L’ultimo libro di Greta Thunberg, attivista contro il cambiamento climatico, è una miniera di informazioni e una call to action a livello mondiale per salvare la specie umana dall’estinzione causata dall’emissione eccessiva di CO2 nell’atmosfera. Solo alcuni capitoli del libro sono firmati dall’autrice, la maggior parte delle 464 pagine di The Climate Book è stata scritta da oltre 100 scienziati, ricercatori, giornalisti che si interessano di sviluppo sostenibile.
Dal 1990 al 2021 abbiamo emesso più CO2 che nel resto dei secoli della storia umana. Nel frattempo le multinazionali del petrolio, dagli anni ’80 in poi, confondevano l’opinione pubblica negando l’esistenza del cambiamento climatico. I ricchi, che rappresentano il 10% dei maggiori emettitori di CO2, sono responsabile di circa il 50% di tutte le emissioni di gas serra, mentre la metà più in basso (50%) della popolazione più povera al mondo contribuisce con appena il 12% delle emissioni totali. E chi sono i ricchi? Sono i Paesi più industrializzati, in altre parole siamo noi.
Ma sono soprattutto “i ricchi nei Paesi ricchi” che hanno la maggiore responsabilità della dilapidazione del nostro pianeta. “Un americano del famoso ‘1%’ causa dieci volte più emissioni di gas serra di un americano medio, un americano medio tre volte più di un francese medio, un francese medio dieci volte più dell’uomo della strada del Bangladesh” (Annie Lowrey). La maggior responsabilità delle emissioni di CO2 nell’atmosfera è di USA, Cina, Russia, Germania, Regno Unito, Giappone… La ricchezza dei Paesi del cosiddetto primo mondo è stata costruita sullo sfruttamento di molte nazioni: pensiamo alla posizione egemonica occupata dall’Europa dal 1400 in poi, alle colonie in cui si sono assoggettate o annientate le popolazioni indigene, alla tratta degli schiavi durata secoli.
In altre parole abbiamo costruito il nostro benessere non solo depredando le risorse di molti Paesi, ma anche inquinando l’atmosfera a tal punto da precludere loro (nazioni più povere e in via di sviluppo) la possibilità di fare lo stesso per poter crescere economicamente come noi. Abbiamo rubato il futuro delle popolazioni che sono distribuite nella zona equatoriale (in primis Africa), che subiranno per prime le conseguenze del cambiamento climatico. Oltre un miliardo di persone saranno costrette ad emigrare per cause climatiche, indotte dal nostro stile di vita consumistico.
Nel corso degli ultimi 500 milioni di anni ci sono state almeno cinque grandi estinzioni di massa, ognuna delle quali ha annientato all’incirca i ¾ delle specie del pianeta. Quindi nella storia della Terra ogni 100 milioni di anni massive eruzioni vulcaniche o meteoriti, che hanno alterato il ciclo del carbonio aumentando la CO2 atmosferica, hanno causato delle estinzioni di massa che possiamo considerare come degli eventi naturali. La novità è che noi, cosiddetti Homo sapiens, comparsi solo 200mila anni fa, possiamo essere la causa della nostra stessa estinzione (anticipata). In ogni caso la vita sul pianeta Terra come è sempre stato ricomincerà da capo con o senza di noi.
Ogni giorno che passa l’umanità si avvicina al baratro ignorando completamente il problema del cambiamento climatico. L’economia oggi deve continuare a correre e non c’è una volontà di considerare i costi legati alle catastrofi che verranno e che già stiamo toccando con mano negli ultimi anni. “The climate change” non è un problema, ma il principale problema dell’umanità e di fronte a questa catastrofe le popolazioni dovrebbero coagulare le loro forze e non sperperare risorse in altri settori, tipo le guerre permanenti che hanno l’unico scopo di drenare soldi dalla fiscalità di USA ed Europa per finanziare il complesso industriale americano.
