Agrumi misti e alcune foglie su superficie grezza nera: mandarini o clementine, limoni, arance, lime, kumquat

Apprezzati in tutto il mondo, gli agrumi sono un simbolo della cultura mediterranea e in particolare dell’Italia meridionale. Eppure arrivano dall’Asia, e in forma diversa da quella che conosciamo oggi. E questa è solo una delle sorprese che ci arriva da Agrumi. Una storia del mondo (Il Saggiatore 2023) il saggio che Giuseppe Barbera, già professore ordinario di Colture arboree all’Università di Palermo ha dedicato a questi frutti fascinosi, partendo da miti antichi di millenni per ricostruirne la storia e le peregrinazioni. “Non è un caso che ancora oggi  i grandi coltivatori di agrumi chiamino ‘giardini’  le loro coltivazioni intensive”, spiega Barbera. Anche se coltivate per il consumo, le piante di agrumi hanno comunque un ruolo decorativo che questo saggio rievoca in decine di illustrazioni. “Pochi alberi hanno attirato la fantasia di artisti e poeti come gli agrumi”, ricorda l’autore, “per la bellezza e la varietà di forme profumi e sapori, senza dimenticare il caratteristico gusto aspro che li distingue da tutti gli altri  frutti”.

A favorire la diffusione degli agrumi è stata anche la loro robustezza e la facilità d’ibridazione che ha permesso di sviluppare molte varietà e anche di salvare gli agrumeti attaccati da parassiti: “Gli agrumi sono frutti particolarmente sani, grazie anche allo spessore della loro buccia che li rende meno attaccabili dai parassiti, e questo rende più semplice anche organizzare coltivazioni biologiche”, spiega Barbera. Anche se negli anni le monoculture hanno favorito la diffusione di parassiti come il mal secco – il fungo Deuterophoma tracheiphila – e la tristezza – Citrus tristeza virus. “In questi casi – spiega l’autore – il problema è stato risolto con nuovi innesti ibridati con varietà resistenti, una pratica che negli ultimi anni ha portato a un rinnovamento degli agrumeti siciliani”.

agrumi una storia del mondo giuseppe barbera il saggiatore
agrumi una storia del mondo giuseppe barbera il saggiatore

La storia degli agrumi però comincia da lontano, nel tempo e anche nello spazio: queste piante sono di origine asiatica, “ma hanno acquistato le qualità che conosciamo grazie alle caratteristiche del clima mediterraneo, gli sbalzi di temperatura e i periodi di siccità”, spiega Barbera. Il primo ad arrivare dall’oriente è stato con ogni probabilità il cedro, uno dei tre capostipiti della famiglia insieme al mandarancio e al pomelo: sono questi i tre frutti da cui attraverso ibridazioni sono arrivati tutti gli altri. Gli aranci amari, nati secondo gli studi più recenti dall’ibridazione tra un pomelo e un mandarino, erano le classiche piante utilizzate a ornamento dei giardini islamici “e sono arrivate in Europa insieme agli arabi”, prosegue l’autore, “non erano commestibili in quanto tali, ma usati come piante medicinali o per farne liquori o marmellate”. È però la creazione dell’arancia dolce a far esplodere il mercato degli agrumi: “A livello mondiale le arance, coltivate in 140 paesi, sono al secondo posto dopo le mele in termini di quantità prodotte e di superfici coltivate”, ricorda Barbera. “Ma se si considerano gli agrumi nel loro complesso, sono certamente al primo posto tra la frutta”. Un successo che ha portato anche eccessi: in molti ricordano le immagini drammatiche di arance invendute distrutte con i trattori, immortalate da Ferdinando Scianna in foto presenti nel libro. “Uno spreco dovuto soprattutto a incapacità di programmazione del mercato”, sottolinea l’autore, “il problema esiste anche oggi, ma invece di distruggere la frutta la si avvia alla trasformazione in succhi e marmellate”. Oggi le arance esistono in diverse varietà: “in passato le arance rosse erano meno apprezzate, specie sui mercati esteri, mentre oggi si comincia a coltivarle anche negli Stati Uniti” spiega Barbera, anche se tra le varietà più diffuse ci sono le Navel, che hanno all’estremità inferiore una specie di ombelico – navel in inglese, “e sono quelle che in Sicilia erano chiamate le brasiliane”.

Arance e limoni – nati come ibrido tra arancio amaro e cedro – sono certamente i più diffusi tra gli agrumi, ma non dobbiamo dimenticare i pomeli, usati soprattutto nella cucina orientale, e i pompelmi consumati anche da noi, anche se non hanno mai raggiunto il successo di altri agrumi, a causa delle dimensioni e anche delle tante interazioni con farmaci. “I mandarini al contrario hanno sempre avuto successo, anche grazie alle piccole dimensioni, e lo stesso vale per i diversi tipi di mandaranci e clementini, ibridi senza semi sempre più apprezzati“, ricorda l’autore. Anche per i mandarini d’altronde esistono diverse varietà, come i minuscoli mandarini cinesi kumquat, che si mangiano senza sbucciarli , o il tardivo di Ciaculli , nato negli anni ’50 del secolo scorso grazie a un coltivatore della Conca d’Oro che, avendo osservato per caso su una pianta un ramo i cui frutti maturavano più tardi degli altri, ne ha propagato le gemme fino a ottenere alberi con quella caratteristica.

gli agrumi il cedro
Il primo agrume ad arrivare dall’oriente è stato con ogni probabilità il cedro, uno dei tre capostipiti della famiglia insieme al mandarancio e al pomelo

Una varietà che permette di disporre di agrumi in tutti i mesi dell’anno: le arance sono tipicamente frutti invernali, ma si comincia a settembre con i mandarini Satsuma e si arriva a maggio/ giugno, senza dimenticare i limoni verdelli, nati da una forzatura che spinge la pianta a rifiorire : “Maturano in estate”, spiega Barbera,  e sono i protagonisti delle granite e dei gelati. E poi ci sono novità esotiche: “Gli  agrumi sono piante fortemente portate all’ibridazione ma anche a mutazioni” spiega Barbera. Spuntano continuamente nuove varietà sia nell’area mediterranea – da cui viene  per esempio il Tacle, un ibrido tra tarocco e clementina sviluppato nella piana di Acireale – sia in Australia  “da cui viene il citrus australasica, il cosiddetto caviale di limone, uno strano frutto in cui il succo non è raccolto in spicchi ma in vescicole che ricordano vagamente le uova di storione”.

Ma non tutti gli agrumi si mangiano: ce ne sono che hanno utilizzi diversi come il chinotto, coltivato soprattutto nella riviera ligure dove se ne sfrutta la buccia per produrre la popolare bibita. O il bergamotto caratteristico della Calabria,”utilizzato per farne marmellate o sciroppo oltre che come integratore per la sua azione anti colesterolo, e naturalmente per l’industria dei profumi”.  Che sfrutta anche i fiori di arancio o dell’arancio amaro da cui si estrae l’olio essenziale neroli, oppure il petit grain che si ricava da foglie e frutti acerbi.

© Riproduzione riservata. Foto: Il Saggiatore, Depositphotos, Fotolia

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Mario
Mario
25 Aprile 2023 13:53

Anche se breve, ottima descrizione. Mi si permetta, visto che scrivo dalla Sicilia, un piccolo commento: da diversi anni troviamo nuove varietà di arance. Molto scadenti al gusto, avevamo tempo fa arance di una meraviglia unica. Scomparse.