I cereali da colazione hanno conquistato una popolarità crescente come alimento per i bambini che devono affrontare una giornata scolastica. Secondo alcune stime, in Francia li mangia più della metà di bambini e ragazzi di età compresa tra i 6 e i 17 anni, ma in alcuni Paesi si arriva anche al 98%. La loro reputazione, però, è assai variabile. Considerati – in molti casi a ragione – non positivi perché troppo pieni di zuccheri e sale, e ultra processati, secondo altri studi contribuiscono a tenere sotto controllo il peso, ad assumere i nutrienti necessari e ad avere performance cognitive migliori. Il punto è che, in un mercato che offre centinaia di prodotti diversi, non si può generalizzare: alcuni sono ottimi per la crescita, altri sarebbero da evitare.
Per cercare di fornire qualche informazione utile ai genitori, alcuni nutrizionisti del Club Européen des Diététiciens de l’Enfance (CEDE) di Esplanade, in Belgio, hanno analizzato centinaia di prodotti venduti in Francia, Belgio e Lussemburgo, e sono giunti a conclusioni niente affatto scontate che, oltretutto, confermano quanto emerso da un altro studio pubblicato negli stessi giorni e relativo ai prodotti per bambini in generale.
Lo studio sui cereali
Inizialmente, i ricercatori hanno identificato ben 645 tipi di cereali, un numero che di per sé dà le dimensioni di un mercato in continua espansione e rivolto a un pubblico di tutte le età. Poi ne hanno inclusi 559, perché molti prodotti erano duplicati di altri, venduti in un Paese diverso o sotto un’altra denominazione. Di questi, circa un terzo (il 28,89%) erano pubblicizzati come prodotti dedicati ai bambini. In totale, il 62% era costituito da cereali in fiocchi come quelli d’avena o il muesli, e il 54,9% era classificato come ‘biologico’.
Come riportato su Nutrients, le analisi hanno mostrato che i prodotti etichettati come specifici per bambini sono i peggiori: solo il 4,4% del totale è in linea con le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), e contiene meno di 20 grammi di zucchero ogni cento di prodotto (la media è di 24,8). Al contrario, circa un terzo (32,9%) di quelli in fiocchi e una quota leggermente superiore di quelli biologici rientrano nei parametri (e la media è di 15 grammi di zucchero). In generale, solo il 24% di tutti i prodotti è promosso, un dato che comunque che fa riflettere. Se si applicano i criteri di valutazione del Nutri-Score, poi, i cereali per bambini sono quelli che più spesso si meritano una D, rispetto alle altre due categorie.
Per quanto riguarda specificamente i bambini, secondo gli autori i genitori devono adottare un criterio semplice: evitare i cereali specifici, preferire tutti gli altri, e se possibile quelli biologici, che in genere sono meno zuccherati e contengono meno additivi e molte più fibre, anche se possono avere più grassi rispetto a quelli per l’infanzia.
Lo studio americano
Del resto, che gli alimenti per l’infanzia non rispettino le indicazioni dell’OMS e delle autorità sanitarie lo si vede dappertutto, nel mondo. Ancora su Nutrients è stato pubblicato, questa volta dai ricercatori dell’Università della Carolina del Nord di Chapell Hill insieme ad altri australiani e brasiliani, uno studio relativo al mercato statunitense, nel quale sono stati presi in esame 651 prodotti alimentari venduti come specifici, e il risultato è stato scioccante. Nessuno di essi rispetta le linee guida dell’OMS, e più del 60% non è in linea con quelle nazionali, più permissive. Il 70% non fornisce abbastanza proteine, ma il 44% apporta troppo zucchero, uno su cinque fornisce troppo sodio e uno su quattro calorie sbagliate (o troppe, o troppo poche).
Grandi protagonisti degli ultimi anni sono poi le cosiddette baby food pouch, gli alimenti in busta, cresciuti del 900% negli ultimi 13 anni, che però sono anche i meno sani: solo il 7% ha zuccheri che rientrano nei limiti. E c’è di più. Quasi tutti i prodotti (più del 99%) recano sulle confezioni claim teoricamente vietati, con una media di quattro a confezione (ma si arriva anche a 11), relativi soprattutto alla presenza di ingredienti bio, non OGM, bisfenolo A e simili.
Il mercato statunitense, Paese nel quale i cereali sono consumati da più del 90% di bambini e ragazzi, sembra dunque privo di reali controlli, nonostante i tassi di obesità infantile siano tra i più alti del mondo, con il 13% per bimbi in età prescolare già clinicamente obeso. È evidente che se si vuole intervenire su queste percentuali, che candidano milioni di bambini a un’esistenza da malati, è indispensabile fare molto di più, farlo subito, e non solo negli Stati Uniti.
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Giornalista scientifica