Da quando è iniziata l’emergenza coronavirus, alcuni prodotti sono spariti dagli scaffali dei supermercati. Uno di questi è l’alcol denaturato, utilizzato per disinfettare le superfici. L’alcol etilico – spesso chiamato semplicemente “alcol” – si ricava dalla fermentazione di materiali vegetali zuccherini. In Europa deriva dalla lavorazione della melassa di barbabietola, da cereali come il mais, o da “materie vinose”, cioè scarti della produzione del vino; nella regione dei Caraibi si ricava dalla canna da zucchero. Il prodotto ottenuto da queste fermentazioni viene distillato per ottenere l’alcol “puro”, liquido incolore dall’odore pungente. La parte di qualità più elevata (al 96% circa di alcol etilico) è destinata all’uso alimentare, commercializzata come alcol “buon gusto”, o utilizzata per la produzione di liquori; la parte meno pregiata, invece, è utilizzata dall’industria, oppure per la pulizia e la disinfezione.
L’alcol denaturato, quello rosa, che si trova – o si trovava – in vendita a prezzo conveniente, si ottiene dall’alcol grezzo in seguito all’aggiunta di sostanze che fanno sì che non si possa bere. Le sostanze aggiunte per denaturare l’alcol sono stabilite da un regolamento comunitario (Regolamento di esecuzione (UE) 2017/1112) e comprendono anche il colorante rosso che permette di distinguere immediatamente questo liquido come un prodotto non destinato all’alimentazione. A seconda della destinazione d’uso, si trova a diverse concentrazioni, quello per uso domestico di solito è al 90%.
L’alcol usato per disinfettare, insomma, non è molto diverso, anche se meno puro, da quello usato per i liquori, ma viene “alterato” per motivi che possiamo definire fiscali: il prodotto alimentare è soggetto alle accise degli alcolici (10,35 €/litro), mentre quello utilizzato per la disinfezione non è soggetto a questa tassa, quindi ha un prezzo basso. Perché adesso è così difficile trovarlo? L’abbiamo chiesto a Claudio Melucci managing director & partner di S.A.I., azienda parmense che, con circa 7 milioni di bottiglie l’anno, è leader italiana nella produzione di alcol denaturato commerciale.
“L’alcol denaturato è un prodotto tradizionale del mercato italiano, mentre è poco presente nel resto d’Europa. – Dice Melucci – È sempre stato un mercato plafonato, senza oscillazioni della domanda. Ora è successo che la richiesta da parte dei consumatori è aumentata in modo abnorme e non riusciamo a farvi fronte. La nostra azienda acquista alcol grezzo da tutta Europa e lo trasforma in alcol denaturato. In questi mesi però le frontiere sono state chiuse e questo ha reso più difficile l’approvvigionamento di materia prima. Le grandi distillerie che producono alcol grezzo in Italia sono pochissime, da quando sono scomparsi la bieticoltura e gli zuccherifici. Inoltra bisogna considerare il fatto che buona parte di questo è destinato ai carburanti, quindi viene miscelato alle benzine verdi, come prevede il Protocollo di Kyoto e i distillatori in questo caso ricevono dall’UE un contributo di circa 20 € all’ettolitro.”
La S.A.I. produce le bottiglie di alcol che troviamo per esempio nei supermercati Esselunga, Conad e Coop. Non si trova però all’origine della filiera. Un po’ più a monte troviamo invece un’azienda come Caviro Extra. Caviro è una cooperativa che riunisce 12mila viticoltori in tutta Italia e produce vini che vanno dal Tavernello al Brunello di Montalcino. Caviro Extra è una società collegata, che si occupa di tutte le attività connesse, diverse dalla produzione di vino confezionato. Queste comprendono le attività di riutilizzo dei residui di lavorazione, in un’ottica di economia circolare. Qui sono prodotte basi per l’aceto balsamico, biometano ricavato dagli scarti di lavorazione, e alcol da vinacce e fecce (residui della lavorazione del vino).
Abbiamo chiesto chiarimenti sulla filiera a Fabio Baldazzi, direttore generale di Caviro Extra. “L’alcol che ricaviamo dalla lavorazione del vino – dice Baldazzi – è destinato all’uso industriale.
