Tra i cibi che hanno più successo negli ultimi anni, l’avocado è certamente in cima alla lista. Ma il boom di questo frutto tropicale, che si è guadagnato la nomea di superfood, rischia di avere un impatto ambientale importante nelle aree del centro e sud America (ne avevamo già parlato qui). La Borsa della Spesa, la rivista dell’associazione dei consumatori svizzeri Acsi, racconta i problemi legati all’avocado e alla sostenibilità in un articolo che vi proponiamo.
Nell’ultimo decennio il consumo di avocado nel mondo è cresciuto in modo importante, così anche in Svizzera. Benché sia coltivato prevalentemente in zone tropicali e subtropicali (Messico, Cile , Repèubblica Domenicana) oltre che in Spagna e in piccola parte in Sicilia, si tratta di un frutto regolarmente presente al supermercato. La produzione e i trasporti da oltre oceano presentano però aspetti critici.
Dissipiamo subito un dubbio: l’avocado è un frutto o un ortaggio? In effetti il più delle volte accompagna piatti salati, lo si mangia spesso in insalata, è utilizzato in salse per snack. La polpa poco zuccherina alimenta la curiosità sulla reale natura di questo strano prodotto esotico: nonostante ciò che si può supporre, la botanica lo classifica tra i frutti. Per la precisione si tratta di una drupa, un frutto carnoso dalla buccia sottile e dal nocciolo legnoso. Ci sono diverse varietà di avocado, le più comuni sono Fuerte e Hass.
Si tratta di un frutto tra i più in voga a livello mondiale. Ii Svizzera nel 2017 si arrivati a quasi 14,7 mila tonnellate, il doppio rispetto al 2012.
È uno dei frutti più calorici che esistono, ma la maggior parte delle calorie arriva dai grassi “buoni”(85%), di questi spiccano principalmente l’acido oleico (9g/100g) e linoleico (1,7g/100g), i due acidi grassi tanto decantati (giustamente) nell’olio d’oliva. È anche particolarmente ricco di fibre alimentari e povero di zuccheri ed è una buona fonte di proteine, nonché di vitamine (soprattutto C, B5, E) e di minerali (in particolare il potassio). Per queste sue caratteristiche è anche considerato un superfood (superalimento) molto apprezzato anche tra vegetariani e vegani.
I maggiori paesi produttori si trovano in centro-sud America, Messico, Repubblica Dominicana, Colombia, Perù, Cile e Brasile, ma si contano anche Indonesia, Kenya, Stati Uniti (soprattutto la California). La crescente richiesta a livello mondiale sta però creando seri problemi in gran parte dei paesi produttori che, per farvi fronte, e allettati dai relativi guadagni, hanno deforestato e trasformato in monocolture intere aree coltivabili. È accaduto in Messico uno dei principali paesi produttori e soprattutto esportatori , ma anche in Perù e Cile (altri Paesi che esportano prevalentemente in Europa). A ciò si aggiunge il problema della grande quantità di acqua indispensabile per queste produzioni, quantità che cresce con l’aumento della superficie coltivata a discapito della popolazione. Nella provincia di Petorca in Cile (nella regione di Valparaiso), ci sono aree dove c’è scarsità cronica di acqua potabile e i piccoli coltivatori non ne hanno a sufficienza per coltivare e allevare gli animali. Si stima che per produrre 500 grammi di avocado (pari a 2-3 pezzi di medie dimensioni) siano necessari circa 280 litri di acqua (a titolo di paragone, la lattuga ne richiede solo 20). Le coltivazioni necessitano anche di grandi quantità fertilizzanti e prodotti chimici non sempre adeguati agli standard europei o svizzeri, causa di inquinamento del terreno e delle riserve d’acqua.
Per giungere nei nostri supermercati l’avocado percorre migliaia di chilometri e ciò rende ancor meno sostenibile il consumo. Dal Messico a noi, tra nave e trasporto su strada, ci sono ben più di 10 mila chilometri. E oltre 12 mila km dal Cile, per cui un chilo di avocado, se trasportato via nave, comporta 0,6 kg di CO2, se via aereo ben 13 chili (dati Wwf). Qualche mese fa la trasmissione televisiva romanda À Bon Entendeur (puntata del 26/03/19), aveva parlato di questo frutto mettendo in luce i problemi ambientali e calcolando l’impatto ambientale del trasporto dei frutti provenienti da Spagna, Cile, Messico, Brasile e altri Paesi, calcolando l’impronta di CO2 degli avocado provenienti da Perù e Messico.
I dati evidenziano quanto le distanze percorse incidono sulla quantità di CO2 emessa nell’ambiente. Queli provenienti dalla Spagna hanno il minore impatto (0,285 kg CO2eq per kg), anche se il problema dell’acqua nelle zone coltivate riguarda anche la regione dell’Andalusia due si coltivano. Benché il frutto provenga da regioni con clima tropicali e sub-tropicale si è adattato bene al sud della Spagna e anche in Sicilia. I trasporti via mare e poi su strada dagli altri paesi del centro e sud America causano emissioni di CO2 superiori e sono peggiori dal profilo ambientale: 0,419 kg CO2eq/kg per la Repubblica Dominicana, 0,659 per il Cile e 0,660 per il Messico.
La scelta dei consumatori si rivela anche in questo caso importante . Per contenere i danni all’ambiente derivanti da questa produzione occorre, giocoforza, limitarne il consumo, valutare attentamente la provenienza e/o cercare alternative nutrizionali più sostenibili. Si tratta di un’operazione non difficile vista l’ampia offerta di frutta e verdura locale o coltiva in aree non molto distanti. Non dimentichiamo che esiste una relazione tra il cibo che mangiamo e la salute, precaria, del pianeta.
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Dimenticati di Israele ? Al mio supermercato sono , e sono sempre stati , la maggior parte proveniente da Israele .