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A due anni dall’adozione del logo unico europeo per il “bio”, una ricerca stabilisce la percezione del consumatore

Dal luglio 2012, il nuovo logo europeo di certificazione dei prodotti biologici è obbligatorio su tutti gli alimenti biologici preconfezionati commercializzati  nell’Ue. La Germania, considerata il paese con il maggior mercato del biologico, utilizza già diversi marchi  volontari  rilasciati  da istituzioni governative e private, e alcuni temevano che  l’aggiunta di un nuovo logo potesse indurre in confusione i consumatori.

 

Una ricerca pubblicata dalla rivista Food Policy, dimostra che c’è spazio per marchi diversi, perché i consumatori sanno distinguere le specificità delle varie certificazioni. Al momento, a parità di standard richiesti per ottenere il logo, i tedeschi hanno  più familiarità con il marchio Bio-Siegel, introdotto dal governo tedesco nel 2001. Il più antico marchio biologico tedesco, Demeter, convive con quello europeo, perché richiede degli standard più severi e molti consumatori abituali preferiscono acquistare prodotti che hanno entrambe le certificazioni.

 

Questo è l’aspetto sottolineato dai due autori dello studioMeike Janssen e Ulrich Hamm, dell’Università di Kassel – secondo i quali, come riferisce il sito Food Navigator, per stare in un mercato competitivo, i loghi volontari di organizzazioni private devono possedere un valore aggiunto, percepibile dai consumatori, rispetto a quello obbligatorio europeo.

Beniamino Bonardi

© Riproduzione riservata

Foto: iStockphoto.com

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Ely
Ely
1 Ottobre 2014 11:52

I tedeschi sono i consumatori di bio meno consapevoli del mondo, si vantano tanto dei loro prodotti bio quando se sapessero esattamente da dove provengono gli ingredienti forse mangerebbero convenzionale!
Nel 90% dei cereali da colazione di colossi tedeschi le materie prime sono bio ma di pessima qualità e di origine Cina e/o Sud America. l’importante e’ che costi poco…questa la politica dei buyer tedeschi con cui ho a che fare tutti i giorni.

Costante
Costante
4 Ottobre 2014 17:35

Esperienza personale in Germania:
Come QA manager di una azienda lattiera Italiana con consociate estere ho voluto verificare lo stato dell’arte di prodotti “biologici” prodotti e commercializzati da un n.s stabilimento situato in Baviera e verificare, con i responsabili, la catena di certificazione relativa. Ebbene, il direttore responsabile dell’ente di certificazione appositamente venuto ad incontrarmi voleva convincermi che nel latte “biologico” da noi raccolto, e da loro certificato, non potevano , in quanto “biologico” , crescere i microorganismi coliformi e neppure i patogeni. Basta questo livello di ignoranza e presunzione a qualificare lo stato del “biologico” come lo si intende in Germania?