Questo è il bioetanolo, combustibile rinnovabile prodotto da scarti che purtroppo ha impiego esclusivamente all’estero non essendovi ancora in Italia una regolamentazione atta all’utilizzo di questo tipo di carburante che è la componente biologica addizionabile alla benzina. Il grosso della nostra attività però – commercializziamo circa 500mila ettolitri di alcol l’anno – riguarda la lavorazione di alcol che importiamo principalmente dall’Est Europa e viene distillato per essere indirizzato a diversi utilizzi. Il 20% circa è destinato alla produzione di liquori e l’80% viene denaturato. Questo in parte diventa l’alcol denaturato “rosa” che vendiamo in autobotti alle aziende che confezionano le bottiglie che si trovano normalmente a scaffale, mentre la parte restante è utilizzata per la produzione di cosmetici, per esempio i gel igienizzanti.”
“In questi mesi – continua Baldazzi – la domanda è aumentata di cinque-sei volte. Un prodotto spesso dimenticato è stato riscoperto. È incrementata sensibilmente la richiesta da parte dell’industria cosmetica, ma si è visto soprattutto un imponente spostamento dei consumi: l’alcol è stato rivalutato come disinfettante e oggi trova piena collocazione in diversi punti vendita, non solo supermercati. In marzo e aprile abbiamo triplicato la produzione, in alcuni casi abbiamo voluto donarlo a diverse strutture, tra cui la Protezione Civile tramite l’Associazione Nazionale Alpini, per far fronte all’emergenza.”
E i prezzi, come si stanno comportando? “I prezzi dell’alcol denaturato all’ingrosso sono certamente aumentati ma non in misura esponenziale e questo è dovuto agli aumenti imposti dai paesi di origine del prodotto grezzo – fa notare Baldazzi –. Come in tutte le filiere agricole, però, il costo della materia prima incide solo in minima parte sul prezzo del prodotto finale; ciò che pesa maggiormente sono i passaggi produttivi, il confezionamento, il marketing… Parlando di un prodotto cosmetico oggi ben noto a tutti, il gel igienizzante, quando è disponibile a scaffale nel formato da 80 ml, ha il prezzo medio di 3,20 €, il costo dell’alcol etilico in esso contenuto si attesta intorno a 10 centesimi. Un intervento che sicuramente darebbe un aiuto al reperimento di ulteriore materia prima per l’alcol denaturato potrebbe essere quello annunciato in sede ministeriale, di procedere a una distillazione di circa 2 milioni di ettolitri di vino generico, che corrisponderebbero a circa 200.000 ettolitri di prodotto alcol.”
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Ma in Italia la benzina non è addizionata con il 5% di alcol anidro? Perchè qui si dice che viene usato solo all’estero? Certo in altri Paesi si trovano carburanti con il 10-15-85% di etanolo e anche puro in Brasile (da usarsi con i motori flex che hanno salvato la Fiat nel periodo di massima crisi.). Forse in un periodo di prezzi del petrolio molto basso basterebbe addizionarne solo il 4,9 % e l’alcol sarebbe disponibile per altri impieghi…
Dove è finito l alcool!!!
Gentile Giovanni,
per rispondere alla sua domanda abbiamo sentito Sandro Cobror, direttore di Assodistil, che ci ha spiegato che l’indicazione E5 che si legge sulle pompe di banzina significa che quella benzina contiene al massimo il 5% di bioetanolo, ma in realtà in Italia non è quasi mai presente alcuna aggiunta di questo biocarburante. Siccome l’Italia, come tutti i paesi europei, è tenuta a utilizzare, per i trasporti, almeno il 10% di energia rinnovabile, questa quota viene soddisfatta aggiungendo al gasolio biodiesel ricavato da olio di palma.Possiamo quindi dire che si tratta di un’etichettatura ingannevole.
Sta ricomparendo…
Spesso in confezioni ridotte (così è meno evidente il prezzo reale).
Molto spesso anche in concentrazione ridotta.
