Molto apprezzato sulle tavole di tutto il mondo, il polpo è anche un animale particolarmente intelligente e sensibile. Per fare fronte alle richieste del mercato da anni si studiano forme di allevamento come avviene per altri pesci anche se la cosa presenta problemi di sostenibilità ambientale, etici e tecnici. In queste pagine vi proponiamo un testo tratto dalla riflessione sull’argomento di Giovanni Ballarini, pubblicata su Georgofili.info
Il polpo spopola sulle tavole dei ristoranti e sono moltissime le ricette che lo prevedono come ingrediente principale, dalle insalate e “carpacci”, senza escludere i primi piatti. Questo è quindi ormai diventato uno dei più amati tra i 550 animali acquatici maggiormente apprezzati in cucina, come ostriche, gamberetti, salmoni e tonno rosso, allevati in cattività in quasi 190 paesi. Diversi i motivi di questo successo a tavola e, tra questi, la possibilità di trasformarlo in diversi modi senza mostrare le sue forme, tanto da non sembrare un pesce. Le specie di polpi sono circa 300 e oltre 100 delle quali sono catturate in vario modo, con un pescato mondiale che già 15 anni fa era di circa 400 mila tonnellate ed è andato crescendo.
Oggi i due terzi del pescato proviene dall’Asia e i principali importatori sono Giappone, Corea, Spagna, Grecia, Portogallo e Italia, con una domanda in crescita e una inevitabile crescita dei prezzi, che rendono interessante anche l’ipotesi di un allevamento. La specie su cui si punta maggiormente per sperimentare la crescita in cattività è l’Octopus vulgaris. Si tratta di un animale che si adatta facilmente alle condizioni di cattività, ha un alto tasso di crescita, un ciclo di vita piuttosto breve (uno o due anni), ha un alto tasso riproduttivo e un buon prezzo di mercato.
Già nel 1977 l’allevamento del polpo era stato ipotizzato da Roger T. Hanlon ed è stato nuovamente studiato nel 2004 da PauloVaz-Pires e dai suoi collaboratori. Governi, università e aziende private hanno recentemente investito importanti risorse nel progettare l’allevamento di polpi. Si tratta di una prospettiva che sta divenendo realtà e che, al tempo stesso, inizia a sollevare questioni di diverso tipo, dal benessere dei polpi, all’alimentazione e ai relativi riflessi ambientali. Il polpo è infatti prevalentemente ‘carnivoro’ e si nutre di crostacei, ricci di mare, altri molluschi e piccoli pesci. L’allevamento pone quindi le stesse conseguenze ambientali di altri tipi di acquacoltura carnivora, e determina un aumento, e non l’auspicata riduzione, della pressione sugli animali acquatici selvatici.
I polpi hanno un tasso di conversione alimentare di circa tre a uno (il peso degli animali acquatici necessari per nutrirlo è circa il triplo di quello del polpo). Questo impoverisce la pesca globale e non risolve la sfida di fornire un’alimentazione adeguata a una popolazione umana in crescita. Inoltre, anche se i ricercatori dovessero scoprire una dieta meno insostenibile per il polpo e ne riducessero l’impatto ecologico, l’allevamento sarebbe per alcuni comunque non etico, se non addirittura immorale. Da tempo gli studi sui polpi dimostrano che questi invertebrati hanno un cervello relativamente grande e un sistema nervoso sofisticato oltre a un comportamento complesso. I polpi sono in grado di risolvere problemi, cambiano colore per imitare l’ambiente circostante, hanno una buona memoria, superano in astuzia gli squali predatori, distinguono tra i singoli esseri umani, hanno comportamenti interpretati come giocosi e cacciano in risposta a segnali cooperativi inviati dai pesci.
Per questo, alcuni hanno ipotizzato che siano capaci di esperienze di tipo ‘cosciente’ e ritengono che, per ragioni etiche, questo animale non sia adatto a una vita in cattività e a una produzione “industriale”. In questo momento, l’allevamento di polpi è limitato dalla tecnologia, perché è difficile mantenere in vita gli animali nelle prime fasi dopo la nascita, ma con ulteriori investimenti e ricerche sarà probabilmente possibile allevare anche i polpi su scala industriale. È del marzo scorso la notizia che una multinazionale spagnola (Nueva Pescanova) avrebbe iniziato quest’estate la commercializzazione del polpo comune (Octopus vulgaris) allevato nelle Isole Canarie, con una produzione prevista di 3 mila tonnellate all’anno. Non è possibile al momento prevedere il futuro di quest’allevamento e il dibattito che potrebbe scaturire da un problema irto di complessità culturali. Si potrebbe obiettare che anche ai maiali è attribuita una notevole intelligenza, quale sarebbe la differenza tra un maiale d’allevamento e un polpo? Sarà necessario indicare al consumatore se un polpo è selvaggio o di allevamento? A chi il compito di giudicare se mangiare un polpo è immorale?
tratto da Georgofili.info
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002
Forse se ci preoccupassimo di orientare le nostre scelte in funzione del perseguimento della nostra più autentica vocazione esistenziale, una volta scoperta e accettata, potremmo contare su un eccellente fattore di consapevolezza interiore come elemento guida all’interno del vasto mondo delle possibili scelte “migliori”.
E tutte queste false questioni sembreranno un inutile esercizio digestivo, spero un tentacolo andato di traverso………….
A proposito della parte finale dell’articolo, penso che andrebbero eliminati tutti gli allevamenti intensivi degli animali, polpi compresi.
Esatto che differenza c’è tra un polpo e un maiale entrambi senzienti e intelligenti. Ma anche i cavalli i gatti e i cani lo sono. qual è il sottile confine che ci da il diritto di decidere tu vivi libero e ti invece puoi essere allevato, ucciso e mangiato.
Davvero abbiamo questo diritto?
E questo “diritto” dove ci ha portato? a inquinare, distruggere, sfruttare impoverire spolpare l’ecosistema in cui viviamo e di cui siamo solo un tassello.
Invece di pensare a come allevare i polpi sarebbe più opportuno discutere di come eliminare gli allevamenti intensivi di qualsiasi animale (causa tra laltro del diffondersi di epidemie che rischiano di fare ammazzare animali sani e liberi, vedi Sfattoria degli Ultimi) .
Allevare i polipi è immorale come lo è allevare i maiali, le mucche e le galline negli allevamenti intensivi.
Coltiviamo legumi e nutriamoci in modo più etico con essi.