Pesticidi e PFAS (Sostanze perfluoro alchiliche): un’accoppiata mortale, che provoca numerose malattie, ma sempre più presente nell’ambiente, e quindi anche negli alimenti, e negli esseri (umani e non) che di quegli alimenti si nutrono.
Continuano a essere pubblicati studi che mostrano, senza possibilità di smentita, la costante avanzata degli PFAS negli impieghi più disparati, e anche l’associazione con patologie di vario tipo, nonché la presenza ubiquitaria sulla Terra: dovunque li si cerchi, li si trova. E ogni volta che si ipotizza un legame con qualche danno per la salute, arrivano conferme. Negli ultimi giorni se ne sono aggiunti due, alla già lunga lista. Nel primo si dimostra come, negli ultimi dieci anni, la quantità e varietà di PFAS presenti nei pesticidi sia molto aumentata, nonostante l’incremento delle prove sui rischi. Nel secondo studio si vede come per ogni porzione in più di cibi normalissimi come ad esempio le uova, nell’organismo si ritrovino valori superiori di PFAS, a conferma del rapporto diretto tra cibo e contaminazione.
I pesticidi in Nord America
I ricercatori dell’Università di Portland, in Oregon, hanno voluto quantificare la presenza degli PFAS nei prodotti venduti come pesticidi negli Stati Uniti e in Canada, e il loro andamento negli ultimi dieci anni. Quindi hanno scritto un articolo molto esauriente su Environmental Health Perspectives in cui hanno dimostrato che circa un quarto di tutti i prodotti contiene composti fluorurati, e il 14% PFAS. Ma, ciò che è peggio, negli ultimi dieci anni le quantità sono aumentate rispettivamente del 61 e del 30%.
Gli PFAS sono aggiunti ai pesticidi per le loro qualità chimiche, ma arrivano anche dalla dispersione dei contenitori plastici nei quali i pesticidi sono conservati e venduti. Inoltre, sono presenti sia nei componenti principali, attivi, sia in quelli considerati inerti, di supporto e finora non presi in considerazione nelle stime ufficiali.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, poi, ci sono ben 66 PFAS approvati come elementi di pesticidi e otto come inerti, mentre una quantità compresa tra il 20 e il 30% dei contenitori in plastica, contiene ulteriori PFAS.
Infine, il 40% degli PFAS legalmente utilizzati nei pesticidi è noto per avere effetto negativi sul sistema immunitario.
Anche per questo, e già dal 2012, 13 dei 66 PFAS legali sono monitorati nelle acque dei fiumi e dei torrenti, e 12 di essi sono stati trovati molto spesso nei campioni.
Le soluzioni
Secondo gli autori, è quindi indispensabile:
- vietare la conservazione dei pesticidi in contenitori di plastica che contenga PFAS;
- indicare in etichetta la presenza e la composizione dei materiali cosiddetti inerti;
- rendere obbligatoria l’esecuzione di test avanzati (delle parti attive e di quelle inerti) sugli effetti delle singole molecole sul sistema immunitario, prima di autorizzarne l’uso in agricoltura;
- estendere e migliorare il monitoraggio ambientale;
- stabilire concentrazioni-soglia cumulative, che tengano presente la somma delle diverse sostanze;
- varare leggi che tengano conto della persistenza nell’ambiente di queste sostanze.
Latte materno e PFAS
Quasi a confermare l’importanza di un approccio radicalmente diverso agli PFAS, Science of the Total Environment ha pubblicato uno studio condotto sul latte materno e sul plasma di 1.500 donne del New Hampshire, raccolto a partire dal 2009. I ricercatori della Geisel School of Medicine di Dartmouth, Lebanon (New Hampshire) hanno valutato il consumo di uova, carni rosse, caffè, pesce, riso bianco, e, parallelamente, la concentrazione di alcuni PFAS nel plasma alla ventottesima settimana di gestazione e nel latte fino a sei settimane dal parto, e hanno scoperto che c’è una relazione lineare tra aumento nel consumo e quantità di PFAS.
Per esempio, per ogni porzione di uova in più al giorno (rispetto alle dosi medie) si vede un incremento del 4,4%, del 3,3% e del 10,3% dei livelli plasmatici rispettivi di PFOS, PFOA e PFDA, tre degli PFAS più diffusi. Analogamente, per ogni porzione di riso bianco in più emerge un aumento del 7,5% e del 12,4% di PFOS e PFOA nel latte.
Il riscontro della relazione lineare non sorprende, e allarma per il tipo di soggetti considerati: le donne in gravidanza e allattamento. Tutto ciò conferma quindi la necessità di intervenire prima possibile e in modo deciso, dal momento che, oltre ai danni al sistema immunitario, sono dimostrati effetti negativi sul rischio di tumore e su quello di demenze, sul fegato, sul sistema cardiovascolare, sulla tiroide e sul sistema riproduttivo. Come ha commentato a Food Navigator Shubhi Sharma del CHEM trust, gli PFAS hanno contaminato ogni angolo del pianeta e l’Unione Europea deve adottare misure urgenti. Vista la loro diffusione, non solo l’Unione Europea.
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Giornalista scientifica