Così se prepariamo un disinfettante casalingo per oggetti mirato al SARS-CoV-2 (il virus del Covid) seguendo le indicazioni del CNR (4 parti di alcool denaturato + 1 parte di acqua – presupponendo un alcool denaturato al 90%), cosa ci ritroviamo in mano?
Mai usato. Non mi metto a comprarlo certamente ora
mi dite dove è scritto nel Regolamento di esecuzione (UE) 2017/1112) “comprendono anche il colorante rosso”? per l’italia non c’è più scritto. nel precedente c’era scritto che in Italia si aggiungeva ‘3 g di C.I. reactive red 24 (colorante rosso), soluzione al 25 % p/p,’ ora quella voce non c’è più
Gentile Matteo,
non mi è chiaro il senso della sua domanda, se la pone come consumatore. Il regolamento prevede una serie di sostanze, fra cui “C.I. reactive red 24”, colorante rosso. Non ho presente la legislazione specifica per l’Italia, comunque il prodotto posto in vendita come alcol denaturato nel nostro paese è di colore rosa. Diversamente, l’alcol denaturato utilizzato dall’industria cosmetica (come per esempio per il gel igienizzante) non è di colore rosa.
Grazie per questo interessante articolo. Pensavo l’alcol denaturato fosse diffuso ovunque allo stesso modo, visto che è un essenziale in casa per i suoi mille usi possibili, oltre alla disinfezione efficace e rapida. Speriamo torni presto sugli scaffali, quello che ho lo sto usando con estrema parsimonia.
Bell’articolo, grazie per la cura nella raccolta delle informazioni.
Utilizzo normalmente alcool denaturato (sia nella variante colorata di rosa che in quella “bianca” per uso professionale, ottenuta con denaturante non colorato) anche per ragioni collegate al mio lavoro, sia come disinfettante per superfici che per impieghi tecnici particolari, nella funzione di solvente o di detergente per apparecchiature, e posso confermare che il mese di maggio è stato molto problematico quanto ad approvvigionamento di questo prodotto. Ora in effetti la situazione sembra anche a me lentamente tornare piano piano nella direzione di una auspicabile normalità.
Conosco le applicazioni alimentari dell’etilico puro ed avevo già sentito dire della nostra strana politica nazionale in materia di impiego di quello non alimentare come carburante, ma non so capacitarmi delle ragioni che possono stare a monte di quest’ultimo aspetto.
Voglio ringraziarvi perché siete L unico media che ha parlato di questa emergenza che tutti ignorano. È da mesi che cerco alcol denaturato qui a Milano: è totalmente sparito da super e farmacie, ovunque introvabile. Sto parlando di Milano e non di Roccacannuccia! E forse un massiccio invio nella capitale della Lombardia vista la situazione non guasterebbe! Dell’ articolo contesto solo il punto dove si sostiene lo scarso uso. In casa mia c’ è sempre stato sia per disinfettare ferite che per le iniezioni che per igiene domestica. E non credo di essere il solo. Confermo che tuttora il prodotto è introvabile e nessuno, tranne voi, ne ha parlato. Non ci sono solo le mascherine….
Mi pare poco realistica l’affermazione che l’alcol denaturato sia poco usato, personalmente non solo lo uso abitualmente come disinfettante (come antisettico preferisco l’anmmonio quaternario) ma tutti i miei conoscenti, ma proprio tutti, lo usano da sempre sia per usi casalinghi che per piccole ferite.
Certo non è un prodotto di cui si consumino grandi quantitativi, come del resto dell’alcol “buongusto” (quanti sono gli italiani che fanno liquori casalinghi?) per cui l’insensata corsa all’acquisto da parte di tutti di forti quantitativi (pareva che alcuni credessero di dovercisi fare il bagno, nell’alcol) ha esaurito le scorte talmente in fretta che il movimento NOALKOL neppure ha fatto in tempo a nascere!
Gentile Mauro,
rispetto ad alcuni decenni orsono, quando era un prodotto molto usato a livello domestico per disinfettare sia le superfici che piccole ferite, nel tempo è stato in buona parte sostituito da disinfettanti di diversa natura. Melucci sottolineava il fatto che è un prodotto diffuso nel nostro Paese, mentre nel resto d’Europa è poco utilizzato a livello domestico.