La Peste Suina Africana (PSA) è una delle tante infezioni che ci stanno preoccupando, questa volta interessando animali ma non l’uomo, se non indirettamente e pesantemente, attraverso l’economia. Un’infezione antichissima che in un contesto globale, che, piaccia o non piaccia, dobbiamo sempre considerare, ha la funzione biologica di contenere l’eccessivo sviluppo di una popolazione, in questo caso dei suini selvatici (cinghiali), animali cioè che vivono nelle selve o se vogliamo nei boschi. Boschi che in Italia si sono negli ultimi anni sviluppati in modo spesso incontrollato e selvaggio con il loro contenuto non solo vegetale, ma anche di animali e, tra questi, i cinghiali.
Boschi crescita incontrollata
In Italia, di anno in anno, le foreste avanzano inesorabili. Negli anni Trenta coprivano circa quattro milioni di ettari, negli ultimi trent’anni hanno conquistato oltre tre milioni di ettari e oggi raggiungono i circa undici milioni di ettari che coprono un terzo della nostra penisola. Il bosco propriamente detto ricopre nove milioni di ettari (84%) mentre i restanti due milioni di ettari (16%) sono formati da boschi radi, boscaglie, macchia e arbusteti, che costituiscono una larga rete lungo la quale si spostano gli animali che da boschi e selve arrivano alle aree più o meno intensamente abitate.
I boschi italiani per circa il 30% sono di proprietà pubblica ripartita tra Stato, Regioni, Comuni ed Enti pubblici, per il 20% appartiene a società per azioni, imprese e industrie mentre per il restante 50 sono di proprietà privata, soprattutto di singoli cittadini. Gran parte della quota in mano privata, con i passaggi ereditari, nel corso del tempo si è enormemente frammentata, se non polverizzata, divenendo un’area completamente ingestibile, non solo per la parte vegetale, ma anche per gli animali delle selve che si sono sviluppati per tipo e soprattutto per numero, tra i quali i cinghiali, in continua crescita e che hanno superato il milione di esemplari. Una popolazione definita quale Patrimonio Indisponibile dello Stato, tutelata nell’interesse della comunità nazionale e internazionale (Legge n. 157 del 1992 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
Cinghiali in continua cresciuta
Il cinghiale è una specie vincitrice, che ha le sue origini e il suo sviluppo nei boschi e nelle selve, tanto che questi erano valutati non solo per il legname e i loro frutti, ma anche per il numero di cinghiali che poteva ospitare. Eventualità oggi non più possibile, per le leggi e per la loro condizione di controllo.
Con l’aumento incontrollato dei boschi e delle selve era inevitabile un parallelo aumento dei cinghiali, specie particolarmente invasiva e problematica, che in natura è contenuta da altre specie carnivore, soprattutto il lupo e, quando la popolazione è elevata, da infezioni come la peste suina, classica o africana. Limitato è l’intervento della caccia operata dall’uomo che riguarda gli animali più grandi con un ringiovanimento della popolazione.
La peste suina nei boschi italiani
Gli studiosi, e tra questi anche quelli italiani del Gruppo Operativo degli Esperti PSA, il 6 febbraio 2024 hanno ritenuto che l’eradicazione della Peste Suina Africana presente in un territorio italiano così vasto appare un obiettivo non raggiungibile nell’immediato e, probabilmente, nemmeno a medio-lungo termine. Si può solo attuare una strategia di contenimento per evitare il coinvolgimento di aree del territorio italiano vocate all’industria zootecnica, e l’avanzare della malattia verso sud attraverso la catena appenninica con il conseguente coinvolgimento di tutta la penisola.
Sulla base di esperienze acquisite a livello mondiale il problema della Peste Suina Africana sta nelle foreste e nella ingovernabile situazione italiana, come anche in altre aree europee, dove non è possibile l’eliminazione dei cinghiali, ma solo un controllo tramite competitori carnivori. Mentre la presenza locale della peste è strettamente correlata con la densità dei cinghiali, l’ecologia di questa specie (struttura sociale, comportamento motorio) limita la trasmissione della malattia a lungo raggio, anche come portatori di zecche molli del genere Ornithodoros nelle quali il virus sopravvive.
Come contenere cinghiali e peste suina?
Per questo il lupo (Canis lupo) può ridurre il numero di cinghiali e la quantità di virus della peste suina con la sua attività di caccia uccidendo animali defedati dalla malattia e mangiandone le carcasse, essendo dimostrato che il virus non colpisce il lupo e non sopravvive al passaggio attraverso il suo intestino (1). Un’attività venatoria umana all’interno dei boschi e selve trasformati in foreste italiane può invece favorire la dispersione dei cinghiali e, quindi, la diffusione in altre aree di animali portatori del virus, mentre potrebbe avere un certo ruolo lungo i corridoi arboricoli che dai boschi si dipartono verso le aree antropizzate arrivando fino alle città.
Ultima frontiera, proteggerete gli allevamenti suini
Quando nel 1967 la epizoozia di Peste Suina Africana comparve negli allevamenti italiani, il problema venne risolto isolando le aziende agricole interessate ed evitando così il passaggio ai cinghiali . Non così è avvenuto in Sardegna dove nei piccoli allevamenti, spesso associati a greggi di pecore non si è riusciti a isolare il virus della peste che così passò ai cinghiali. Dopo mezzo secolo il problema in Sardegna è stato risolto con una certa fatica. Adesso in Italia bisogna procedere in modo esattamente contrario, ovvero isolando e proteggendo gli allevamenti di maiali dai cinghiali che hanno contratto la malattia e vivono nelle foreste.
(1) Szewczyk M, Leepek K, Nowak S, Witek M. Balcarczyk A, Kurek K, Stachyra P, Mysaiek R W, Szewczyk B – Evaluation of the Presence of ASFV in Wolf Feces Collected from Areas in Poland with ASFV Persistence – Viruses, 13, 2062, 2021).
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002