Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti il viaggio del cibo realizzato da: spinaci, broccoli, piselli e altri ortofrutticoli consumati in una città come Chicago, percorrono in media 2400 km prima di raggiungere gli scaffali dei supermercati. Facendo un po’ di calcoli si scopre che solo il 20% dell’energia necessaria per produrre e commercializzare questi prodotti è da addebitare al settore agricolo. La rimanente quota è assorbita dalle fasi di trasporto, refrigerazione, lavorazione, confezionamento e distribuzione.
Anche in Italia è normale trovare al supermercato mele e pere provenienti dal Cile, kiwi importati dalla Nuova Zelanda, ananas dal Kenia. C’è anche l’uva proveniente dal Sudafrica, i salmoni dalla Norvegia, i vini della California e potremmo continuare l’elenco di prodotti non proprio a Km 0.
Sul sito inglese Food Miles è possibile scoprire quanti chilometri percorre il cibo che mangiamo, basta inserire il luogo in cui ci troviamo, quello di provenienza dell’alimento e il nome in inglese. Per provare a “giocare”, andate direttamente sul sito, dove compare il calcolatore virtuale (foto a destra).
Il sistema dà un’idea dei chilometri percorsi considerando il tragitto da una capitale all’altra. Per ogni tragitto sul sito compare la mappa e la quantità di andidride carbonica prodotta in relazione alla modalità di trasporto: aereo, nave, treno. È possibile anche cliccare sull’alimento scelto per visualizzare le statistiche: il grano è stato visto 941 volte, con una classifica dei Paesi di provenienza più ricercati che vede il Canada in testa, seguito dagli Stati Uniti e dalla Cina.
La classifica della pasta è stata ricercata 5946 volte e per 5122 volte con origine italiana (ovviamente in testa, seguita dalla Cina con 131 ricerche di origine). Possiamo anche giocare immaginando di esportare: pasta, olio, Parmigiano Reggiano, prosciutto di Parma dall’Italia verso un altro Paese.
Sempre su Food Miles è possibile utilizzare un’applicazione per risalire all’origine delle uova – in questo caso britanniche – inserendo il codice che si trova stampigliato sul guscio. La stessa cosa possiamo farla con le uova italiane, attraverso questo sito, scaricando una App per smartphone.
Ovviamente il sistema di Food Miles fornisce un valore indicativo, sia dei chilometri sia dell’emissioni di CO2. A queste quantità andrebbero aggiunti il trasporto fino al sito di stoccaggio, la lavorazione o la distribuzione, addirittura dal supermercato a casa nostra, infine la quantità di energia per la produzione (gli ortaggi coltivati nelle serre inglesi, percorrono poca strada per arrivare a Londra, ma consumano una quantità di energia esagerata rispetto agli ortaggi coltivati nelle serre siciliane).
Noi abbiamo provato a creare una mappa di alcuni prodotti importati prendendo come riferimento geografico la città di Roma, voi potete fare la vostra considerando gli acquisti più frequenti cliccando su Food Km.
Infine, chi vuole comperare prodotti a “Km 0” può provare l’App Orto in Tasca, che segnala l’azienda più vicina che vende frutta e verdura di prossimità.
Fonte dati: Food Miles
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Foto: Photos.com, Foodmiles.com
redazione Il Fatto Alimentare
chissà se il Food Miles è in grado di indicare se è meglio trasportare in inverno pomodori dalla Spagna anziché coltivarli in serre riscaldate in Olanda.
Chissà se si capirà mai di non mangiare i pomodori in inverno e mangiare invece verdura di stagione…
D’accordo. Però il prezzo dei pomodori è uguale sia d’Inverno che d’Estate.
Esatto, mangiare di stagione si deve (dovrebbe) per starein salute. Se km 0 o quasi la salute ci guadagna.
Ma non vi siete chiesti come si ammortizzano i costi di tanti km di trasporto assurdo?
Pagando meno il piccolo produttore e facendogli concorrenza sleale con prodotti discutibili per molti aspetti salutistici e sociali.
Usando quindi terreni inquinati e concimi di dubbia provenienza.
Svuotandovi le tasche come consumatori inconsapevoli con cibi scadenti per i quali in realtà si paga il trasporto …
Qui, nell’area romana, i “burini” che vendono lungo le strade consolari chiedono prezzi maggiorati. Poi, magari, hanno comprato la verdura ai mercati generali.
Vero quello che dice Angelo. Tutti i sabati vado a comprare frutta e verdura al mercato rionale(pagandole più che al supermercato). Cartellini con l’origine ne vedo molto pochi e vigili che controllino non ho proprio visti mai. E’ molto probabile che tutto provenga dai mercati generali e da dove arriva veramente la merce non lo sa nessuno. O conosci il produttore (e vai nella sua azienda) o, molto semplicemente, ti illudi. Io non mi illudo, ma mia mogle si ed io lascio fare, altrimenti mi fa andare in giro per tutto l’agro romano!
Jacopone a Milano l’etichetta con l’origine della frutta e verdura si trova ovunque e anche nei mercati rionali
Facciamo pagare i pomodori fuori stagione 70€ al kg.,forse la gente di accontenterà di usare solo i prodotti di stagione.