualità delle materie prime impiegate, privilegiando un prodotto naturale privo di conservanti e coloranti. Personalmente, come dipendente, avendo visto e vissuto la produzione e molti altri aspetti legati, ho sempre riscontrato onestà fra quanto dichiarato dall’azienda e l’effettiva qualità del prodotto offerto nei negozi. Ciò mi ha portato fin dall’inizio del mio rapporto di lavoro a sposare in pieno la filosofia aziendale e a condividerla con i clienti.

Negli ultimi anni però, dopo alcuni cambiamenti interni, non posso più affermare di ritrovare in azienda quella qualità iniziale per cui si era fatta conoscere e soprattutto quella trasparenza e onestà nei confronti dei clienti. Per quanto il messaggio trasmesso dall’azienda al pubblico sia il medesimo, ci sono passaggi e lavorazioni che vengono omesse e dalle quali mi sento di prendere le distanze. Sono un dipendente ed eseguo ciò che mi viene richiesto, ma quando smetto di lavorare sono anche un cliente e un consumatore e in quanto tale mi sentirei preso in giro se venissi a sapere di certe dinamiche poco limpide.

La ragione per cui vi scrivo è proprio risolvere questo mio dubbio. Fin dove può spingersi un dipendente raccontando la verità su un prodotto, rimanendo onesto con i clienti e con se stesso senza però infrangere il rapporto che lo lega al datore di lavoro, non rivelando segreti aziendali a terzi? Si può raccontare la verità senza essere considerato una “spia aziendale”, ma una persona che richiede correttezza e chiarezza soprattutto da parte di quelle grandi aziende che della trasparenza ne fanno un loro tratto distintivo?

Lettera firmata

Rispondere non è facile perché il lettore non entra nel merito del problema, possiamo solo dire che se le cose sono cambiate in negativo e ci sono elementi in contrasto con quanto riportato sull’etichetta allora la questione merita di essere segnalata.

Aggiornamento del 25 giugno 2021. Abbiamo pubblicato un’altra lettera di questo lavoratore in cui spiega alcuni dettagli delle pratiche al limite della correttezza attuate dalla propria azienda.

© Riproduzione riservata Foto: Stock.adobe.com

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Gina
Gina
7 Giugno 2021 17:05

Sentirsi “in sintonia” con l’azienda per la quale si lavora è di vitale importanza sia per l’azienda che per gli stessi dipendenti.. . Dove esiste onestà, armonia e trasparenza tra dipendenti e datore di lavoro la produzione e la vendita ne beneficiano sempre.
Che fare quindi se la qualità del prodotto che l’azienda italiana produce si è deteriorato nel tempo a danno dei consumatori ??? Che fare se l’azienda non è più completamente onesta verso di loro ??? La dipendente, essendo lei stessa una consumatrice del prodotto, dovrebbe prima parlare dei suoi dubbi con il titolare del azienda o con chi ne fa le veci.. Credo che sia fondamentale conoscere prima la risposta che viene dall’alto.
La serietà e l’onestà di un’azienda la si riscontra anche nella risposta che il datore di lavoro deve alla sua dipendente che mostra tentennamenti o perplessità su un problema…

Carlo Donati
Carlo Donati
26 Giugno 2021 20:16

Il Regolamento (UE) 625/2017 sui controlli ufficiali contiene, per la prima volta, indicazioni specifiche per favorire e proteggere i cosiddetti “whistleblowers”, cioè chi denuncia attività scorrette o eventuali frodi.

lucataff
lucataff
28 Giugno 2021 05:38

Con il Regolamento UE 2021/382 che riguarda la cultura della sicurezza alimentare con una nuova revisione del Codex alimentarius, in ogni azienda del settore ogni operatore della filiera deve comprendere l’importanza del proprio impegno a fornire alimenti sicuri per i consumatori. Quindi se il problema è la sicurezza episodi del genere dovrebbero moltiplicarsi.