Il cibo che mangiamo ha un impatto molto importante sulla produzione di gas serra (CO2 anidride carbonica, CH4 metano, NO2 protossido di azoto). Anche se riuscissimo a rimuovere ogni altra fonte di emissioni di gas serra, (trasporti, riscaldamento/condizionamento ecc…), se non cambiamo il modo di produrre e consumare cibo, entro i prossimi decenni supereremo 1,5°C di riscaldamento e poco dopo la fine del secolo i 2°C.
Il fabbisogno di terra per la produzione di carne e latticini equivale a un’area grande quanto Nord e Sud America messi insieme. Se continuiamo a produrre il cibo con le stesse modalità attuali, distruggeremo gli habitat della maggior parte delle piante e degli animali selvatici, portando innumerevoli specie all’estinzione con gravi conseguenze anche per noi. “Se ci convertissimo a un’alimentazione vegetariana, potremmo nutrirci consumando il 76% di terra in meno” (Michael Clark).
“La più alta priorità per il cambiamento sta nell’intervenire su quel 5% di calorie responsabile del 40% del peso ambientale degli alimenti. Si tratta principalmente di bestiame e colture ad alto input destinati ai mercati urbani. I principali fornitori, in questo campo, sono le aziende agricole di Stati Uniti, Cina, Asia meridionale ed Europa, che forniscono frumento, riso, mais, semi di soia, girasoli, patate, canola (semi di colza) e altri prodotti per l’alimentazione animale, l’alimentazione umana e l’industria.” (Sonia Vermeulen)
La carne che più ha un impatto sull’ambiente è quella di manzo, seguita dal maiale. Ognuno di noi può fare la differenza e può, nel suo piccolo, iniziare una rivoluzione cambiando il cibo che mette a tavola. “Soia, fagioli rossi, lenticchie, orzo e piselli rendono tra le 7 e le 28 volte più proteine del manzo, usando dall’1 al 40 % delle risorse.”(Gidon Eshel). Il libro è una fonte inesauribile di informazioni su come intraprendere una vita più ecosostenibile, dalla riduzione dei viaggi con aereoplani, dall’uso di minor quantità di vestiti, riduzione degli sprechi, come comperare e consumare meno, riciclare, piantare alberi… ma non mancano riflessioni sulle cause nascoste di questo fenomeno, ovvero la collusione tra media e lobby interessate a mantenere lo status quo.
Infatti, sostiene che la responsabilità maggiore del negazionismo climatico per molti anni sia stata di quotidiani, riviste, radio, TV pubbliche (anche la BBC) e private, che sono stati la cassa di risonanza della propaganda dei portatori di interesse. “Ci hanno ripetutamente ingannato rispetto alle scelte che ci troviamo di fronte. Ci hanno distratto con le banalità e hanno evocato spauracchi e capri espiatori per impedirci di vedere dove stavano i nostri veri problemi. Per conto dei loro ricchi proprietari, hanno cercato di giustificare un’economia politica che consente a pochissimi individui oltremodo ricchi di arraffare e distruggere la ricchezza naturale da cui tutti dipendiamo.” (George Monbiot)
La situazione è tragica: ormai abbiamo quasi esaurito la capacità di assorbimento di CO2 da parte della nostra atmosfera, cioè ‘il budget’ a disposizione del pianeta, ma buona parte dei Paesi poveri non ha raggiunto degli standard minimi di sviluppo economico/tecnologico e di benessere. Quindi dobbiamo riconoscere che noi ricchi siamo debitori nei loro confronti e dovremmo impegnarci per una maggiore redistribuzione delle ricchezze. “Equità e sostenibilità vanno di pari passo. Non può esserci sostenibilità senza equità, e non può esserci equità senza sostenibilità” (Hilda Flavia Nakabuye).
The Climate Book, creato da Greta Thunberg, 464 pagine, Strade Blu Mondadori 2022, 28 euro
© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Mondadori
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medico nutrizionista