Tavolo in un ristorante fast food

In sette casi su dieci, gli ospedali statunitensi che sono sedi di corsi universitari hanno al loro interno ristoranti delle principali catene di fast food. E questo confligge apertamente con le indicazioni delle principali società scientifiche, e con ciò che gli studenti apprendono e sono chiamati ad applicare sull’importanza di un’alimentazione sana. E c’è di più: il numero dei fast food negli ultimi anni non solo non è diminuito, ma è aumentato.

Lo studio sui fast food negli ospedali

A certificarlo è un sondaggio nel quale sono stati coinvolti gli studenti di 192 scuole di medicina e osteopatia diffuse in tutti gli Stati Uniti. All’appello, lanciato dai ricercatori del Physicians Committee for Responsible Medicine di Washington, hanno risposto in 255, provenienti da 146 centri. Il risultato è stato che, secondo quanto riferito dai ragazzi, in 101 di essi, pari al 69,2% del totale, era presente almeno un fast food. Solo nel 30,8% dei casi non era presente alcuna catena in nessuna delle sedi, mentre nel 15,1% dei casi la risposta è stata ‘mista’, a indicare che qualche sede, ma non tutte, di un’unica istituzione, ospitavano un fast food. 

Come illustrato su American Journal of Lifestyle Medicine, le principali catene erano Starbucks (nel 27,9% dei centri), Subway (18,8%), Chick-fil-A (9,2%), Au Bon Pain (8,8%) e McDonald’s (5,4%), ma non mancavano altre catene come Pizza Hut, Burger King, KFC e Wendy’s, segnalate in 38 centri.

Gli studenti sembrano comunque essere consapevoli della contraddizione evidente: la maggior parte di loro non considera adeguata la presenza di questo tipo di ristorante nella loro università, e pensa che non dovrebbero esserci fast food. Inoltre, metà è in totale disaccordo con la frase: “la presenza di un fast food all’interno dell’ospedale è accettabile”, parole condivise solo dal 26% del campione.

Medici in pausa nella caffetteria di un ospedale
Secondo lo studio, quasi nel 70% degli ospedali universitari esaminati è presente un fast food

I danni per tutti

“I luoghi per la ristorazione – ha commentato Roxanne Becker, una delle autrici – dovrebbero rafforzare i messaggi che i medici si sforzano di trasmettere ai loro pazienti, e cioè che bisogna avere un’alimentazione basata su vegetali freschi, fibre, pochi grassi, zuccheri e sale, ed estenderli anche ai visitatori e a tutto il personale”. Inoltre, aggiunge, gli studenti e lo staff possono avere gravi danni alla salute se mangiano abitualmente in un fast food: se lo fanno quattro volte alla settimana, aumentano significativamente il proprio rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare (anche dell’80%, secondo uno studio), e di acquistare peso.

Negli ospedali, inoltre, ci sono spesso dei bambini, anche solo tra i visitatori, ma secondo uno studio pubblicato su Pediatrics, se nell’ospedale è presente un fast food, i bambini hanno una probabilità quadrupla di mangiare in quel ristorante (che nel caso in questione era McDonald’s) rispetto a quanto non accada di solito.

Le indicazioni

Secondo l’American Medical Association, la ristorazione presente in un ospedale deve seguire linee guida specifiche e improntate al rafforzamento delle indicazioni nutrizionali. Tra i consigli vi sono l’eliminazione delle carni rosse lavorate, l’offerta di bevande che scoraggino l’acquisto di quelle zuccherate, e la composizione di menu che contengano alimenti sani, ricchi di fibre, con pochi grassi saturi, sodio o zucchero. L’OMS ha affermato concetti simili, e diverse società scientifiche e singoli esperti, anche a commento di studi sul campo, hanno più volte ribadito gli stessi principi. 

Finora, tuttavia, non sembrano aver avuto molto successo. In uno studio del 2006 la percentuale di ospedali che avevano un fast food era stata del 63%. Sono passati quasi vent’anni, ma la diffusione dei fast food è ulteriormente aumentata.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos

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Paoblog
26 Settembre 2024 10:19

Ho girato l’articolo su Mastodon ed uno dei miei contatti scrive: “Non lo… cioè penso che sia una questione economica. L’idea che mi sono fatto è che in USA è difficile mangiar bene. In Italia ovunque vai un piatto di pasta semplice lo trovi sempre e te lo sanno cucinare. Da quel che mi hanno raccontato amici che sono stati in USA o dai video su YT, non è facilissimo trovare cibo sano a buon mercato.”

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